Una delle tradizioni nipponiche più celebri è senz’altro quella dei “mecha”, meglio noti volgarmente come “robottoni”. Nei videogiochi questa categoria ha sempre mantenuto intatto il proprio fascino, anche nei momenti meno luminosi della storia di questo sottogenere. Molte sono le serie famose, soprattutto in Giappone, come Super Robot Taisen (conosciuto anche come Super Robot Wars ), Virtual On o la decaduta saga di Armored Core . Un’altra serie, abbastanza conosciuta in passato anche in occidente, era quella di Front Mission , che ci proponeva combattimenti strategici a turni con protagonisti i “mecha” (un gameplay piuttosto simile a quello di Super Robot Taisen ). Dopo essere caduta un po’ nel dimenticatoio, Square Enix , storica sviluppatrice della saga, ha deciso di riportarla in auge in questa generazione di console, approfittando in un certo senso della sostanziale assenza di rivali competitivi, soprattutto dopo i deludenti Armored Core 4 e Armored Core for Answer . Abbandonando il gameplay strategico a turni, ritenuto probabilmente troppo statico e poco attinente al panorama ludico odierno, la serie abbraccia per la prima volta l’approccio action. Sarà stata una mossa azzeccata? Scopriamolo assieme.
2171, il pretesto per la battaglia
Come da tradizione per questa tipologia di giochi, il plot si rivela piuttosto fiacco e prevedibile, svolgendo la mera funzione di raccordo tra un combattimento e l’altro. Nel 2171 le guerre non si combattono più sulla Terra, ma in orbita. Un bel giorno, un ascensore orbitale viene abbattuto e New York rimane “vittima” di un attentato terroristico organizzato in grande stile. Il padre del nostro protagonista, Dylan Ramsey , muore durante l’attacco. Ramsey senior progettava alcuni componenti dei Wanzer , potenti robot da combattimento, mentre il figlio si occupa dei test e della loro messa a punto. Nel tentativo, disordinato, di salvare il padre, Dylan si imbatte in alcuni dei terroristi responsabili della morte del genitore. Dopo aver combattuto, per caso, con l’esercito, nel tentativo di vendetta immediata, viene arruolato ufficialmente. Da quel momento in poi affronteremo le operazioni belliche atte ad evitare lo scoppio di un conflitto tra superpotenze, in una situazione diplomatica molto delicata. Questa, in sintesi, la trama di Front Mission Evolved , che ovviamente farà ricorso anche a vari cliché, come il legame sentimentale tra Dylan e Adela, e il passato burrascoso di lei che pian piano tornerà a galla. Nel complesso la storia si lascia anche seguire, nonostante la sensazione di “già visto” sia onnipresente e i personaggi siano stereotipati all’inverosimile. Fa specie la scelta di caratterizzazione dei personaggi “all’occidentale”, evidentemente per aumentare l’appeal nei mercati europei e statunitensi, nonostante si tratti di una produzione totalmente nipponica.
Un gameplay settabile e affidabile
Non bisogna inventarsi niente, i mecha li conosciamo bene, almeno sulla carta. Per cercare di rendere il gameplay immediato e piuttosto profondo al tempo stesso, gli sviluppatori hanno optato per una suddivisione specifica dei tasti. Nel caso della versione Xbox 360 da noi testata, i quattro dorsali, con modalità diverse, sono assegnati alle armi, la A per saltare e rimanere sospesi in aria per qualche secondo, se premuto nuovamente, e la B per scattare. La Y ci permetterà di attivare l’Edge, un sistema che ci permetterà di rallentare la percezione del tempo, ma sarà attivabile solo in alcune circostanze. Diciamo da subito che, per la prima volta in questa generazione di console, avremo un robot che si comporterà in modo accettabile. A differenza dei disastrosi Armored Core , guidare i wanzer (questo il nome dei mecha) sarà divertente ed intuitivo sin da subito. La risposta ai comandi, in barba alla tutt’altro che leggera massa del robot, è alquanto precisa, così come la fisica (per quanto se ne possa parlare in un gioco del genere). Avremo in basso a sinistra un indicatore di cui tenere conto, che ci segnalerà sia i danni alla nostra armatura che lo stato di surriscaldamento. Scattando o restando in volo faremo surriscaldare il wanzer: se dovesse succedere, passeremo alcuni lunghi secondi d’attesa fino a quando le sue funzioni non saranno ristabilite. Le quattro armi settabili, dalla varietà non indifferente, andranno posizionate sopra le spalle e le braccia. Dai mitragliatori ai lancia missili guidati, senza escludere gli attacchi fisici, potremo impostare questi parametri a nostro piacimento; finanze permettendo naturalmente.
