1974, il primo anno in cui i giocatori di tutto il mondo utilizzarono alcune vere e proprie formule matematiche per dare una forma alle loro fantasie: è l’anno in cui nasce Dungeons & Dragons, il più importante gioco di ruolo di tutti i tempi, dove non è necessaria nessuna tecnologia particolare ma solo carta, matita e una mente pronta ad accogliere una storia e ad adattarsi a pensieri di umani, elfi, nani e altre strane creature. La formula di D&D è stata ripresa da diversi titoli che hanno accolto le sue regole ufficiali come personale fondamento: si pensi alle serie Baldur’s Gate e Neverwinter Nights, solo per citare un paio tra le più riconosciute. Poi, a chiudere la trasposizione occidentale della quadrilogia Guild01 (purtroppo solo trilogia, per noi) arriva Crimson Shroud: un titolo, nato dalla mente di Yasumi Mitsuno, padre di Vagrant Story e Final Fantasy XII, che non ha nulla a che fare con D&D ma che sembra prendere da esso proprio tutto, portandolo sul Nintendo 3DS? Quale può essere il risultato? Portare carta, matita e fantasia su una console portatile può essere una buona mossa?

Un dono o una maledizione?

Una ragazza ferita è stesa sopra una piccola sedia a sdraio, affiancata da un guerriero che la scruta con il suo sguardo corrucciato? La ragazza si chiama Frea, ed è una giovane maga che ha appena concluso tragicamente una infelice avventura? Il guerriero la interroga: vuole saperne di più sul destino del suo amico Giauque e del suo compare Lippi, vuole sapere la verità su quei ?doni’ capaci di regalare a chi li utilizza grandi poteri al grave costo della dannazione eterna; e, soprattutto, vuole sapere cosa è accaduto al ?dono’ più ambito, il velo scarlatto, quello che avrebbe dato al suo possessore il potere più accattivante, più seducente? La ragazza sembra restìa a rispondere alle sue domande, spossata dal suo stato fisico, e inizia a pensare a quello che le è appena successo: il viaggio di tre giovani ragazzi, cacciatori pronti a qualsiasi cosa per diventare qualcuno?Non tre amici, però: solo tre adolescenti, ognuno con i suoi problemi e non pienamente fiducioso nei propri compagni?

Dadi, statistiche e una voce silenziosa

Il gameplay di Crimson Shroud ricorda una partita a Dungeons & Dragons in quasi ogni suo aspetto: la storia è narrata solo attraverso la voce di un narratore che, con i suoi lunghi discorsi, racconta quello che accade attorno ai personaggi e li impersona, mostrando le loro emozioni di volta in volta. Il giocatore, attraverso una mappa, può esplorare diverse zone di gioco passando più o meno direttamente dall’una all’altra al solo costo di alcuni Punti Magia: una volta raggiunta una nuova parte della mappa si possono trovare oggetti, scatenare nuovi dialoghi o sconfiggere alcuni nemici in scontri a turno. I tre membri della squadra, Giauque, Lippi e Frea, si distinguono rispettivamente per una preponderanza per l’attacco in corpo a corpo, gli attacchi a distanza e le magie, ricoprendo ognuno un particolare ruolo all’interno dello scontro: ciascuno di essi può scegliere di utilizzare una delle sue abilità, siano esse offensive o semplici modificatori di statistiche, e di effettuare successivamente un attacco fisico, utile per ricaricare alcuni Punti Magia, o un attacco magico. La natura degli attacchi fisici è automatica e il risultato è strettamente legato all’equipaggiamento dell’eroe utilizzato, in quanto non esiste alcun sistema di acquisizione di esperienza o di level-up. Le abilità e le magie, invece, sono sempre legate a un elemento, come fuoco, terra, acqua, fulmine, ecc., e tutti gli elementi sono legati da una logica a la sasso-carta-forbice, in un rapporto classico di debolezza e resistenza: inanellare, una dietro l’altra, una serie di magie e abilità di elementi in rapporto positivo fra loro permette la realizzazione di diverse combo le quali garantiscono, come ricompensa, alcuni dadi da utilizzare nel corso degli scontri. Certo, c’è scritto dadi. Le somiglianze con Dungeons & Dragons, infatti, non si fermano alla completa staticità delle ambientazioni e ai lunghi discorsi testuali ma sfociano anche nell’utilizzo dei dadi, presenti nei classici formati dalle quattro alle venti facce: essi possono essere usati in più contesti, sia per confermare l’utilizzo di una magia o di una abilità modificatrice di stato sia per aumentare la precisione o il danno di diversi attacchi, lasciando comunque il tutto immerso nel tipico alone di casualità che aleggia attorno ai dadi in tutta la storia dei giochi da tavolo. Si tratta, comunque, di una singolare variante ai classici gameplay da gioco di ruolo su console e la naturalità dell’esperienza è garantita anche da alcuni piccoli colpi di genio: un dado lanciato con troppa forza, per esempio, può salire nello schermo superiore e colpire in testa una delle miniature, come se davvero il giocatore li avesse lanciati con troppa foga sul tavolo, e il personaggio colpito non potrà agire nel corso del primo turno della battaglia, in una sorta di rottura della quarta parete. Una volta conclusa una battaglia si può scegliere o meno di accaparrasi parte degli oggetti e dell’equipaggiamento abbandonati dai mostri, tuttavia il gioco stesso impone un peso ad ogni oggetto e un limite di peso ad ogni saccheggio, limite che può essere aumentato sacrificando alcuni dei dadi ottenuti nelle combo. La squadra può migliorare i propri oggetti con i varia materiali ottenuti fondendone le caratteristiche magiche, le abilità ottenibili e vari tipi di statistiche lasciando aperte le porte a lunghi tempi di sperimentazione all’interno dei menù di gioco: tuttavia, tutto questo provare nuove combinazioni finisce, purtroppo, per lasciare il tempo che trova quando ci si rende conto che la formula di ogni combattimento (scopri il mostro, comprendi il suo punto debole, realizza combo obbligate e vinci la battaglia) è spesso sempre la stessa.

