Per veri duri
Gli appassionati dei videogiochi di vecchia data non hanno certo dimenticato Nathan Spencer ed il suo braccio meccanico. Bionic Commando nasce nel 1987 in casa Capcom. L’action 2D di allora non era certo un titolo alla portata di tutti. Il protagonista, a differenza dei tradizionali videogiochi a piattaforme, non poteva saltare: era infatti dotato di un braccio bionico allungabile, che gli consentiva di aggrapparsi a molti elementi dell’ambiente circostante.
Grazie a questa abilità ci si poteva arrampicare in verticale, ma anche oltrepassare ostacoli orizzontali come crepacci e simili. Il minimo errore però era fatale, e la stessa difficoltà valeva per la resistenza dei nemici, che venivano abbattuti con parecchia difficoltà.
Si trattava di un gioco ostico e impegnativo, capace di regalare grandi soddisfazioni solo in cambio di ardue sfide e dosi di pazienza. Fu proprio questa sua natura a renderlo un prodotto tanto amato quanto odiato dai videogiocatori dell’epoca. La creatura Capcom viene oggi riportata in vita sulle console next gen dagli svedesi Grin, pronta a conquistare nostalgici e novizi con una nuova ed interessante rivisitazione di un capolavoro senza tempo.
Riscatto ad Ascension City
Nathan Spencer non è mai stato un semplice militare qualunque.
Sottoponendosi ad un’operazione sperimentale, acquisisce più capacità tattiche e di combattimento grazie agli impianti bionici sul braccio. Questa sua natura lo porta all’emarginazione da parte della società. Lo stesso governo, per il quale ha sempre combattuto e rischiato la vita, lo tradisce; viene imprigionato e condannato a morte. Per coincidenza, o per intervento del destino, un gruppo di terroristi rade al suolo la futuristica città di Ascension City attraverso un ordigno sperimentale ad alto potere distruttivo. L’esplosione è devastante tanto da cambiare lo scenario circostante, trasformando la città in un groviglio scomposto di macerie e voragini. Il governo ha bisogno dei migliori uomini su piazza per sventare la minaccia e Spencer, con il suo passato colmo di missioni impossibili sempre portate a termine con successo, rappresenta l’elemento vincente per tentare di salvare la razza umana.
Nathan avrà salva la vita solo a patto di smascherare il gruppo di facinorosi e scoprire la natura di un cosi micidiale e devastante potere, capace di polverizzare il pianeta. La sceneggiatura parte piuttosto bene, grazie all’alone di mistero che si cela dietro alle prime battute tra complotti e segreti del governo. Eppure, dopo non molto tempo, la trama comincia a stancare e ad essere quasi un pretesto per terminare il gioco. Questo difetto non rende frustrante l’avventura ma, dopo vent’anni, una buona interpretazione della storia originale sarebbe stata di gradimento ai veterani della serie quanto ai profani che per la prima volta si avvicinano alle avventure di Nathan.
In mezzo alle rovine
Passando al comparto grafico, ciò che colpisce nella realizzazione è senza dubbio il design: Ascension City appare credibile e realistica nella sua terrificante desolazione e distruzione. La sensazione di profondità resa dai programmatori è unica e certi scenari visti dall’alto mozzano il fiato per la loro fatiscenza. Ottime sono le palette di colori grazie alla varietà delle ambientazioni di gioco; si passa infatti dal grigio urbano dei grattacieli in rovina al verde delle foreste e all’azzurro del cielo. I colori sono caldi e contribuiscono a dare una buona resa grafica generale. Un plauso particolare va però alle animazioni del protagonista. Nathan cammina, corre e salta con una fluidità intravista poche volte nella terza generazione. Le texture si presentano con una definizione più che soddisfacente, mentre una ricca modellazione poligonale concede un look molto dettagliato e ricco di particolari alle ambientazioni.
