Dragon Age: Inquisition – Recensione

Sono passati circa 3 anni dal non esaltante Dragon Age II, secondo capitolo della storia del Thedas che avrebbe dovuto affermare la saga BioWare tra le più intriganti e profonde del panorama action RPG di stampo moderno. La creatura del team canadese non si è dimostrata all’altezza delle aspettative, vuoi per la pesante eredità lasciata da Dragon Age: Origins, rivoluzionario e immenso, vuoi per piccole, grandi lacune di gameplay che hanno fatto storcere il naso anche ai non appassionati della serie. Evidentemente BioWare ci ha riflettuto, si è presa un anno in più per racimolare le idee e metterle insieme, partorendo un’opera gigantesca e per molti versi epica per risollevare le sorti del Ferelden. Il risultato è Dragon Age: Inquisition, composto da una mai così complessa sceneggiatura ricca di intrecci, complotti politici, diplomatici e storici, che toccano l’intero mondo di gioco. Stavolta non si tratta solo di scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato: l’Inquisizione dovrà decidere le sorti del Thedas e gettare le basi dei capitoli a venire. Ci sono volute 120 ore di gioco prima di essere sicuri del nostro giudizio sul titolo ed ora siamo pronti a dirvi cosa ne pensiamo.

La formula non cambia, i propositi sì

In Dragon Age: Inquisition il videogiocatore impersona un nuovo eroe, fortunatamente non vincolato da alcun requisito di sceneggiatura. Abbandonate le vesti del Campione di Kirkwall di Dragon Age II, l’utente ha finalmente il pieno controllo del proprio alter ego: le razze disponibili sono le solite storiche del Thedas – umano, elfo, nano e qunari – così come le classi base – guerriero, mago, ladro o arciere. Decisa la natura del nuovo eroe, il videogiocatore verrà catapultato nel caos del Ferelden. Nella confusione iniziale, la spia Leliana e la Cercatrice Cassandra vi metteranno al corrente di uno squarcio nel cielo, apertosi proprio dopo la morte della Divina Justinia, ritenendovi responsabile dell’accaduto a causa di una particolare magia emanata dalla mano del protagonista. Superati pochi attimi per chiarire l’estraneità dei fatti e indagare sull’essenza magica, il nuovo eroe diverrà il punto di riferimento per la nascita di un nuovo Ordine contro l’inquietante presenza dello squarcio: l’Inquisizione.

Senza incorrere in troppi spoiler, spieghiamo adesso cos’è e qual è lo scopo dell’Inquisizione: avete presente la lotta tra maghi e templari? Il ruolo della Chiesa, delle spie e dei nobili? Il reclutamento di forze e risorse per cooperare al fine di raggiungere un obiettivo più alto? Si parla esattamente di questo. In Dragon Age: Inquisition il videogiocatore dovrà allestire un vero e proprio esercito, facendo affidamento su tre consiglieri che rappresenteranno le maggiori forze del Thedas: i diplomatici, le truppe e le spie. Oltre a dover affidare compiti precisi per cooperare al meglio e racimolare importanza, l’utente dovrà reclutare il party a supporto del proprio eroe, composto per l’occasione da ben 9 personaggi tra vecchie conoscenze e nuovi volti. Ovviamente, il party va a coprire tutte le classi e sottoclassi assumibili in Dragon Age: Inquisition, lasciando al videogiocatore totale libertà sull’approccio da tenere durante i combattimenti.

Day Zero

Ci siamo veramente limitati per non correre il rischio di lasciare tra le righe qualche spoiler di troppo, ma l’Inquisizione è molto più di questo. Per la prima volta, si tratta di considerare tutte le variabili in gioco, dalle aspettative dei cittadini del Thedas alle necessità dei consiglieri. Fin dalle battute iniziali, l’eroe verrà conteso tra realtà umane e divine: i fedeli di Andraste ci vedranno come il portatore di pace, chiamato dalla divinità stessa per soccorrere il Thedas defraudato dalla sua Divina; al tempo stesso, potremo affrontare le vicende con una prospettiva diversa, meno vaga, cercando le risposte nei fatti. Come detto, Dragon Age: Inquisition riporta una sceneggiatura gigantesca, come se per l’occasione BioWare avesse deciso di chiudere tutte le parentesi per ripartire da zero – e forse a questa scelta si deve Dragon Age: Keep. Tuttavia, è proprio l’esperienza biblica a rendere opzionale i primi due capitoli della serie: grazie alle migliaia di linee di dialogo e alle centinaia di voci nel Codex, il videogiocatore può apprendere tutti i dettagli delle vicende passate, nonché godersi in-game le conseguenze di ogni evento. Chiaramente, chi ha goduto di Dragon Age: Origins e Dragon Age II, si sentirà molto più appagato riguardo alcune sfaccettature della storia potendo collegare molti avvenimenti passati, un po’ come è capitato con Mass Effect 3 e l’importazione dei salvataggi. Ciò detto, Dragon Age: Inquisition è godibile da tutti al massimo dell’esperienza che offre il gioco, anche da chi potrebbe decidere di cominciare da questo terzo capitolo della serie.

