Halo è sempre stato una pietra di paragone dell’ultima decade nella ventennale storia videoludica degli sparatutto in soggettiva. A ragion veduta, perché la serie di Bungie eccelle sotto due aspetti chiave del gameplay: sparare e guidare. Non stupisce quindi l’approccio di 343 Industries nella realizzazione di Halo 4, più cauto, non esente da piccole sbavature e forse, giusto. Dopotutto quando ci si appresta a modificare una proprietà intellettuale concepita da altri lo si fa il meno possibile. Ma non preoccupatevi. Come prima, più di prima, questa settima iterazione del franchise (se aggiungete alla conta Halo: ODST e Reach) non soltanto riesce a coniugare un’esperienza in singolo di notevole pregio abbinata ad una componente multiplayer di qualità e varietà pressoché senza pari, ma impreziosisce l’esperienza ludica con una una struttura narrative più lineare rispetto al passato (ma dal ritmo sostenuto, senza neppure un’oncia di noia) e molteplici varianti di gioco idonee in grado di amplificarne esponenzialmente la longevità.
Svegliati, John è l’ora del Requiem
Halo 4 inizia così, divincolandosi con furia dai limiti narrativi (di Bungie) per riprendere le vicende lasciate in sospeso al termine del terzo capitolo, con Master Chief risvegliato da Cortana e in piena forma dopo un sonnellino lungo quattro anni. Niente anelli da visitare però, bensì una storia ambientata prevalentemente su Requiem, pianeta alieno abitato dalla misteriosa razza Prometeica. Una storia che convince sebbene risulti a tratti difficile da seguire (aiuta a volte la conoscenza maturata dalla lettura di libri e altri medium dell’universo di Master Chief, insieme a un’attenta visione dei filmati su Halo Waypoint, ciascuno sbloccabile dopo aver attivato un terminale presente in ogni capitolo del gioco) ma che prova in tutti i modi a commuoverti affrontando tematiche non convolute. Si pensi al rapporto uomo-macchina tra Master Chief e Cortana, infarcito di innumerevoli conversazioni e momenti dove, sorprendentemente, i ruoli dei due protagonisti sembrano ribaltati. Perché Master Chief non è un personaggio: è quello che noi ci sentiamo quando ci immergiamo in Halo, dietro al visore ci siamo noi e il nostro sognante supereroismo videoludico. Ed è proprio un bel partire: tutto come prima, tutto meglio di prima. Una dolce premessa all’esordio narrativo della nuova trilogia, la Reclaimer Saga. Meglio di quanto si potesse sperare.
Uno Spartan è per sempre
Il gunplay di Halo 4 rifinisce l’apice raggiunto da Reach. Eppure il ritmo cambia, a causa dell’avvicendamento di continue situazioni inattese che ci vede in prima linea a fronteggiare la nuova razza (costituita in larga parte dalla specie quadrupeda di Crawler e bipeda di Cavalieri) insieme ai cari “vecchi” Covenant. Scordatevi i medipack di Reach: una volta esaurito lo scudo protettivo dovete correre ai ripari per ricaricarlo poiché basta appena una manciata di colpi per soccombere. Halo 4 arricchisce le abilità armatura presenti nel prequel aggiungendo una serie di gingilli Prometeici da innestare nella propria tuta, come un visore termico per scovare i nemici oltre le pareti e un drone-torretta per tenere occupati quest’ultimi, particolarmente utile nel caso si giochi da solo per completare la campagna a difficoltà Leggendaria e sbloccare così l’agognato obiettivo. Lo scatto non è più legato ad uno dei poteri dell’armatura ma è sempre effettuabile, con le dovute pause s’intende. Il salto, decisivo per il gunplay acrobatico della serie, torna a fare la parte del leone divenendo pressoché indispensabile per le dinamiche di gameplay. Pensateci: oltre a buttarvi giù da una rupe sparando all’impazzata una serie di colpi col fucile d’assalto per uccidere un Covenant potete ora attirare l’attenzione dei nemici facendovi caricare, saltarli con la noncuranza di un toreador e appiccicargli una granata sulla schiena. Dopo l’esplosione, il gameplay risponde “presente”: solido ed appagante. La sinergia tra il design dei livelli e il gunplay raggiunge le vette di Reach, con la consueta intelligenza artificiale da manuale che, unita alla generosa quantità di nemici presenti contemporaneamente su schermo, produce situazioni assolutamente grandiose e galvanizzanti, ma mai scriptate. Perché in Halo 4 non si esagera mai. Anche quando si raccolgono per la prima volte ??nuove armi, si schiacciano Crawler con il martello gravitazionale, si disarcionano i Covenant dai mezzi oppure si salta a bordo di Warthog, Scorpion e Mantis (un mech corazzato munito di mitragliatrice e lanciarazzi). L’ormai celebre meccanica della doppia arma torna utile in meno situazioni di quanto sarebbe lecito aspettarsi, focalizzandosi sull’utilizzo di tutte le armi (ciascuna con le sue debolezze e punti di forza) in modo sapiente a causa della limitata quantità di munizioni durante il gioco e costringendoci addirittura a tornare sui propri passi per recuperarne di cariche (scordatevi pertanto di trascorrere l’intera campagna con il fucile d’assalto CST snobbando la banale spara-aghi o il soppressore). Certo, oggigiorno il gameplay sparacchino di Halo non è più rivoluzionario, ma proprio in virtù del sistema di mira fluidissimo e senza imprecisioni non si scende dal podio più alto e godibile di una formula evoluta, ancora abilissima a soddisfare i palati più raffinati e variegati, ora come undici anni fa.
