Con principi persiani, agenti speciali dell’intelligence americana e cloni senza sentimenti intenti a tenere occupati i giocatori di tutto il mondo, ormai il tanto vasto quanto variegato mercato del videogioco si era praticamente dimenticato del timido universo di Rivellon.
Per chi non se ne ricorda, o per chi non lo ha mai sentito nominare affatto, si da il caso che Rivellon sia stato teatro di due splendidi ActionRpg bidimensionali, Divine Divinity e Beyond Divinity (che se mancano alla vostra collezione vi consigliamo caldamente di reperire da qualche asta su Ebay), il cui scopo è stato, almeno a detta dei creatori, quello di unire le meccaniche di combattimento di Diablo alla profondità e all’atmosfera dei Gdr Bioware, che solo negli ultimi tempi hanno debitamente ritrovato la fama perduta un paio di lustri fa.
Ebbene, emerso dal dimenticatoio, il progetto di Larian Studios ha visto finalmente la luce.
IL SOLE RISORGE A RIVELLON
A prima vista Ego Draconis potrà sembrare tutto un altro gioco rispetto ai suoi predecessori, ma fin dalle prime fasi successive al tutorial i fan della serie potranno apprezzare quanto lo stile e l’atmosfera non siano state minimamente scalfite dal tempo: anzi, la veste grafica del tutto nuova (renderizzata dal coloratissimo motore di Oblivion) ne ha accresciuto la varietà e le potenzialità, dando finalmente all’epico mondo di Rivellon i paesaggi che meritava.
Ed è proprio conservando la propria personalità e il proprio impeccabile carisma intriso di ironia rassegnata, che il nuovo capitolo della serie Divinity ci presenta tutte le novità che lo distinguono non solo dai precedenti capitoli della saga, ma anche dalla stragrande maggioranza degli ActionGdr a cui ci siamo abituati in questi anni. Già durante i primi timidi passi che muoveremo tra le sconfinate lande del gioco, infatti, avremo modo di apprezzare le doti innate (e innestate) del nostro alter ego, generosamente conferitegli dal suo particolare addestramento, e dal suo altrettanto particolare lignaggio.
Cominceremo infatti a giocare proprio al termine dei nostri lunghi allenamenti durati una vita intera, e dedicati esclusivamente alla ricerca e all’uccisione dei draghi, creature tanto odiate dalle parti di Rivellon a causa di antiche ‘divergenze di opinioni’ che vi lasceremo scoprire da soli. In quanto membri dell’ordine degli Uccisori di draghi, dunque, verremo sottoposti al rituale di ‘fine addestramento’, grazie al quale otterremo capacità e doti soprannaturali, come la possibilità di vedere i fantasmi, sacrificando in cambio tutti i nostri ricordi: un espediente sufficientemente valido per spiegare perché nel corso delle prime ore di gioco anche una pantegana potrà mettere in crisi un eroe allenatosi a combattere i draghi per tutta una vita.
DALLE LUCERTOLE DA CORTILE AI DRAGHI SPUTAFUOCO
La prima cosa che faremo sarà quella di selezionare il sesso del nostro personaggio, e poi plasmarne l’aspetto a nostro piacimento.
Dunque, senza farci troppe domande su quanto possa rivelarsi una decisione intelligente buttare alle ortiche anni e anni di duri allenamenti, al termine del tutorial verremo chiamati a selezionare una delle tre classi disponibili: l’arciere, il mago o il guerriero. Fortunatamente per i più indecisi, però, la scelta compiuta a inizio partita non determinerà in modo inevitabile il nostro destino: difatti le tre classi si differenzieranno tra loro solo nelle abilità di partenza, consentendoci, di fatto, totale libertà di scelta e di personalizzazione del nostro eroe, che nelle fasi più avanzate potrà tanto risultare essere un ibrido tra le varie professioni, quanto un esperto in una sola delle tre ‘discipline’.