Il potere più ambito: l’esperienza

Possiamo dividere Dragon Age: Inquisition in due filoni perfettamente uguali riguardo il numero di ore di gioco e quest disponibili. Infatti, la storyline prevede un cambio radicale nella sceneggiatura, che porterà l’Inquisizione verso una nuova base, Skyhold, abbandonando Heaven, il villaggio iniziale. È a Skyhold che si sviluppano nuove meccaniche di gameplay, più votate alla personalizzazione: sarà possibile ricercare tra regioni e mercanti tutto ciò che riguarda l’aspetto estetico della tenuta, come stendardi, troni e mobilia. Lo stesso ruolo del protagonista cambierà, con la possibilità di giudicare direttamente il destino di alcuni personaggi: anche in questi frangenti la decisione non sarà esclusivamente etica, bensì si ripercuoterà sulle risorse a disposizione dell’Inquisizione scrivendo una nuova pagina del prossimo capitolo della serie. Come in ogni Dragon Age, anche in Inquisition i momenti di relax coincidono con qualche dialogo con gli alleati:anche se inizialmente potrebbe risultare tedioso rivolgersi a compagni e consiglieri, superati i primi approcci di diffidenza da ognuno di essi emergeranno storia e profili distintivi del carattere, che come sempre andranno a formare simpatie e antipatie, fino alla costruzione di un rapporto sentimentale con un membro del party ed alla risoluzione di missioni caratteristiche.

In Dragon Age: Inquisition, fare esperienza significa crescere nei due rami più significativi: alleati e Inquisizione. Proprio per questo, i punti esperienza derivanti dalle quest avranno una duplice natura, volta ad aumentare i parametri del party e l’influenza dell’Inquisizione; tutto ciò verrà convertito in punti spendibili tra le abilità dei personaggi e quelle dei consiglieri. La crescita del party è piuttosto classica: l’albero di abilità si divide tra skill attive e passive, nelle tipiche sottoclassi dei giochi di ruolo. Nella seconda parte dell’avventura, il team otterrà nuove specializzazioni e la barra Concentrazione, utile per sferrare attacchi potentissimi. La crescita dell’Inquisizione, invece, consiste nello spendere spunti in abilità extra ottenendo particolari benefici come materiali per il crafting, rapporti migliori con i mercanti e tanto altro. Non solo: le tre forze dell’Inquisizione potranno svolgere compiti particolari al Tavolo di Guerra, ed ottenere alleati tra le varie regioni visitate che ne velocizzeranno i compiti.

Tra Ferelden ed Orlais

Se tutto ciò può già sembrare abbastanza, in realtà è niente di ciò che ha da offrire il gioco. Potremmo riassumere Dragon Age: Inquisition in una sola parola: Esagerazione. BioWare ha esagerato in tutto, nel senso buono del termine: sono 10 le regioni esplorabili, tutte piuttosto grandi, di cui un paio estremamente ricche e complesse. Ma sono soprattutto i collezionabili a meglio rappresentare l’esagerazione del team canadese: centinaia le raccolte da portare a termine, tra pezzi di mosaici, bottiglie, canzoni, frammenti, artefatti e luoghi storici. Si sa però che il troppo stroppia, ed Inquisition non è da meno:molti collezionabili risultano inutili ai fini della narrazione e dell’esplorazione, costringendo il giocatore a rifare la mappa e ingegnarsi nel recuperare qualche oggetto. La raccolta dei collezionabili è quasi opzionale in quanto – come in qualsiasi gioco di ruolo che si rispetti – ogni quest porta al giocatore preziosi punti esperienza che i più maniacali non si lasciano sfuggire. Sebbene le raccolte portino all’esperienza longevità e nuove letture per gli appassionati, va detto che molte delle quest secondarie risultano inutili, poco curate ed eccessivamente punitive in termini di esplorazione; spesso ci si ritrova a fare i conti con missioni di raccolta – ancora una volta – dopo aver esplorato l’intera area di gioco, causando l’ennesima ricerca forzata.

L’evidente riempitivo delle raccolte e la poca significatività di buona parte delle quest secondarie rende Dragon Age: Inquisition un titolo molto più apatico dei predecessori per ciò che concerne tutto quello che è estraneo alle missioni principali. La stessa esplorazione delle 10 regioni, di fatto, si rivela stancante e per certi versi fastidiosa, soprattutto quando ci si ritrova a vagare nel nulla senza un vero obiettivo stimolante che non sia la creazione di un accampamento o la chiusura di un varco. Le regioni interessanti sono poche, ma il level design salva in gran parte l’esperienza di gioco:l’eroe visiterà col suo party l’Orlais ed il Ferelden tra floride foreste, lande desolate, coste, caverne, antichi templi elfici ed immancabili rovine naniche e la grande varietà delle ambientazioni si allinea alla diversità dei nemici.