Fanteria nello spazio
Il baricentro del compitino di 343 Industries, rimane però ancorato all’esperienza collettiva, da sempre fiore all’occhiello dell’universo Microsoft e Bungie. Halo 4 in multiplayer mantiene pertanto il primato di attentatore al sonno di nuovi e vecchi fragger, nonché causa principale di assenze ingiustificate nell’ambito lavorativo e scolastico. Nonostante la dispersività e penuria di mappe a disposizione, di una bellezza abbagliante e che difficilmente riescono a raggiungere l’equivalente nella campagna principale (in particolare spiccano l’Adrift con innumerevoli sbocchi, molto varia e difficile da gestire se non con un team compatto e Solace, dalle dimensioni medie dove il piano inferiore, ricorda un po’ Narrows di Halo 3), tra vecchie e nuove modalità di Giochi di Guerra, le combinazioni utili a plasmare l’FPS multiplayer ideale sembrano pressoché infinite. E il sistema creditizio d’incentivi ci permette di plasmare il proprio Spartan-IV, sbloccando progressivamente tutte le abilità armatura e i due perk allocabili per volta. Infatti al termine di ogni partita online o sfida superata (anche nella campagna principale) il nostro rango crescerà raggiunta una soglia prefissata di punti esperienza e potremo sfruttare l’apposita valuta per lo sblocco di perk ed equipaggiamento. Si tratta indubbiamente del tentativo di svecchiare la formula classica della serie, accostandola a quella più blasonata di Call of Duty senza però modificare il gameplay (le regole d’ingaggio sono sempre costituite dalla combinazione di movimenti, granate, raffiche, cazzotti e scudi che scendono dove ancora conta più la manualità che il resto). E soprattutto preservando il fenomeno da “ultima partita e poi smetto”, così da trasformare l’intero comparto multiplayer nel non plus ultra del gioco online su console. Infine le Spartan Ops, la campagna multiplayer “gemella” ad episodi che segue le vicende della Infinity nella travagliata missione di colonizzazione di Requiem, rappresentano un ulteriore incentivo per tornare ogni settimana a giocare ad Halo 4, sebbene l’assenza di checkpoint da conquistare, vite limitate (a differenza di ODST e Reach) e il rapido respawn le renda priva di mordente. È sufficiente continuare imperterriti, quante volte si desidera, sino al raggiungimento dell’obiettivo di fine missione. La Fucina è tornata: immancabile editor di mappe dalle possibilità interattive non straordinarie, ma comunque decisamente importanti torna in Halo 4, per gli aspiranti ingegneri che posso esprimere tutta la propria creatività nel realizzare l’arena definitiva per poi utilizzarla in partite multiplayer dall’alto grado di personalizzazione. Perché è bello anche combattere nel cantiere, dispensando armi, veicoli e quant’altro, a seconda della vostra indole fantasiosa o istinto casinista. Quasi tutte le esperienze vissute in Halo 4 non saranno necessariamente abbandonate nei meandri dimenticati della vostra mente. Tutte (ed esclusivamente) le partite in multiplayer vengono registrate dal motore di gioco, per poi venire riprodotte nella sezione Cinema così da rivederli, montarli ed estrapolare fotogrammi in modo da condividerli con amici e perfetti sconosciuti. Se soltanto fosse possibile visualizzarli sul sito ufficiale, in modo da conservarli anche sul proprio computer!
La quadratura del cerchio
Forse Halo 4 è tecnicamente il meglio che si sia visto su Xbox 360 ed in questa generazione di console, al pari di Uncharted 3 su Playstation 3. Ma anche se per voi così non fosse, sappiate che il motore grafico funziona egregiamente, stabilizzandosi sui 30 frame per secondo ai quali ci ha abituato la serie. I paesaggi all’aperto sembrano quasi delle tele digitali in movimento, con rese cromatiche pastellose che lasciano più di una volta stupiti al dischiudersi dell’ennesimo scorcio panoramico di Requiem, ogniqualvolta la sua geografia aliena sconosciuta fa improvvisamente capolino sui nostri schermi. L’ampliamento delle texture è visibile soprattutto nella morfologia geologica che presenta contorni compatti e forme plastiche, mentre gli interni, da sempre il tallone d’Achille di Bungie, sono ricchi di dettagli (si pensi all’interno della Forward Unto Dawn alla deriva nello spazio oppure agli hangar interni dell’Infinity con i classici bagliori che ricordano i riflessi sull’obiettivo della telecamera replicati in termini digitali). Le variazioni di luce, ad esempio quando la distanza tra la fonte e l’ostacolo risulta notevole (come nel caso di una catena montuosa) risultano calcolati in tempo reale potendo così cogliere la poesia durante la transizione da una zona buia ad una aperta, come l’uscita da una caverna oppure le rifrazioni di stalattiti e stalagmiti al suo interno. Il mix scaturito dalla ricchezza di poligoni, l’uso sapiente dell’illuminazione, scenari diversificati (navi spaziali, foreste, caverne e così via) e le espressioni facciali degli esseri umani che gridano al miracolo mantengono una bellezza che non ne svaluta mai l’esperienza ludica.
Halo 4 non è un FPS perfetto. Eppure il suo universo si fionda con violenza nelle nostre pupille, con la prima parte di una saga che avvince, esalta ed emoziona. Requiem, un mondo coerente, governato da leggi fisiche impeccabili e da nemici possenti, intelligenti e azzeccati nel loro design. Una comunità online fedele e affezionata, un multiplayer esaltante , armi perfettamente bilanciate che si adattano ad ogni giocatore, un seguito che non ha deluso le attese. Tutto questo è il segreto di Halo: non deludere. Mai.