Purtroppo l’ottimo quadro generale è rovinato da alcuni effetti particellari non proprio all’altezza, come per le esplosioni o per qualche altro effetto provocato dalle armi da fuoco. Stesso discorso vale per il sistema delle fonti di luce e in generale d’illuminazione, non proprio realistico. Si tratta di piccole pecche sulle quali però si può sorvolare se si guarda al resto; peccato per i caricamenti a volte eccessivi e per la monotonia del comparto audio, afflitto da una costante ripetitività di fondo e da un campionario di suoni non proprio originale.
Tra un salto e l’altro
Il gameplay viene ampliamente sperimentato grazie ad un tutorial che permette di familiarizzare con i movimenti e soprattutto per sfruttare al massimo l’arto bionico di Nathan. Un mirino dinamico su schermo individua tutti i possibili appigli che si possono sfruttare, colorandosi di azzurro quando ci si trova alla giusta distanza. La pressione mantenuta del grilletto sinistro permette a questo punto di estendere il braccio ed aggrapparsi. I
l più delle volte è necessario dondolarsi per acquistare velocità e lanciarsi fino all’appiglio successivo: per sfruttare il massimo della spinta occorre rilasciare il grilletto in un momento preciso della parabola, esplicitato da un simbolo al centro dello schermo. Purtroppo gestire le fasi acrobatiche di Nathan non è un’impresa facile. La telecamera, manuale, non consente di intravedere automaticamente l’appiglio successivo. La stessa velocità di oscillazione durante i salti è mal calibrata e un secondo in più o in meno portano al vuoto e a morte certa. Tutto questo si trasforma in passaggi decisamente frustranti che scoraggiano il giocatore meno tenace.
Si muore facilmente anche perché i livelli sono stati disegnati appositamente per contenere il giocatore e tenerlo saldamente ancorato al percorso stabilito: questo obbiettivo è stato perseguito introducendo ampie zone allagate o irradiate. Queste ultime non sono sempre ben delimitate, e può capitare di incapparvi per errore, con conseguente fine della partita. Passando al combattimento, la forza dei nemici può essere abbattuta sia con l’utilizzo di attacchi legati al braccio, sia con le armi da fuoco. Oltre alla pistola d’ordinanza ed alle granate è possibile portare con sé solo un’ulteriore arma a scelta tra fucili a pompa, lanciarazzi, lanciagranate, mitragliatrice e qualche arma sperimentale “gentilmente prestata” dal governo.
Gli attacchi legati al braccio vedono Nathan agganciare un nemico e saltargli addosso, scagliare in aria elementi dello scenario per poi proiettarli contro i nemici, oppure agganciarli con il braccio e lanciarli con una frustata: in questi casi la mira viene corretta automaticamente, indirizzando l’arma impropria verso il nemico più vicino. Se da un lato gli scontri a fuoco appaiano un po’ piatti, non si può dire lo stesso per alcune sequenze davvero ben orchestrate, come la fuga dai cecchini o le fasi di combattimento aereo contro i Polycraft, mech volanti armati di mitragliatrici e lanciarazzi.
L’Intelligenza Artificiale nemica non è purtroppo ben sviluppata: lenti, macchinosi nei movimenti e poco consci dell’ambiente che li circonda, non rappresentano mai un effettivo problema durante l’avventura. Considerato che l’energia del protagonista è rigenerativa, il livello medio di difficoltà degli scontri a fuoco si rivela molto basso. In definitiva, l’eccessiva difficoltà di alcune sessioni di salto nel vuoto e la banalità dei nemici rendono il gameplay solo a tratti appagante e degno di interesse.
Conclusioni
Bionic Commando delude su tutti i fronti, soprattutto a causa della trepida attesa che aleggiava su questo progetto. Tante erano le aspettative come tante erano le promesse. Purtroppo la linearità di fondo e una mediocre realizzazione del gameplay rendono questo prodotto non all’altezza e consigliato solo ai nostalgici delle avventure del soldato Spencer, cosi tenaci da passare sopra alle magagne tecniche e qualche delusione.