L’avete atteso, l’avete testato nella beta, vi siete chiesti come fossero i vari contenuti, avete apprezzato o criticato le notizie e avete visto trailer, spot, immagini e quant’altro, fino al grande multi evento di lancio. Avete scaricato la patch, parcheggiato i vostri personaggi, preso una settimana di ferie dal lavoro o di giustificazione da scuola, e siete carichi come delle molle. Il momento è arrivato. Da 3 giorni campeggia sugli scaffali reali e virtuali di tutta Italia e non solo la nuova espansione di quello che ormai è l’MMO per antonomasia, la tanto amata e odiata creatura di quelle fucine di idee di Blizzard Entertainment. E’ arrivato il momento di spostarsi nella parte bassa della mappa di Azeroth, dall’inconfondibile sapor orientale. E’ l’ora di World of Warcraft: Mists of Pandaria.
Nebbia in Val Pandaria
Abbiamo sconfitto tanti anni fa Ragnaros, Blackwing (o Nefarian, che dir si voglia), siamo andati ad Outland per calciare i corrotti sederi di Illidan Stormrage e Kael’Thas Sunstrider, poi ci siamo spostati a nord per un saluto al Re Lich, per poi vedere il mondo stesso sconvolto grazie al ben poco affabile Deathwing (o Neltharion che dir si voglia, tale padre tale figlio?). Pensate un attimo: cosa accomuna tutte queste imprese? Bravi, un nemico comune per Alleanza e Orda, che si sono sempre impegnate a combattere queste minacce mettendo temporaneamente da parte, più o meno, le loro divergenze.
Ma c’è un nuovo sceriffo in città, o Warchief a Orgrimmar: Garrosh Hellscream, che all’inizio di Cataclysm ha preso il posto del ben più mite Thrall in altre faccende affaccendato, in uno dei suoi frequenti scatti di ira ha deciso di scatenare una guerra vera e propria contro l’Alleanza, (attenzione, spoiler per chi volesse leggere il romanzo "Tides of War") radendo al suolo la città di Theramore usando anche l’equivalente azerothiano di una bomba atomica. La reazione dell’altrettanto pacifico re Varian Wrynn non si è fatta attendere e così si prospetta un’asprissima guerra tra i due schieramenti. Ma ci mette lo zampino il destino, facendo naufragare due imbarcazioni di Alleanza e Orda su un continente dimenticato dal tempo, popolato da strani esseri, tra cui il popolo dei Pandaren, da sempre dedito all’equilibrio e alla neutralità, che però sarà costretto ad avere a che fare con le tensioni del resto del mondo, fino a dover decidere da che parte stare. Il "cattivo" è solo l’altra fazione e, più in generale, la guerra, il conflitto, in un modo non diverso da come si era presentato ormai 7 anni fa il mondo di Warcraft. Un ritorno all’antico, o quasi, dato che si vocifera che il ciclo di questa espansione vedrà alla fine o giù di lì un vero e proprio assedio alla città di Orgrimmar, mirato a detronizzare l’orco dalla pelle marrone. Sul lato narrativo, gli spunti al solito non mancano, e forniscono la base per le nuove introduzioni. Prima fra tutti Pandaria, questa landa che si ispira chiaramente all’antica Cina, di cui ne riprende la varietà di ambienti e il sapore anticheggiante. Un mondo teatro di una rivoluzione avvenuta millenni prima, in cui Pandaren e Jinyu si ribellarono dal giogo dei Mogu, per riconquistare la libertà. Ma anche Pandaria è un luogo in cui i problemi non mancano, sotto forma dei Mantid, esseri insettoidi che ricordano i Qiraji (che ci sia una connessione?) e soprattutto degli Sha, incarnazioni dei sentimenti negativi che Alleanza e Orda han portato con sé sul nuovo continente. Protagonisti assoluti dell’espansione insieme a Pandaria sono ovviamente i Pandaren, su cui urge una precisazione.