Comunque, a prescindere dal cammino che intenderemo intraprendere, per progredire nel corpo e nell’anima occorrerà guadagnare punti esperienza (com’è da tradizione di ruolo), attraverso i quali potremo passare di livello. Ogni volta che lo faremo, otterremo 4 punti da distribuire a nostra discrezione tra le varie caratteristiche psico-fisiche del nostro personaggio (forza, vitalità, destrezza, spirito e intelligenza), e un ulteriore punto con cui incrementare una delle nostre abilità, o che potremo spendere per impararne una nuova. A differenza della maggior parte dei gdr d’azione, però, Divinity 2 abbandona la mappatura ad albero delle abilità, ponendo come unico freno alla crescita delle nostre capacità un livello minimo richiesto per accedere a ciascuna skill. Per aumentare ulteriormente i livello massimo di ciascuna di esse, invece, avremo bisogno di pagare un addestratore che ci spieghi come affinare le nostre conoscenze.
Alle abilità standard si accosteranno poi i talenti speciali sopracitati, conferiti per l’appunto dal rituale. Alcune di essi saranno passivi, come la possibilità di vedere i fantasmi, mentre altri saranno attivi. Tra queste ultime ce n’è una che, su tutte, influenza particolarmente le partite di Divinity 2, differenziandolo dai suoi concorrenti, dal momento che ci consentirà di leggere nel pensiero dei personaggi non giocanti, previo il sacrificio di una certa quantità di punti esperienza. Grazie ad essa potremo carpire informazioni preziose, talvolta persino necessarie per proseguire, altre veramente utili per guadagnare qualche moneta in più. In alcuni casi, addirittura, ci permetterà di accedere a intere quest-line! E, grazie ad un’ottima implementazione e integrazione nel sistema di gioco, risulta essere uno degli aspetti più riusciti del titolo Larian.
A FIL DI SPADA
Ego Draconis si discosta notevolmente dai propri predecessori, adottando un sistema di combattimento e di esplorazione totalmente differente. Se nei due precedenti episodi il nostro personaggio, inquadrato da una visuale isometrica, si muoveva attraverso un fondale bidimensionale grazie a pochi clic del mouse, ora dovremo controllarlo direttamente con la tastiera, con la telecamera posta alle sue spalle, quasi fosse un action. E in effetti, le modalità di gioco sono praticamente le stesse di un qualsiasi gioco d’azione: ad ogni nostro clic del mouse corrisponderà un fendente (o una magia, o un colpo di balestra), e le abilità speciali che utilizzeremo (riunite tutte nella classica barra a dieci slot) verranno attivate in prossimità del nostro eroe, o almeno in corrispondenza di dove terrete puntato lo sguardo.
Questo sistema di gioco immediato e frenetico dona ai combattimenti di Ego Draconis la giusta commistione tra classico e innovativo, permettendo ai feticisti degli hack’n’slash di continuare a divertirsi con un sistema di gioco collaudato, ma dando allo stesso tempo l’opportunità ai giocatori ‘next-gen’ di evitare l’obsoleto ‘resta a guardare’ tipico del genere. Tra l’altro, tale sistema di controllo richiede un impegno notevolmente superiore a quello dei capitoli precedenti: occorrerà infatti coordinare ogni colpo sferrato con il successivo, evitando di cliccare a raffica a destra e manca. In tal modo i combattimenti risultano sempre dinamici e quasi mai ripetitivi e macchinosi, garantendo un discreto tasso di divertimento pur evitando di degenerare in meccaniche di stampo eccessivamente Action.
A tutto questo si aggiunge la canonica possibilità di utilizzare le varie abilità attive, il cui uso è limitato dai punti Mana che avremo a disposizione. Come da tradizione, inoltre, le abilità in questione necessiteranno di un certo numero di secondi di ricarica prima di poter essere nuovamente utilizzate.
Si tratta di un sistema di gioco semplice, collaudato e fortemente classico, ma allo stesso tempo egregiamente implementato e mai noioso o monotono. Tanto più che i cadaveri dei nemici saranno sempre traboccanti di tesori, come accade in ogni Gdr che, come Divinity II, fa leva sulla bramosia di ogni buon giocatore di ruolo per spingerlo a combattere contro ceffi sempre più brutti e minacciosi.
Anche l’inventario è costruito ad hoc sulla base di questo concept, data la sua natura priva di limitazioni di peso d’ogni sorta, o della tristemente nota ‘sindrome di tetris’ che da anni affligge il mercato dei giochi di ruolo: unica vostra limitazione sarà infatti il numero degli slot disponibili per ammassare le vostre cianfrusaglie, che comunque è possibile aumentare attraverso la progressione di abilità apposite.
