Pensate al titolo di un gioco caratterizzato da un’ambientazione fantascientifica in cui due fazioni di una razza aliena meccanica combattono un giorno si e l’altro pure, cambiando forma per difendersi dagli attacchi del nemico e prontamente contrattaccare. Vi è per caso venuto in mente Transformers: La Battaglia per Cybertron? È una risposta ragionevole, ma parzialmente corretta. Si tratta invece del seguito, Transformers: La Caduta di Cybertron.
L’apparenza inganna
L’ambizioso giocattolo di High Moon Studios riprende la narrazione dove era stata interrotta. Il nucleo di Cybertron è gravemente danneggiato e pertanto gli Autobot e i Decepticon sono costretti a lasciare il loro pianeta natale alla ricerca di nuovi lidi dove poter estrarre l’Energon, la linfa vitale dei robottoni senz’anima. Ci si aspetterebbe allora una campagna principale costituita in due parti, ma ecco che la Caduta di Cybertron spiazza il giocatore e si differenzia dal capitolo precedente facendoci sin da subito entrare nel centro dell’azione, ora ai comandi dei buoni dall’emblema rosso, in seguito nei microchip dei cattivi dal simbolo viola. A confondere ulteriormente subentra anche il gameplay, un bizzarro miscuglio di elementi provenenti dalla categoria degli sparatutto in terza persona, dei picchiaduro da mischia à la Dynasty Warriors e (quando non si è impegnati a sparare ad ogni cosa che si muove sullo schermo) dei rudimentali platform veicolari che spesso richiedono di raggiungere il punto designato entro un limite di tempo. Eppure la Caduta di Cybertron ha subito riacceso in me la scintilla della speranza, stupendomi piacevolmente perché, anche se risulta un videogioco di stampo classico è dannatamente divertente, poco importa se siete dei trentenni che giocavano con i Transformers negli anni Ottanta (come il sottoscritto NdR) oppure dei giovinastri galvanizzati dalle pellicole cinematografiche di Michael Bay.
Metallo da cannone
La decina d’ore (scarsa) necessaria a portare a termine ciascuno dei 13 capitoli passa in fretta e ci si diverte come forse ci divertivamo anni fa a giocare nei prati con i modellini dei Transformers: aggirandosi furtivamente mentre è attivo lo scudo d’invisibilità di Cliffjumper, aggrappandosi con il rampino energetico di Jazz, sfrecciando nei cieli con Starscream o spaccando tutto con il robot componibile Bruticus e Grimlock in forma di dinosauro (sputare fiamme e divorare gli Insepticons è uno dei momenti più esaltanti del gioco, secondo soltanto alla possibilità di controllare il mangiacassette Soundwave nelle fasi di finali del gioco). Infatti ciascun Transformer è caratterizzato da una forma alternativa e un’abilità speciale unica. La risposta ai comandi è abbastanza precisa, sebbene la forma veicolare fornisca una maggiore sensazione di pesantezza. Nell’arsenale de La Caduta di Cybertron a disposizione salta immediatamente all’occhio sia per la quantità che fantasia. Oltre ai classici gingilli in grado di replicare gli effetti di un fucile a pompa o da cecchino spiccano cannoni a lame rotanti, liquidi corrosivi (che infliggono danni continuati ai nemici) e persino un’arma in grado di iniettare un virus per riprogammare l’avversario, facendolo combattere temporaneamente al nostro fianco contro i suoi ex-alleati. Inoltre tutte le armi, (principali e pesanti) sono potenziabili accedendo ai terminali del Teletraan (il sistema informatico centralizzato di Cybertron), previo esborso di denaro che però ci dà diritto alla valutazione dell’acquisto, con una votazione a cinque stelle e relativa media della comunità di giocatori.
La conquista è una strada lastricata dai resti dei tuoi nemici
Inutile nascondersi dietro ad un dito: probabilmente giocare la campagna principale insieme ad un amico sarebbe stato più divertente. Però a risollevare (parzialmente) la Caduta di Cyberton giungono in soccorso le cinque modalità multiplayer, in grado di soddisfare anche i palati più fini dei giocatori. Se infatti potrebbe risultare noioso resistere insieme ad altri tre giocatori ad una quindicina di ondate nemiche in Escalation (l’equivalente dell’Orda di Gears of War) le restanti modalità competitive ci consentono di assemblare letteralmente il robot da pilotare, selezionando una delle quattro classi (l’Infiltratore per chi predilige un approccio furtivo, lo Scienziato in grado di curare, il Titano che si trasforma in un tank e il Distruttore che può sfruttare uno scudo magnetico) e relative parti del corpo per impiegarlo nei concitati match. Ciò consente di variare notevolmente la strategia da impiegare mentre si riducono allegramente gli avversari in rottami fumanti oppure si tenta di appropriarsi di bandiere e nodi energetici per incrementare il punteggio della propria squadra. Unica nota a margine, l’impossibilità di partire sin da subito creando il Transformer dei miei sogni perché ogni arma, oggetto supplementare o componente del corpo richiede il raggiungimento di un livello prefissato, esattamente come avviene negli sparatutto più blasonati.
Cadere con stile
Se dovessi ascoltare soltanto il bambino di dieci anni che vive tuttora in me e aspettava il gioco definitivo basato sulla licenza dei beniamini Hasbro, allora chiuderei qui la recensione. Purtroppo non posso. Perché Transformers: La Caduta di Cybertron è probabilmente il miglior gioco della serie ma non è privo di difetti, da far storcere il naso anche a coloro che sono solamente interessati alla breve campagna in singolo. Certo, sposare così tanti stili di gioco contemporaneamente potrebbe dar luogo a scompensi qualitativi (che identifichiamo in scontri a fuoco insapori, qualche superflua fase platform, l’assenza di autentici boss e un tanto atteso scontro finale che si riduce a un deludente botta e risposta infarcita da QTE) e qualitativi (cali vistosi ed inspiegabili di frame rate, rallentamenti nei caricamenti e ritardi nella visualizzazione di texture, almeno nella versione PS3 da noi provata). Ma si tratta di lacune minori nel bilancio di un impianto di gioco così nutrito, che trasuda realmente amore per i Transformers e per il mestiere di realizzare videogiochi, caso più unico che raro in un prodotto su licenza. E, alla luce di quanto è stato analizzato sotto il profilo ludico e tecnologico, questo è un titolo che un minuscolo pezzetto di storia dei videogiochi la fa. Fidatevi.