Her Story, sviluppato e pubblicato da Sam Barlow (Silent Hill: Origins e Silent Hill: Shattered Memories), è uno degli indie più atipici usciti di recente. Vediamo un po’ più in dettaglio di cosa si tratta.

“A cup of tea, please?”

Her Story è la storia di una giovane donna, di nome Hannah, che nel 1994 perde il marito, Simon: un efferato quanto misterioso omicidio. A seguito della scomparsa di Simon, Hannah verrà interrogata ripetutamente dalla polizia e quindi ripresa da una telecamera, che ne registrerà giorno dopo giorno le dichiarazioni. A distanza di anni, il protagonista (cioè noi) viene contattato col fine di prendere visione di quelle registrazioni e cercare di capire chi sia realmente Hannah e cosa abbia fatto (o non fatto).

Dal primo momento in cui il gioco viene avviato, siamo messi di fronte ad un computer anni ’90: un desktop minimale, che ricorda i primi sistemi operativi a interfaccia grafica (in particolare Windows 95), all’interno del quale possiamo interagire con cartelle e file di testo come se fossimo realmente davanti a quel PC (con tanto di effetto riflesso tipico degli schermi a tubo catodico).

Dopo aver preso nota di alcune istruzioni su come procedere, lasciate da un certo “SB” (proprio le iniziali di Sam Barlow) sotto forma di “Readme.txt”, capiamo facilmente il nostro obiettivo: spulciare da cima a fondo un database contenente tutte, o quasi, le registrazioni che vedono Hannah interrogata da un detective della polizia. Il primo input di ricerca ci viene suggerito dal database stesso, con l’inequivocabile parola chiave “Murder” (omicidio) e le relative sequenze video in cui viene pronunciata questa parola da Hannah. Il modus operandi è semplice ed immediato: ascoltare e riascoltare, prendere nota di quelle che possono sembrarci delle parole chiave, digitarle nel database e scoprire via via nuove registrazioni. Her Story ha quindi un andamento di per sé piuttosto casuale, che solo dopo aver messo in ordine temporale alcune sequenze rivela al giocatore la natura di Hannah, senza mai dare comunque risposte certe. La cosa che di certo mi ha colpito è stato il crescendo di emozioni, un mix di curiosità, confusione e inquietudine che mi hanno accompagnato fino alla “fine”. Complice di ciò è naturalmente Hannah, che svela pian piano una personalità ambigua, psicologicamente fragile ma anche astuta e dai tratti sensuali. Il coinvolgimento, e non poteva essere altrimenti per una buona riuscita del progetto, è assicurato da una recitazione impeccabile da parte di Viva Seifert (ginnasta, attrice e musicista), che impersona appunto Hannah.

“Just stories”

Man mano che si procede con l’analisi dei video si scopre il passato turbolento della giovane donna; un passato cosparso di ombre e di mistero, che emerge inesorabile con l'”avanzare” della storia, con l’aria che diventa sempre più pesante, quasi a riflettere l'”evoluzione” di Hannah. Her Story è questo: un’esperienza audio/visiva intensa che richiede una certa attenzione per i particolari; frasi, parole o persino gesti passati inizialmente inosservati possono assumere, in un secondo momento, un ruolo cruciale per la comprensione di determinati aspetti della trama. Non si può descrivere Her Story se non parlando delle emozioni provate nel giocarlo, assolutamente soggettive e influenzate senz’altro dai propri gusti cinematografici (se non amate i thriller/horror psicologici allora è difficile che possiate apprezzare il gioco, almeno non nella sua interezza e complessità). Altre precisazioni, a questo punto, rischiano di innescare spoiler indesiderati… Her Story va vissuto con passione e costante curiosità, fin dal momento in cui ci si siede di fronte al monitor.

Non avrebbe neanche tanto senso parlare di “grafica” per quanto concerne l’aspetto tecnico. La sensazione di trovarsi di fronte ad un computer di metà anni ’90 è di notevole impatto. L’audio, elemento invece chiave, è impeccabile: recitazione e colonna sonora (un pianoforte davvero in sintonia con l’atmosfera) rappresentano il fiore all’occhiello, nonché il fulcro di Her Story (c’è persino una piacevole esibizione canora di Hannah in alcune sequenze video). Dispiace un po’ ma non stupisce che il parlato sia soltanto in inglese, ma se siete avvezzi alla lingua allora non avrete alcun problema a seguire dialogo e sottotitoli (fondamentali per la ricerca di parole chiave). Doppiare Hannah, di contro, avrebbe senz’altro tolto punti all’espressività e quindi all’atmosfera.

Is there an end?

Per quanto mi riguarda era dai tempi di Gone Home e Dear Easther che non sperimentavo una tale immersione. Ho impiegato circa 5 ore per scovare tutti i video, passate ad ascoltare e riascoltare con attenzione, ma non credo bastino per farsi un’idea davvero esatta su Hannah (di certo ve la farete su voi stessi e sul perchè siete lì, soli davanti a quel computer). L’unico consiglio che mi sento di darvi, senza stravolgere l’approccio al gioco o svelare nulla, è: prestate attenzione alla sequenza temporale dei video. E’ come riuscire a far combaciare i pezzi di un puzzle… In ogni caso avrete sempre quella strana sensazione, del tipo “Ho capito! Ah no, non ho capito”. Assolutamente consigliato.

CI PIACE
+ Trama ricca di dettagli e intrighi\n+ Protagonista caratterizzata in modo impeccabile\n+ Stimola la curiosità
NON CI PIACE
- Se non conoscete l'inglese non fa per voi
Conclusioni
Her Story è uno di quei titoli che escono di rado, senza far rumore, dal nulla. Un'esperienza audio/visiva unica nel suo genere, un inno alla creatività e alla passione. Un gioco (o film interattivo) in cui c'è soltanto da perdersi.
8.2Cyberludus.com
Articolo precedenteEVENTO BARI – Videogames: il sottoprogramma MEDIA
Prossimo articoloFire – Recensione
Ho iniziato con una Amiga 500. Da allora non ho più smesso.