Pandaria, non Pandamonio
Il primissimo commento quando fu annunciata l’espansione che la maggior parte della community ha proferito suonava più o meno così: "Ma è Kung Fu Panda!". Mezzo mondo ha gridato al plagio. E mezzo mondo ha sbagliato, senza dubbio, perché tra il capolavoro Dreamworks e la prima apparizione di Chen Stormstout, Mastro Birraio Pandaren specializzato, guarda un po’, in arti marziali e inconfondibilmente cinese, in "Warcraft 3: The Frozen Throne" sono passati quasi 6 anni, con il gioco Blizzard ad essere apparso per primo. Fugato questo breve dubbio, ne affrontiamo subito un altro. No, WOW non è diventato un gioco per bambini, anzi. Se dal lato meramente estetico siamo passati dal drago dal corpo dilaniato che semina distruzione in giro al "panda batuffoloso che ama il Kung Fuuuuuuuuu" (e anche qui ci sarebbe da discutere?), le tematiche sono molto più oscure della semplice lotta contro il cattivo, il tono è più introspettivo e incentrato sull’idea del conflitto, sia interiore che vero e proprio, concetto che i Pandaren hanno affrontato millenni fa e che pensavano di aver superato, fino al contatto con le altre razze di Azeroth.
Si può dire che per certi versi il gioco Blizzard è maturato, ma con un aspetto esteriore a metà tra il fan service e l’adozione di un’immagine comunque popolare. Sul piano del gioco vero e proprio, l’introduzione dei Pandaren comporta l’aggiunta della razza alle fila sia dell’Alleanza che dell’Orda, con i novelli panda chiamati a scegliere a quale fazione essere fedeli al termine della loro permanenza sulla Wandering Isle (intorno al livello 15). Ma c’è un’altra grande aggiunta che i Pandaren portano con sé: la nuova classe del monaco. Sembra infatti che i nostri soffici nuovi amici abbiano insegnato le loro arti a quasi tutte le razze del mondo di Warcraft, e così entra in gioco la classe del monaco, capace di ricoprire qualsiasi ruolo della famosa "trinità" degli MMO. Si tratta di una specializzazione che ha come sistema uno molto vicino a quello del rogue, ma con alcune differenze sostanziali e una forte sinergia tra le varie abilità. La sensazione finora è che la classe sia ben bilanciata sul piano PvE, mentre è ancora presto per pronunciarsi sul PvP, dato che chi si presenta alla guida di un monaco sconta ancora un’ovvia mancanza di dimestichezza e quindi ancora non si può avere un paragone totalmente attendibile tra le classi. Sicuramente, comunque sono due aggiunte molto gradite e tra l’altro a lungo attese dai fan, che attendono i Pandaren dai tempi della prima espansione e il monaco ad essere generosi dall’annuncio di "Diablo III". Ma un’ondata di novità ha investito tutte le classi, con un revamp completo degli alberi dei talenti, che ora sono ridotti a 6 tier, da cui scegliere una di tre possibilità ogni volta. Non esistono più talenti obbligatori, ma solo scelte in base a ciò che più ci aggrada. I potenziamenti un tempo indispensabili per la nostra specializzazione sono ora integrati nel normale percorso di crescita del personaggio.
Gotta Pand’em all
L’altra maggiore aggiunta all’ormai collaudatissimo impianto di WOW è costituita dalle Pet Battles, battaglie tra i nostri compagni animali e gli altri animali nel mondo, o altri "allenatori". Vi ricorda qualcosa? La formula ricorda estremamente da vicino il capolavoro di Satoshi Tajiri ma più che un plagio ha il sapore di una gradevole aggiunta, un vero e proprio minigioco nel gioco. Non ci sono grandissime ricompense, se non la gloria, gli achievement e la possibilità di espandere la propria collezione, ma tutto ciò che permette di ampliare l’esperienza per di più in un modo di qualità, è più che ben accetto. Inoltre la collezione di compagni animali è condivisa tra tutti i nostri personaggi, e lo stesso discorso vale per le cavalcature e soprattutto gli achievement. Terminati sono i giorni in cui si conquistava ogni obbiettivo su ogni singolo personaggio e si diventava idioti per cercare di regalare il Proto Drago Viola a tutti i propri eroi, ora i nostri avatar contribuiranno tutti insieme verso il traguardo.