Ogni volta che andremo avanti nella storia, distruggendo nemici o completando le missioni, potremo tornare in ogni momento nell’hangar per comprare nuovi pezzi. Se la personalizzazione dovesse risultare troppo impegnativa (dovremo tenere conto di forza e peso, affinchè il mecha continui a camminare) potremo anche comprare dei modelli già assemblati (su cui comunque potremo rimettere mano in futuro). Una soluzione intelligente e variegata: dal wanzer cecchino, da attacco violento o ingegnere, avremo sicuramente (proseguendo nella storia) ampia scelta. Molte volte le missioni stesse ci imporranno un determinato tipo di “mecha” piuttosto che un altro, come il wanzer “quadrupede” al posto di quello “bipede” per esempio, variando minimamente anche la giocabilità stessa. Potremo addirittura effettuare modifiche puramente estetiche, come aggiungere decalcomanie al nostro mezzo. Parlando in termini di varietà del gameplay duro e puro, Square Enix ha cercato di differenziare l’esperienza, offrendo dei momenti “di stacco”. Alcune volte saremo chiamati a brevi, e tutto sommato riuscite, missioni sparatutto a terra, in terza persona. Escludendo la mancanza di un sistema di coperture, queste parti, ripetiamo mai troppo lunghe o difficili, riescono nel loro intento. Altre volte, da un mezzo volante, dovremo sparare ai nemici per aprire varchi. Del resto è difficile ottenere una grande varietà in un gioco di lotte tra robottoni, nessuno di noi si aspetta vedere dei mecha che recitino Shakespeare o che guidino giganteschi kart su improbabili tracciati. Front Mission Evolved “il suo” lo fa bene, pur dovendo fronteggiare dei limiti fisiologici evidenti che porteranno a sparare o “picchiare” altri wanzer, con varianti minime ma pur sempre presenti. Insomma, se tenete d’occhio un gioco come Front Mission , sapete cosa aspettarvi.
Aspetto tecnico e longevità
Il motore di gioco garantisce un frame rate granitico anche nelle situazioni più concitate (e ve ne sono a iosa). La caratterizzazione dei wanzer non è molto originale, ma il numero di poligoni utilizzati per definirli è buono, esaltato dalle belle cut-scene che ne evidenzieranno dettagli e interni. Le esplosioni e altri effetti di contorno risultano invece un po’ superficiali, ma il tutto rientra nell’ottica di una fluidità di gioco sempre stabile, senza intasare troppo il calcolo con effetti particellari complicati. Inoltre, una maggiore interazione con l’ambiente non avrebbe guastato, ma in ogni caso il comparto visivo si dimostra discreto. Il sonoro è popolato da musiche anonime ed effetti ambientali piuttosto grezzi, ma riequilibrato da un doppiaggio in inglese ben realizzato. La longevità del gioco, che in alcuni punti si rivela anche abbastanza ostico, varia tra le 8 e le 10 ore. Per chi fosse interessato, da annotare che Front Mission Evolved è un titolo generoso dal punto di vista degli Obiettivi da sbloccare. Il gioco, infine, propone un multigiocatore online in teoria interessante ma che, purtroppo, non siamo riusciti a testare, per colpa probabilmente della scarsa diffusione del gioco stesso.
Conclusioni
Front Mission Evolved è l’unica alternativa possibile per un appassionato di combattimento tra mecha (o mech, all’inglese). Una storia lineare e banale ma che si lascia giocare ed è capace di divertire, grazie ad un gameplay affidabile e che azzarda anche qualche variazione sul tema (brevi e rare sezioni di sparatutto in terza persona, non profonde ma comunque non fastidiose). Peccato per il multigiocatore in rete poco diffuso (ma non è detto che in futuro non diventi frequentato), che avrebbe potuto far lievitare la valutazione. Nel complesso, se amate il genere fateci un pensierino. Non ci troviamo di fronte a un capolavoro, ovviamente, ma ad un dignitoso rappresentante di un genere sempre più sulla strada dell’estinzione ludica.