Immobilità d’altri tempi e tecnologie del ventunesimo secolo

Crimson Shroud, pur godendo di un gameplay accattivante per le sue somiglianze con le vere tradizioni del gioco da tavolo, non ha saputo resistere alla tentazione di emulare queste tradizioni anche sul punto di vista tecnico: il gioco si compone solo di piccole zone chiuse, esplorate dalla voce stessa del narratore, e il tutto viene visualizzato solo attraverso figurine statiche degli eroi e dei mostri, modellini con tanto di base quadrata; è senz’altro un attraente metodo di creazione del ‘simulacro’ di un tavolo di fronte a chi gioca ma finisce per gravare sull’aspetto generale del titolo in quanto non esistono animazioni. Salvo qualche effetto di luce e qualche cambio di colore, tutto è raccontato con le parole: niente movimenti per gli attacchi, niente dimostrazioni di forza imperiose, niente esplosioni cromatiche. Solo parole. E alla lunga, per circa una decina di ore di gioco, solo e soltanto le parole stancano. La trama riesce ad essere accattivante e piena di una insolita serietà ma sembra non riuscire a prendere vita, proprio perché tutto il mondo di gioco è così morto, intrappolato dentro quelle bianche lettere. La musica e gli effetti sonori, estremamente basilari, non riescono ad aiutare in questo: l’avventura del velo scarlatto è coperta, dall’inizio alla fine, da un manto di estrema fissità, come una vecchia avventura testuale vissuta su un mezzo che potrebbe fare molto, molto di più.

Conclusione

Crimson Shroud è uno strano tentativo di portare nella nuova generazione uno stile di gioco che nessuno ha dimenticato ma finisce per diventarne solo un riflesso, privo di quel fascino che resta ancora più vivo nella carta e nel pensiero piuttosto che nei tentativi di renderlo immagine reale. Le meccaniche di gioco complesse e potenzialmente interminabili per quantità e qualità non riescono sempre a tenere a galla un quadro volutamente piatto e sterile, nato con il pensiero che la fantasia stessa potesse sopperire a questa sterilità: la presenza stessa dello schermo e delle figure è un ostacolo allo sforzo mentale e il giocatore non si sente né spronato né, a suo modo, legittimato ad aggiungere un di più a quel che vede, a renderlo più vitale. Il velo scarlatto resterà un premio ambito per chi vive di statistica, formule matematiche e continui tentativi di migliorare le prestazioni del proprio ?guerriero’, ma è la carenza di una vera e propria possibilità di immedesimazione a non farlo decollare? Se alla mente di chi gioca vengono posti dei limiti, nessuna opera di fantasia può affascinare e purtroppo Yasumi Mitsuno, pur con tutta la sua buona volontà, sembra non essersene reso conto fino in fondo.

CI PIACE
- Sembra di giocare una partita a Dungeons & Dragons\n- Quasi ogni aspetto di oggetti e personaggi è personalizzabile\n- Trama interessante...
NON CI PIACE
- ... ma narrata solo con parole e statiche statuette\n- L'assenza di animazioni vere e proprie fa sentire forte il suo peso\n- A volte sembra di vagare a vuoto sperando di trovare qualcosa da fare
Conclusioni
Crimson Shroud è un eccellente gioco da tavolo... Ed è proprio per questa ragione che non trova una casa felicissima su Nintendo 3DS! La carenza di animazioni, il vagare per cercare eventi da sbloccare e la somiglianza tra uno scontro e l'altro sono spesso un ostacolo alla capacità e alla voglia di godersi tutti gli elementi di quel tradizionale gameplay pieno di fascino, salvato da tanti richiami a un passato estremamente attuale e da possibilità di personalizzazione davvero corpose.
6Cyberludus.com
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