Corpose e molto desiderate novità hanno ovviamente colpito anche l’endgame. Oltre alla solita schiera di dungeon e raid nuovi, abbiamo la revisione di due dungeon della vecchia guardia (Scarlet Monastery e Scholomance) così come fu per Cataclysm e soprattutto l’introduzione degli Scenari e del Challenge Mode. Gli Scenari altro non sono che catene di quest in ambienti istanziati, che permettono con un gruppo di minimo 3 giocatori, non vincolato nella composizione, di vivere particolari momenti della storia. In parole povere pensate ad una normale instance, affrontabile però in 3 e senza dover essere per forza divisi nei ruoli classici della trinità. Al momento è disponibile solo lo scenario della Caduta di Theramore, ma con il passare delle varie patch ne verranno aggiunti molti altri. I Challenge Mode invece sono versioni dei dungeon a 5 uomini in cui le caratteristiche dei giocatori vengono limitate in modo da rendere il tutto ovviamente più impegnativo e quindi portare la sfida a dover essere affrontata non con la forza bruta del proprio equipaggiamento, ma con la propria abilità e col gioco di squadra. A seconda del tempo impiegato per completare il dungeon, si otterrà un trofeo di bronzo, argento od oro, e si potrà entrare nella speciale classifica, per puntare a restare negli annali di WOW. Per il PvP invece, si registra l’introduzione di due nuovi Battleground, con modalità che sono delle piacevoli varianti di quelle classiche che ormai tutti conosciamo, e la prosecuzione dell’Arena, con nuovi scenari a disposizione e una sostanziale revisione soprattutto del parametro di resilienza, che dovrebbe portare ad un allungamento dei tempi delle sfide. Aggiungete nuove quest giornaliere (senza più il limite di quest affrontabili ogni giorno), nuovi livelli e materiali per tutte le professioni, nuove fazioni per cui guadagnare reputazione e capirete che anche stavolta di carne al fuoco ce n’è veramente tantissima.
Noio volevon savoir
Ma quella che forse è la più grande novità per i giocatori tricolore è che con "Mists of Pandaria" è stato rilasciato anche il client totalmente localizzato in italiano. Per la prima volta la barriera dell’inglese è stata abbattuta, e chi finora non si è avvicinato a Warcraft per questo motivo, ora ha la possibilità di non perdersi nemmeno una virgola di quello che succede. Blizzard ha fatto un ottimo lavoro in fase di localizzazione (con tanto di adattamento ad esempio dei nomi degli achievement, da sempre pieni di citazioni e giochi di parole), ma per certi versi fin troppo meticoloso. E’ infatti un colpo al cuore la decisione di tradurre letteralmente anche i nomi dei luoghi e dei personaggi storici della saga (siamo sinceri, Garrosh Malogrido, Malfurion Grantempesta e la città di Roccavento, giusto per citarne tre, sono un discreto pugno in un occhio), oltre che foriera di confusione qualora un giocatore decidesse di leggere i romanzi usciti finora in cui non troverebbe nessun nome corrispondente. Fa altrettanto sorridere la scelta di riprodurre lo stile di Blizzard di caratterizzare le voci delle varie razze con diversi accenti, che però in italiano diventano i dialetti nostrani, come il napoletano per i troll. Sul fronte video invece, sempre ottima la resa dei panorama e degli effetti dei vari incantesimi. I modelli dei personaggi invece continuano a risultare datati, soprattutto quelli delle razze base, e il confronto con le animazioni dei Pandaren risultano piuttosto impietosi. Blizzard ha però dichiarato di essere al lavoro su un update dei modelli, quindi aspettiamoci di vedere presto delle nuove versioni anche delle razze storiche.
"World of Warcraft: Mists of Pandaria" parte sotto ottimi auspici, e sembra capace di togliere un po’ di polvere dal blasone dell’MMO di Blizzard, che paga al momento una conclusione dell’arco di Cataclysm un po’ discutibile. Il vento della novità si fa sentire da subito, non solo grazie alla nuova ambientazione, ma anche ad una grande ricchezza di aggiunte in ogni angolo del gioco. Difficilmente in questa espansione ci si ritroverà senza idee sul da farsi. Questa espansione ovviamente, come tale, non è altro che un "more of the same", ma visto da dove viene non ci si può assolutamente lamentare. Fate un bel respiro, liberate la mente, un sorso di birra e siete pronti a partire. Pandaria vi aspetta? e no, non chiedete del Maestro Shifu!