Avete di idea di quanti videogiochi, abbiano come avversari i nostri cari amici zombie? Provate a scorrere il catalogo Steam e vi renderete immediatamente conto di come, i non morti, siano i protagonisti di una consistente percentuale di videogiochi attuali. Zombie in tutte le salse, utilizzati per i più disparati generi videoludici nelle più disparate situazioni, enfatizzando a volte la loro macabra presenza, a volte rendendoli simpatici e ridicoli, a volte fungendo da semplici birilli oppure ammassati in un’orda, da uccidere per trascorrere un pò di tempo in spensieratezza. Capirete bene che, con una così vasta mole di titoli esistenti, sia difficile per un team di sviluppo creare qualcosa di atipico e che riesca a stuzzicare l’utente medio, senza che quest’ultimo classifichi il suddetto titolo con un tombale "noia, un altro gioco di zombie" (e qui si potrebbe aprire una disamina sulla ripetitività dei generi videoludici, ma per il momento evitiamo). Nasce, con queste premesse, How To Survive, titolo di EKO Software che vi costringerà a mettere a dura prova la vostra capacità di sopravvivenza.

Sopravvivere non è mai stato così…

Un naufragio misterioso in un arcipelago infestato dagli zombie: ok, forse non proprio il massimo dell’originalità, ma se finora eravamo abituati ad imbracciare un AK-47 e sopravvivere a suon di proiettili, How To Survive ci pone in una condizione differente e di assoluto svantaggio. Il focus, cui mirano gli sviluppatori, è quello di ricreare un ambiente ostile nel quale il giocatore, nello scomodissimo ruolo della preda, non deve soltanto preoccuparsi di mettere in salvo il cervello da orde costanti ed incessanti di zombie, ma deve badare, anzitutto, alla propria salute in senso stretto: infatti, man mano che progrediremo nelle fasi primordiali del gioco, ci verranno introdotte dal bizzarro Kovac, una sorta di guru della sopravvivenza, le tre barre fondamentali, oltre quella della salute, a cui prestare la massima attenzione: sete, fame e fatica. Soddisfare questi tre bisogni primari diventerà la nostra più importante preoccupazione, perché trascurando anche solo uno di questi, incapperemo in malus che, almeno sulla carta, ci renderanno particolarmente vulnerabili. Ovviamente, in un arcipelago nel quale dover affrontare zombie e animali selvatici, tenere su livelli accettabili questi tre valori non sarà affatto semplice, almeno in principio. Anzitutto, bisognerà idratarsi e, naturalmente, scordiamoci di poter bere acqua di mare, acqua di palude o trovare dei distributori automatici di bibite: le uniche fonti di acqua potabile presenti in zona saranno rappresentate da dei piccoli pozzi naturali cui poter attingere direttamente o fare scorta, se si hanno a disposizione abbastanza contenitori vuoti, stando ovviamente attenti agli immancabili pericoli che si accalcheranno in massa vicino queste preziose risorse. Manca la possibilità di raccogliere dell’acqua piovana: scordatevi, quindi, di emulare le gesta di Bear Grylls e, piuttosto, mettetevi come dei rabdomanti a cercare i vitali pozzi. Dopo aver bevuto, sarà fisiologico voler fare lo spuntino. La natura dell’arcipelago sarà molto generosa di radici, funghi e frutti abbastanza commestibili da poter allietare l’appetito, ma per le pietanze più sostanziose bisognerà darsi alla caccia e alla pesca, così come i nostri antenati ma attenzione, non vi dimenticate di cuocere la carne cruda immediatamente dopo averla cacciata, altrimenti diventerete come un enorme bersaglio rosso con sopra scritto "mangiatemi": indovinate di cosa sono ghiotti i nostri amici zombie? Penso che adesso conosciate la risposta. Infine, dopo tutto questo bere, mangiare e combattere, arriverà il momento di riposarsi. Chiunque sano di mente sa che non è saggio addormentarsi allegramente all’aperto mentre si è circondati da bestie assetate di sangue per cui, quando la palpebra comincerà a diventare un macigno, bisognerà trovare riparo in uno dei numerosi rifugi sparsi per l’isola, la cui presenza potrà apparire strana, ma come si dice in queste situazioni: "a caval donato non si guarda in bocca". E poi, se potete compiere delle missioni per conto di uno scimpanzé, non vediamo cosa ci sia di strano a trovare dei rifugi a prova di zombie così, a caso. Spero che il sarcasmo sia abbastanza evidente. Questi rifugi, manco a dirlo, sono delle vere e proprie tane di zombie e quando proveremo a ripulirne uno, dovremo affrontare una sorta di mini-gioco, in cui decimare le decine e decine di mostri che piomberanno su di noi, attratti dal suono della sirena: finita la carneficina, potremo finalmente goderci il meritato riposo. Questa struttura solida e tendente al realismo, che a primo acchito sembrerebbe reggere a meraviglia, mostra delle terrificanti crepe appena si comincia a stressarla un pochino, mettendo a nudo tutte le carenze strutturali che si celavano sotto un brillante intonaco. Anzitutto, il numero di risorse trovabili sarà fin troppo abbondante in relazione alle nostre reali esigenze; vi basti sapere che, contando soltanto le risorse primarie e tralasciando quelle di costruzione su cui ritorneremo dopo, alla fine del gioco avevamo nell’inventario qualcosa come 20 bottigliette piene di acqua, 10 pasti completi, un numero spropositato di radici e bende curative come se piovesse: praticamente, eravamo pronti per un’allegra scampagnata in montagna, in compagnia di un gruppo di amici per festeggiare ferragosto. Tutto il realismo pianificato e costruito, viene così demolito dall’eccessiva semplicità del titolo, dalla sua eccessiva generosità, che rende vano ogni tentativo di mettervi con le spalle al muro: soffrire la fame, la sete o la stanchezza, saranno eventi più unici che rari. La situazione descritta è quella drammatica del livello di difficoltà base: le cose cambiano leggermente aumentando l’asticella della difficoltà, ma non aspettatevi nulla di trascendentale.

