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Non è un’impresa facile passare alla storia. Che si tratti della storia dei videogiochi, quella del cinema o dei tostapane elettrici, imporsi sul mercato e divenire memorabili è qualcosa di tremendamente difficoltoso – specialmente giorno d’oggi. Se, poi, si scende ancor più nello specifico, magari nel vetusto e disgraziato mondo dei punta e clicca, allora la faccenda si fa ancora più complicata. È triste dover passare per dei vecchi bacucchi, scrivendo che “si stava meglio quando si stava peggio”, ma è pur vero che delle grandi icone del videogioco è rimasta solo l’ombra. Indiana Jones sembra essere morto prima di Harrison Ford, e del buon vecchio Guybrush a stento ci è rimasto qualcosa. Insomma, sono tempi duri per chi ha passato i propri pomeriggi a svitare bulloni usando una scimmia.

Orizzonti ritrovati?

È con un pizzico di speranza – e di fiducia -, quindi, che ci siamo avvicinati a Lost Horizon , promettente avventura grafica sfornata dai tedeschi di Animation Arts, già noti agli avventurieri per i due discreti Secret Files. L’intenzione, almeno sulla carta, infatti, era quella di proporre ai videogiocatori un personaggio carismatico, un nuovo beniamino, capace di rinverdire i ricordi più nostalgici ed entusiasmare i giocatori più curiosi ed esigenti: Fenton Paddock; residente ad Honk Hong, una volta ufficiale dell’esercito di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra, ora responsabile di una ditta import/export fai-da-te (leggasi contrabbandiere), con un debole per il gentil sesso e dallo humor inglese particolarmente spiccato. Grossomodo, una sorta di novello Indiana Jones in salsa agrodolce. Almeno questo, nelle intenzioni, era lo scopo di Animation Arts, che per l’occasione ha vestito a festa il motore grafico di Secret Files, arricchendolo con fondali altamente definiti e ben disegnati, mai statici e sempre ben integrati con i modelli tridimensionali dei personaggi (purché si attivi l’antialiasing) che animano gli scenari, i quali spaziano dalle piovose strade della Honk Hong degli anni ’40, fino alle alpi bavaresi. La trama, non originalissima ma narrata in modo discreto, si rifà in maniera generale all’omonimo romanzo di James Hilton, strizzando l’occhio con discrezione a “Indiana Jones: L’ultima Crociata”, con intrighi di natura storico-archelogica, antichi misteri e, naturalmente, crucchi arrabbiati. I dialoghi sono spassosi, e gli sforzi profusi dai game designer di Lost Horizon hanno fatto sì che ogni personaggio fosse ben delineato, mostrando – specialmente nei primi capitoli di gioco – una cura per il background della sceneggiatura rimarchevole.

Purtroppo l’attenzione per il dettaglio va via via scemando, (paradossalmente) con l’infittirsi della trama e il dipanarsi degli eventi, riducendo un cast di personaggi promettenti a semplici comprimari. Anche Fenton , il protagonista, lascia il tempo che trova con gag, battute e quant’altro che, pur risultando spassose, non si fregiano di particolare originalità o incisività, forti di una caratterizzazione ben limata, ma superficiale.

Giocare a salvare il mondo

Fenton , inviato in via straordinaria in una missione di salvataggio altamente rischiosa, si ritroverà invischiato in numerose situazioni spiacevoli, spesso dovute ai “classici” imprevisti da avventura grafica. Naturalmente, come ogni buon avventuriero avrà già immaginato, le uniche armi a sua disposizione saranno astuzia e ingegno. Non sarà raro ritrovarsi costretti a fabbricare oggetti con mezzi di fortuna, o a dover risolvere qualche rompicapo per aprire una porta o, magari, ripristinare la corrente.

In linea di massima, dunque, Lost Horizon si presenta come il più classico dei punta e clicca, in piena tendenza con i canoni standard del genere, eccezion fatta per alcune trovate particolari che, per quanto non rivoluzionarie, né sviluppate a pieno, riescono a donare varietà a dinamicità ad un quadro generale altrimenti eccessivamente statico e privo di mordente.

Da segnalare, infatti, la non linearità di alcuni enigmi, spesso regolati dall’esito di interi dialoghi, o comunque in base agli oggetti a disposizione di Fenton . Sfortunatamente si tratta di casi isolati, quasi unici, e comunque sia ben poco rilevanti per quanto concerne il gameplay: nella maggior parte dei casi si tratterà di utilizzare un oggetto piuttosto che un altro, o di scegliere una risposta diplomatica anziché una più cruenta. Del resto, sia la trama che l’andamento generale degli scambi di battute sono decisamente lineari, così come il susseguirsi dei fondali e delle ambientazioni (“vivisezionabili”, tra l’altro, grazie ad un comodo tasto che mostra gli hot spot, ovvero le parti dei fondali con le quali si può interagire).

Inoltre, talvolta Paddock si troverà costretto a collaborare con alcuni personaggi, grazie ai quali potrà divincolarsi dalle situazioni più complesse. Sarà possibile interagire oralmente con i comprimari, chiedendogli di fare qualcosa per noi, controllarli direttamente – in modo da raggiungere aree altrimenti inaccessibili per Fenton – o magari barattando gli oggetti utili. A queste piacevoli (e sporadiche) sezioni si accostano alcuni piccoli puzzle, dei quali sarà possibile regolare la difficoltà.

Sfortunatamente, però, tutte queste belle trovate appaiono generalmente implementate male, spesso in chiave eccessivamente semplicistica o comunque in maniera estremamente lineare. Allo stesso modo, la stragrande maggioranza degli enigmi è priva di mordente, a causa di un livello di difficoltà evidentemente tarato verso il basso: spesso e volentieri procedere per tentativi o ragionare per qualche minuto (gli scenari non sono poi così dispersivi) sarà sufficiente per procedere. Di sicuro, i veterani lo troveranno esageratamente facile.

Cosa si vede all’orizzonte

Lost Horizon è un titolo colmo di buone idee, contornate da una trama interessante e personaggi piacevoli. Purtroppo, nulla di quello che si vede a schermo è approfondito quanto si vorrebbe: in linea generale, tutto va deperendo con l’avvicinarsi dei titoli di coda. Ciò che si mantiene sempre su livelli più che buoni, invece, è il comparto tecnico, grazie a un buon doppiaggio inglese e dei fondali ben disegnati, anche se non particolarmente ispirati; unico neo è rappresentato dalle animazioni, spesso troppo legnose.

Animation Arts ci prova, ma non riesce a fare centro. Attinge a piene mani dagli orizzonti perduti delle avventure grafiche, ma lo fa con poca decisione. Di sicuro Lost Horizon è un titolo valido, ma non all’altezza delle pietre miliari del genere. Forse, minor indugio in fase di sviluppo avrebbe garantito un prodotto di maggiore impatto.

CI PIACE
Situazioni variegate
Fondali piacevoli
Diverse buone idee ...
NON CI PIACE
...ma mal sviluppate
Enigmi di facile risoluzione
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