Non è un segreto che, dopo il notevole successo riscosso da Obsidian Entertainment con l’apprezzato Neverwinter Nights 2, molti si aspettassero da Alpha Protocol un titolo degno di nota, e dall’elevata qualità. Le premesse fatte dagli sviluppatori erano più che accattivanti, e qualcuno aveva persino gridato al capolavoro. Purtroppo, però, non è tutto oro quel che luccica, e Alpha Protocol ne è l’esempio più lampante: scopriamo perché.
Chi troppo vuole…
Alpha Protocol, sin dai primi minuti di gioco, si preannuncia un capolavoro: accattivanti componenti ruolistiche, una personalizzazione dell’alter ego profonda e variegata, un sistema di combattimento da sparatutto in terza persona, dialoghi a risposta multipla e una modalità stealth. Persino la trama promette faville, con misteriosi intrighi politici, personaggi enigmatici e corrotti, attentati terroristici, un protagonista solitario e braccato. Insomma, un Grd d’azione in piena salsa Mass Effect, con un tocco di James Bond. Tutti i presupposti ci sono: addirittura, per la prima oretta tutto sembra perfetto.
Il gioco ci cala nei panni di un agente segreto, tradito dai propri stessi amici e costretto a muoversi come un vile criminale, un terrorista: nostro scopo sarà quello di riscattare la nostra reputazione e smascherare i traditori che ci hanno denigrato. Al fine di adempire a tale impresa, saremo chiamati ad interagire con innumerevoli personaggi, convincerli ad aiutarci, lavorare per loro, e, ovviamente, accrescere le nostre abilità da agenti segreti, scegliendo se intraprendere una rumorosa carriera alla “John Rambo” o magari scegliendo un più discreto approccio alla “Sam Fisher”. In ambedue i casi, ci sarà permesso, qualora lo volessimo, di spendere i nostri punti abilità anche in discipline diverse da quelle su cui ci eravamo incentrato maggiormente. Tutto, in effetti, sembra funzionare alla perfezione.
Poi, però, cominciano a incombere i primi problemi. Anzitutto, il gioco è letteralmente infarcito di bug, glitches e quant’altro; cosa che, già di per sé, è in grado (senza esagerare) di compromettere a priori l’esperienza di gioco. Tanto per fare qualche esempio, il sistema di copertura (mutuato da Gears Of War), di per sé più che efficiente, funziona nel 10% delle volte; nelle restanti, semplicemente, il nostro alterego non reagisce ai comandi, restando impalato davanti ai ripari in attesa di farsi crivellare dagli avversari; altre volte, ancora, le pareti diventano intangibili, e il cemento si lascia attraversare dalle pallottole come carta di riso.
Fosse stato solo questo, però, saremmo stati ben felici di lasciar correre, magari dedicandoci ad un approccio stealth, evitando le sparatorie come la peste. Il vero problema è che, facendo in tal modo, le missioni di Alpha Protocol si riducono a tranquille gite in campagna. La reattività dei personaggi gestiti dall’IA è quasi nulla, e a volte neanche stargli di fronte (e in piena luce) li aiuta ad individuarci, permettendoci, di fatto, di eliminarli uno ad uno senza il benché minimo sforzo.
Ciò ovviamente si riflette sull’intera economia di gioco, rendendo assolutamente inutile cercare nascondigli in grado di ripararci dagli spari nemici (probabilmente miopi, dato che anche dopo averci individuato faticano decisamente a colpirci), ma anche e soprattutto curare le abilità e l’equipaggiamento del nostro alter ego. Sviluppando anche solo un po’ le abilità del corpo a corpo, infatti, è possibile addirittura terminare il gioco a suon di pugni e capocciate, trasformando Alpha Protocol in una specie di “Lo chiamavano Trinità”, ma spesso e volentieri anche “Altrimenti ci arrabbiamo”.
Tuttavia, a scapito di questi difetti, ad un buon giocatore potrebbe anche venir voglia di completare Alpha Protocol ugualmente, se non altro per scoprire qualcosa in più sulla trama, che costituisce senza dubbi l’aspetto più riuscito dell’intero gioco. Per carità, nessuno ha urlato all’oscar: ma è giusto ammettere che la storia riesce a garantire un certo margine di interesse da parte del giocatore; se non altro, fino alla prima metà del gioco; ben presto, infatti, ci si rende conto di non avere praticamente alcun peso sullo sviluppo degli eventi, che scorrono inesorabili dall’inizio alla fine senza prendere in considerazione le scelte fatte dal giocatore. Di conseguenza, giocando ad Alpha Protocol, non ci vorrà molto tempo prima che cominciate a rispondere ai dialoghi senza pesare le parole, come invece si converrebbe in ogni buon Gdr: gli effetti delle vostre scelte saranno assolutamente trascurabili.
Nemmeno la grafica, mossa dall’Unreal Engine, riesce a salvarsi. Anzi, probabilmente la leggerezza dei livelli di Alpha Protocol è da imputarsi totalmente alla povertà delle ambientazioni: scarne, prive di dettagli (e di una qualsivoglia resa artistica) e modellate rozzamente; senza contare le texture, pastose e ripetitive. Nemmeno i personaggi, di qualità superiore alla media degli scenari, garantiscono una certa decenza dal punto di vista tecnico.
Naturalmente, a fronte di un disastro simile, l’attenzione scema rapidamente (e vertiginosamente), rendendo Alpha Protocol più un’agonia, che un divertimento. Unico plauso va ai minigiochi, meritevoli di qualche minuto di (neanche poi tanto) sincero divertimento: quelli, almeno, sono esenti da bug…