MacGyver chi?

Abbiamo prima accennato alla possibilità di fabbricare oggetti riciclando i resti e le cianfrusaglie, tutte di ottima qualità, reperibili girovagando sull’isola. Se il mai troppo amato Mac era capace di evadere di prigione utilizzando una semplice graffetta, in How To Survive possiamo fare molto di meglio: potremo, per esempio, costruire un letale ed affidabilissimo fucile automatico, partendo da un semplice compressore. Per carità, in fondo il sistema di crafting ci è piaciuto perché abbastanza "plausibile", ma ancora una volta il gioco stecca, presentandoci delle armi praticamente indistruttibili, infallibili e dalle munizioni pressoché infinite, che renderanno di fatto obsolete le moltissime parti di ricambio che troveremo. Torniamo ancora una volta su quello che è il maggior problema di How To Survive, nonché il più evidente: sopravvivere, è davvero troppo semplice. Tralasciando gli zombie, di una decina di specie diverse, che proveranno a farci a fette prima di essere falciati dalle nostre letali armi, quello che manca è proprio il "senso di sopravvivenza": non bastano gli zombie, non bastano le barre, non bastano i bisogni primari e il cibo da procacciarsi; se in un contesto simile il gioco, si mostra fin troppo accondiscendente con il giocatore, allora viene meno proprio quella è che la componente fondamentale dell’attenzione e dell’apprensione, della parsimonia delle risorse e del risparmio delle proprio energie, riducendo il gioco ad un semplice "corri e spara agli zombie". Il titolo permette di essere giocato anche in compagnia, ma il livello di sfida non decolla neanche alla presenza di due giocatori umani: aumenta il numero della carne da maciullare e nulla più. Sono presenti anche diversi alberi delle abilità, sbloccabili con l’acquisizione di punti esperienza: tolte due o tre abilità al massimo, il resto sono tutte cose non indispensabili e che sembrano gettate lì un po’ a caso.

Fatality!