Oltre a queste simpatiche e (più o meno) innovative trovate, Divinity II non smentisce la sua natura di Gdr classico, guardandosi bene dal non deficitare delle caratteristiche ormai rodate che fanno un buon gioco di ruolo moderno tale. Potremo infatti dedicarci alla nobile e gentile arte della negromanzia, o dilettarci nell’alchimia, passando metà delle ore di gioco a raccogliere e impastare le piante più improbabili. Allo stesso modo potremo incantare i nostri oggetti, o dedicarci alla nobile arte del saccheggio incondizionato delle casse e i barili disseminati per le città (misteriosamente non perseguita dalla legge, tra l’altro).
RIVELLON IN PILLOLE
Le nostre rocambolesche avventure si svolgeranno in varie regioni di Rivellon, che visiteremo a seconda delle esigenze del filone principale. Esse sono racchiuse in ‘blocchi’ che le dividono l’una dall’altra: in soldoni si tratta di gigantesche mini-mappe completamente esplorabili, tra le quali potremo spostarci a piedi o tramite teletrasporto. Non vi accorgerete delle limitazioni strutturali delle aree di gioco, in quanto saranno sufficientemente dense di quest ed abbastanza vaste da distrarvi ampiamente dai loro stessi confini: noi non ci abbiamo per niente fatto caso, in sede di prova.
Il vero problema è la mappatura, spesso imprecisa o poco dettagliata. Non di rado ci è capitato di non trovare PNG fondamentali e di girovagare in eterno alla loro ricerca, o di non riuscire a scovare il portale di teletrasporto di cui avevamo bisogno, semplicemente perché non erano segnati sulla mappa!
Fortunatamente, saremo costretti a familiarizzare bene con i territori che visiteremo, complici le numerose quest, che ci terranno un bel po’ impegnati a gironzolare più o meno ovunque. Il gioco vanta di numerose missioni di complessità altalenante e di discreta varietà, offrendo una buona quantità di ore di gioco aggiuntive alle quest principali.
Otterremo i vari incarichi, com’è prevedibile, attraverso i dialoghi, salvo alcune rare occasioni. La maggior parte di essi ci consentirà di rispondere a nostro piacimento, secondo tradizione della serie. Tuttavia, benché la qualità delle chiacchierate sia più che discreta, abbiamo notato quanto sia ‘fittizia’ la libertà di scelta nelle risposte: il più delle volte, non vi sarà alcun modo di influenzare gli eventi attraverso le battute scelte per il nostro protagonista. In compenso però, Divinity II vanta di un doppiaggio (in inglese) veramente ottimo, condito tra l’altro da un taglio piuttosto cinematografico donato da un sapiente uso delle inquadrature.
DRAGHI E TORRI
Ciò che più di tutto però rende Divinity II assolutamente diverso da qualsiasi altro gioco di ruolo, sono per l’appunto le doti innate che l’eroe acquisirà progressivamente in concomitanza con il proseguio della trama. E se alcune di esse non saranno poi così indispensabili (per quanto utili), altre costituiranno l’unico mezzo per avanzare nella main quest.
È molto piacevole notare, tra l’altro, come l’acquisizione di queste abilità sia perfettamente integrata non solo con il sistema di gioco, ma anche con la vicenda narrata stessa, offrendoci la possibilità di fare pratica con i nuovi elementi della giocabilità in ambienti istanziati e protetti da ogni pericolo, mentre il Personaggio Non Giocante di turno ci guida e ci spiega le nuove meccaniche di gioco introdotte.
È il caso della capacità speciale che otterremo quasi fin da subito, e che caratterizzerà il nostro eroe in modo inequivocabile: la possibilità di trasformarsi in un drago. Sì, avete capito bene: non solo ci siamo giocati una quindicina d’anni d’addestramento per imparare ad ammazzare draghi, ma ora scopriamo pure che non ci sono serviti a niente! Sorvolando (in sensi figurati e non) su cotale quantità di ‘sfiga’ del nostro beniamino, ce ne faremo facilmente una ragione, dal momento che la forma fisica alternativa ci consentirà una potenza non indifferente, oltre che alla non trascurabile opportunità di svolazzare in giro per Rivellon.
