l passaggio delle avventure grafiche dal 2D al 3D è stato un po’ come la caduta del muro di Berlino: un passaggio epocale e spartiacque tra due epoche ugualmente importanti. Lo scetticismo iniziale fu tanto, pensando a come celebri serie quali Monkey Island o Broken Sword, si sarebbero adattate al nuovo stile grafico e alle nuove meccaniche, così distanti dal solido punta-e-clicca. I risultati furono incoraggianti e, grazie a questo balzo tecnologico, possiamo oggi ricordare con affetto validi titoli o vere e proprie perle del calibro di Grim Fandango e Monkey Island 4, solo per citare i lavori di Lucas Arts. Anche se oggi assistiamo ad una parziale inversione di tendenza, con un prepotente ritorno al classico punta-e-clicca, non mancano software house ancora inclini a sviluppare avventure grafiche tridimensionali: è questo il caso di SilverPlay e della sua ultima fatica, Louisiana Adventure, distribuito dalla nuova piattaforma digitale Zodiac, dedicata quasi esclusivamente al recupero e alla diffusione di avventure grafiche di ieri e di oggi.
Omicidi anonimi
New Orleans, anno 1902: nei panni di Katia, una giovane detective, ci sarà affidato un caso molto delicato riguardante un serial killer dai modi efferati e che sta lasciando dietro di sé, una scia di pezzi di cadaveri. Un incipit interessante, non certo originale, ma che purtroppo non viene sviluppato a dovere, tracciando un solco troppo profondo tra il giocatore e la protagonista, colpa di un coinvolgimento prossimo allo zero delle indagini nei momenti clou e di una narrazione abbozzata e frettolosa. Non solo la narrazione; tutto l’evolversi della vicenda, e in particolare lo sviluppo dell’indagine, segue una linearità disarmante in cui gli enigmi, se così possono definirsi, non hanno alcun nesso concreto con l’avanzare dell’indagine, mentre il resto si riduce ad una misera accozzaglia di oggetti da trovare, raccogliere e portare a qualche personaggio, così da sbloccare qualche nuova linea di dialogo per poter proseguire. Una struttura mal equilibrata che riduce il gioco a una più o meno complicata ricerca di oggetti disseminati nello scenario: complicata perché alcuni saranno davvero ostici da ritrovare in quanto, la scarsa realizzazione tecnica del titolo e la poca definizione di tali oggetti, li amalgamerà in maniera poco riconoscibile con i fondali. Altre note negative piovono sul sistema di controllo di Katia, agile quanto un panda sovrappeso, nonostante che all’apparenza sembri una gazzella. Lenta, goffa e con la naturale abilità d’incastrarsi in qualsiasi angolo del gioco, controllare la nostra cara detective sarà un’impresa non semplice, come anche parlare con una persona o prendere un qualsiasi oggetto, azioni che se non si sarà perfettamente allineati con il nostro obiettivo, daranno alcune noie.
Lavoro da detective
L’aspetto, invece, meglio riuscito di tutta la produzione è senz’ombra di dubbio l’impianto di dialoghi a scelta multipla imbastito per l’occasione da SilverPlay, con la variante dei bivi che dona un po’ di sale al gioco. Anzitutto bisogna precisare che il titolo terrà conto di come effettueremo le nostre indagini e quali domande cruciali rivolgeremo a personaggi chiave della vicenda: comportarsi in maniera corretta in questi frangenti ci garantirà una valutazione positiva e, l’accumulo di questi punti, farà alla fine la differenza tra il risolvimento del caso o un misero fallimento. Un espediente senza dubbio interessante ma che avrebbe meritato una realizzazione di tutt’altro genere, poiché anche i cosiddetti dialoghi crocevia saranno buttati un po’ a caso nel corso del gioco, senza avere la possibilità di ponderare su quale sia effettivamente la soluzione migliore, quindi affidandosi quasi esclusivamente al proprio istinto e al caso. Alcuni personaggi chiave per lo svolgersi della vicenda avranno anche un diverso grado di simpatia/antipatia nei nostri confronti e ciò potrà aumentare o diminuire a seconda di come ci comporteremo nei loro riguardi: regalandogli particolare oggetti o compiendo determinate azioni ce le renderemo amiche e di conseguenza aumenteremo la loro fiducia nei nostri confronti; invece, comportandoci male, gli diventeremo antipatiche, aprendo degli scenari completamente differenti ma non necessariamente negativi. Un sistema ibrido e valido sulla carta ma in realtà inconsistente, vista la natura al limite dello scriptata dei dialoghi e dell’inutilità delle scelte.
Code di cavallo con la gelatina
Guardando un qualsiasi frame del gioco, le reazioni potrebbero essere due: una abbastanza neutrale e un’altra profondamente negativa. Gli ambienti di gioco godono di una realizzazione altalenante, non certo al passo coi tempi, ma gli interni in particolare sono arricchiti da numerosi dettagli che li rendono gradevoli alla vista, al contrario dei personaggi e degli esterni, appartenenti ad almeno due generazioni fa: i volti delle comparse sono totalmente inespressivi ed incollati sui modelli 3D, mentre gli esterni sono di una povertà allarmante, sottolineata in special modo da alcune sezioni in spazi verdi, di una tristezza assoluta. Le poche musiche presenti, invece, non sono proprio da buttare, ma vengono proposte a ripetizione e nei momenti sbagliati dell’azione, in maniera completamente slegata da essa, come ad esempio un crescendo che sarebbe stato perfetto per sottolineare un momento di angoscia o tensione, che invece viene utilizzato anche mentre non si sta facendo assolutamente nulla in un ambiente rilassatissimo. Abbiamo riscontrato anche alcuni glitch grafici ma evitiamo, a questo punto, di rigirare il coltello nella piaga.
Non basta una giacca blu per assomigliare a Guybrush
Il mondo ha bisogno di avventure grafiche ma ben migliori di Louisiana Adventure. Il titolo confezionato da SilverPlay è soltanto mediocre, al limite dell’insufficienza, per via della sua struttura davvero troppo rigida e guidata, della sua trama poco coinvolgente e narrata in maniera frettolosa, dell’azione spezzettata, dell’incoerenza generale e di una realizzazione tecnica sottotono e con diversi errori. Per seguire il percorso dei grandi classici del genere non bastano una giacca blu con i bottoni dorati, una coda di cavallo e degli stivali marroni: ci vuole ben altro. Concludiamo con una menzione di disonore alla localizzazione italiana del titolo, probabilmente una delle più brutte mai realizzate per un videogioco, capace di ridefinire per intero le basilari regole della grammatica italiana.