Tra looting e boss

Dragon Age: Inquisition è un prodotto confezionato nei minimi particolari, che fa del tanto il suo punto forte. Fin qui abbiamo trascurato il gameplay nudo e crudo per dare risalto al resto, ma i difetti più grandi del titolo risiedono proprio nei soliti difetti del genere, in particolare dei giochi di ruolo più recenti. L’Inquisizione mette a disposizione potenti macchinari per la creazione e la modifica di armi ed armature, dando all’utente la possibilità di scegliere schemi, tessuti, metalli, rune e decine di bonus per creare oggetti su misura dei personaggi. Il sistema di crafting, però, si va a confrontare con la dura realtà del loot, così soddisfacente da rendere inutile tanto la creazione di oggetti unici, quanto le compravendite con i mercanti. In sostanza, raccogliere materiali e guadagnare denaro è pressochè superfluo se non per risolvere missioni secondarie, in quanto l’equipaggiamento migliore verrà garantito costantemente dall’esplorazione. A ciò va aggiunto l’inventario poco user-friendly per gli utenti PC, condividendo gli stessi problemi riscontrati con altri giochi di ruolo multipiattaforma come TES V: Skyrim e Dark Souls.

Tolto il crafting, l’ultima peculiarità del gameplay di Dragon Age: Inquisition è il combat system strategico che, in questo capitolo, gode di una visuale tattica più profonda e libera. Ingaggiato un combattimento, il giocatore può mettere in pausa lo scontro e pianificare ogni attacco, ordinando particolari mosse ai membri del party sulla base degli status e delle vulnerabilità dei nemici. Sebbene la necessità della pausa tattica non si avverta alle difficoltà più basse – eccezion fatta per boss e draghi – risulta uno strumento estremamente efficace, al di là dei controlli poco intuitivi. Come per i capitoli precedenti, BioWare ha accontentato anche chi ama i combattimenti più frenetici, prevedendo un menu in cui impostare i comportamenti automatici per il party in base alle circostanze, evitando l’utilizzo della pausa tattica senza privarsi della strategia.

Spazio al multiplayer

Una volta terminata la storia principale e le missioni secondarie, il modulo multiplayer di Dragon Age: Inquisition può ancora regalare soddisfazioni ai videogiocatori più assidui. Non c’è da aspettarsi molto, si tratta di una semplice aggiunta di supporto alla longevità, in cui non manca l’onnipresente sistema di transazioni con soldi veri per accedere più facilmente ai bauli di potenziamento. Il comparto multigiocatore si presenta piuttosto classico, con la crescita del personaggio in tutte le sue sfaccettature: classi, inventario e abilità. Pur non seguendo direttamente l’albero di crescita dell’eroe della campagna principale, sono ben 12 le classi a disposizione in multiplayer, ciascuna legata ad un proprio progresso. Non tutte le figure saranno accessibili dall’inizio, pertanto sbloccata una nuova classe sarà necessario partire da zero con l’esperienza, conservando il loot accumulato fino a quel momento. Le missioni consistono essenzialmente nell’andare in avanscoperta di alcune mappe divise in zone, con obiettivi dinamici, supportati da un party composto al più da altri 3 giocatori. Anche se sono presenti la chat vocale e la possibilità di creare missioni private, risulta quasi impossibile ricreare i tatticismi del single player. Tuttavia, con un party fidato e preparato, è possibile mettere in piedi battaglie ragionate ed emozionanti.

Concludendo…

Concludere l’esperienza di gioco proposta da Dragon Age: Inquisition è stato piacevole, anche se per certi versi un po’ forzato – prendetela come riflessione soggettiva. Il mondo di gioco è immenso e le quest sono innumerevoli, tanto quanto i compiti da affidare ai consiglieri e le conversazioni con i vari personaggi. La grandezza del pacchetto di gioco si scontra con la poca originalità del gameplay, composto da elementi inutili ed implementati grossolanamente. Tuttavia, apprezziamo il ritorno alle origini di BioWare, che nel suo prodotto ha messo tutto ciò che ha realizzato, a cominciare dalla presenza di alcuni membri del party che garantiscono un’esperienza simile a quella di un DLC – con Mass Effect 3 accadde il contrario. L’importanza dell’Inquisizione per la storia del Thedas ha avuto il giusto supporto dal team di sviluppo, e tanto basta per farne un’opera grandiosa.

CI PIACE
  • Immenso e dal level design impeccabile, ricco di missioni, intrecci e raccolte
NON CI PIACE
  • Campagna principale non esaltante rispetto alle premesse
  • molto ripetitivo
  • poco user-friendly sotto alcuni punti di vista
Conclusioni

Dragon Age torna alle origini, per la gioia dei fan e degli amanti del genere

8.7Cyberludus.com

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Studente di Informatica Magistrale (Università di Bari "A.Moro").\r\nMi divido tra studio, Juventus e tecnologia tra mille passioni.\r\nL'obiettivo più vicino è la laurea, poi si vedrà.