Potremo tuttavia mutare d’aspetto solo quando saremo all’aperto, in luoghi abbastanza spaziosi, e soprattutto non sotto l’influsso di determinati incantesimi che impediranno la trasformazione in particolari aree o momenti del gioco.
Come converrete sicuramente con noi è una trovata più che geniale, che ribalta completamente il concetto di combattimento nei Gdr d’azione, offrendo tutta un’altra prospettiva di gioco. Ed ecco che, finalmente, Rivellon si presenta come primo reame fantasy ad avere una fauna aerea decente, che va al di là dei Cliff Ricer di Morrowind o dei draghi non volanti di Neverwinter Nights.
Sfortunatamente, quando in forma draconica sarà impossibile attaccare i nemici appiedati, così come sarà impossibile attaccare qualsiasi creatura volante quando saremo in forma umana. È una scelta discutibile, ma azzeccata: in tal modo, saremo costretti ad mutare continuamente le nostre sembianze, evitando improbabili situazioni in cui saremmo (volentieri) rimasti in forma lucertoloide per tutta la durata del gioco. Tanto più che potremo equipaggiare il rettile con armi, armature, e oggetti magici, oltre che a poterne accrescere il potenziale distruttivo acquistando apposite abilità.
Potremo sfruttare le ali non solo per muoverci più velocemente, ma anche per scovare aree segrete, raggiungere le ‘fortezze volanti’ (l’ultima moda in fatto di ‘rifugi per cattivi’) disseminate un po’ ovunque per il regno.
Gli spostamenti più gravosi, invece, sono compito (come già detto) del Teletrasporto, grazie al quale potremo anche raggiungere la Torre del Drago, di cui avremo modo di impadronirci a un certo punto della storia. Quest’ultima sarà completamente personalizzabile, e saremo liberi di assumere la servitù a noi più congeniale: dalle peggiori carogne ai più leali servitori. Potremo inoltre accedere a una serie di quest mirate a potenziare l’edificio o a sbloccare nuove opzioni di personalizzazione.
REALIZZAZIONE TECNINCA
Rivellon si presenta più che egregiamente grazie a GameBryo, il motore che ha dato vita al noto Oblivion. Come quest’ultimo, Divinity II conta sulla tecnologia Speedtree, che offre una renderizzazione degli ambienti naturali realistica e molto variegata. Il motore è stato evidentemente potenziato per l’occasione, e finalmente le ombre dinamiche sono state applicate a quasi tutti i modelli 3D visibili a schermo (tranne che ai PNG, purtroppo). Sfortunatamente però, queste nuove implementazioni non sono state accostate ad un’ottimizzazione all’altezza, con il triste risultato di vedere un motore piuttosto vecchio arrancare su sistemi su cui dovrebbe girare (in teoria) decentemente: sul nostro sistema di prova, dotato di un Intel Core Duo E6600, 2 GB di RAM e una vetusta X1950 pro, ha regalato ben poche soddisfazioni a dettaglio medio.
Si denotano tra l’altro fastidiosi e a volte persino spaventosi bug del sistema fisico, che più di una volta ci hanno indotto a cercare il numero de i Ghostbusters nella rubrica del cellulare.
Il sonoro piace ma non stupisce, con brani apprezzabili ma neanche tanto originali, e un doppiaggio ben al di sopra della media.
CONCLUSIONI
Ego Draconis è una sorpresa inaspettata, una fresca ventata d’aria nell’arido mondo dei Gdr d’Azione. Porta con sé una quantità impressionante di novità e innovazioni, tutte più o meno azzeccate e degne di nota, segno della grande esperienza dei ragazzi di Larian in questo campo.
La possibilità di trasformarsi è una trovata accattivante, che indurrà i più all’acquisto. È tuttavia evidente di come sia stata implementata cercando di non rivoluzionare troppo un sistema di gioco ormai rodato, cercando di non lasciar storcere il naso ai ‘tradizionalisti’: per alcuni giocatori sarà un bene, per altri una piccola delusione. Ma Divinity II fortunatamente ha moltissimi altri assi nella manica, che ne giustificherebbero l’acquisto anche senza la pluri-osannata capacità speciale: vanta infatti di quest piacevolissime, un sistema di gioco innovativo e un mondo fantasy da esplorare intriso di epicità e ironia. Dov’è la fregatura? Dovrete avere un PC piuttosto recente, per godervelo.