Tecnicamente, possiamo parlare di How To Survive come di un titolo valido ma cui vanno apposte le dovute virgolette. Alla luce di un parco animazioni costellato di alti e molti bassi, ciò che ci ha soddisfatto è il micromondo creato ad hoc, le sue luci e i suoi colori, la sua flora e la sua fauna: nonostante riprenda i classici del genere, e non brilli per effettistica o texture da capogiro, il motore di gioco rende l’esperienza piacevole, anche se la telecamera ci farà imprecare in più di una situazione. Stesso discorso può essere fatto per le campionature audio. Con una colonna sonora al minimo storico, e che può essere definitiva inesistente, gli unici suoni che ascolteremo provengono dalla natura e dagli zombie, anche se quest’ultimi, in verità, si limitano a degli insopportabili e reiterati lamenti: che a qualche zombie sia andato di traverso un pezzo di cervello? Un interrogativo cui non siamo riusciti a trovare risposta.

Sopravvivrà?

How To Survive può essere benissimo inquadrato come un esperimento riuscito solo a metà. Le cose buone, come abbiamo sottolineato, non mancano di certo al titolo EKO Software, ma vengono purtroppo offuscate da alcune discutibili scelte progettuali. Abbiamo apprezzato il gioco per il suo spirito, per il voler essere diverso, salvo poi perdersi nel proverbiale bicchiere d’acqua dal quale non è saputo uscire. Ad una buona idea, costruita su di una base tecnica abbastanza solida, è stata purtroppo affiancata una realizzazione lacunosa: non basta l’ironia di alcune situazioni, non basta la bontà del sistema di crafting, non bastano i tre protagonisti (seppur stereotipati), non basta il multiplayer locale ed online a due giocatori per cancellare gli errori visti in How To Survive. Le missioni ripetitive fino allo sfinimento, la telecamera problematica e la poca varietà sono solo la ciliegina sulla torta dei problemi che affliggono How To Survive, il cui più grande e più grosso difetto rimane uno ed uno solo: la semplicità. Un gioco semplice non per scelta a priori degli sviluppatori, ma come conseguenza indiretta della gestione dell’intero progetto; ripetitivo nelle meccaniche che non offrono mai al giocatore una vera sfida: gliela fa solo immaginare all’inizio; poi, dopo, gli spiana la strada verso la vittoria. In sostanza, ci sentiamo in ogni caso di consigliare How To Survive come esponente di un genere atipico e non molto commercializzato su cui pochi, finora, hanno scommesso. Non possiamo certo dire che il titolo EKO Software sia perfetto o brillante, ma vanno comunque incoraggiati giochi del genere che provano strade poco battute del mercato per portare, a noi avidi giocatori, prodotti che non siano dei semplici copia-incolla. Siamo sopravvissuti brillantemente ad How To Survive, ora bisognerà vedere se il brand riuscirà a sopravvivere al duro giudizio del mercato: altro che zombie.

CI PIACE
+ Buon sistema di crafting\n+ Dovrete sopravvivere nel vero senso della parola...\n+ Nonostante tutto, riesce a divertire
NON CI PIACE
- La varietà è un optional\n- ...ma non sarà nulla di complicato\n- Numerose imperfezioni
Conclusioni
Devo essere sincero: mi aspettavo tutt'altro gioco. Mi aspettavo un titolo che mettesse a dura prova i giocatori, che gli imponesse di ponderare bene le proprie azioni, che li costringesse ad essere parsimoniosi con le risorse. Alla fine, in How To Survive, non ho trovato nulla di tutto ciò, ma piuttosto una sbiadita e frettolosa bozza di quello che sarebbe potuto essere. Peccato, però mi son comunque divertito da matti.
6.8Cyberludus.com
Articolo precedenteTearaway – Anteprima
Prossimo articoloThe Stanley Parable – Guida ai finali
CyberLudus è un'Associazione Culturale che opera nel settore videoludico dal lontano 2007, a stretto contatto con produttori e distributori di tutto il panorama internazionale. La nostra redazione segue con passione ed entusiasmo l'evolversi di questo mondo, organizzando tornei e contest, partecipando a manifestazioni ed eventi e, attraverso il nostro portale, fornendo all'utenza un piano editoriale che prevede recensioni, anteprime, guide strategiche, soluzioni, rubriche ed approfondimenti.