In un mercato videoludico sempre più affollato da sequel prevedibili e open world clonati, i piccoli studi indipendenti continuano a sorprendere con visioni originali, audaci e a tratti folli. Revenge of Savage Planet è l’ultima creatura dello studio Racoon Logic, team canadese rifondato dai ragazzi di Typhoon Studios, noti per aver dato alla luce il prequel del gioco che recensiremo oggi, ovvero quel Journey of Savage Planet che era riuscito a ritagliarsi meritatamente un nutrito seguito di appassionati che ne avevano apprezzato tanto il gameplay quanto la notevole direzione artistica. Con questo nuovo titolo, gli sviluppatori si cimentano in un ambizioso salto di genere, proponendo un’avventura in prima persona che fonde esplorazione, survival, satira e fantascienza biologica. L’intento dichiarato era quello di creare un mondo vivo, reattivo e profondamente “alieno”, sia nel senso narrativo che estetico. Il risultato è un’opera che, pur con qualche sbavatura tecnica, lascia un segno duraturo in chi la gioca. E lo fa con una voce forte, chiara, ironica e a tratti inquietante.

La storia scopritela da solo

La trama di Revenge of Savage Planet si snoda con un ritmo particolare, mai lineare, spesso lasciando il giocatore in balia del proprio intuito. Si veste inizialmente come una semplice missione di esplorazione: impersoniamo un ricercatore inviato su un pianeta appena scoperto per raccogliere dati e valutare la possibilità di terraformazione. Ma ben presto la missione si rivela tutt’altro che scientifica: Sylas scopre che il pianeta non solo è abitato, ma sembra ricordare, reagire e… vendicarsi. Tracce di una precedente spedizione scomparsa, strutture aliene ciclopiche e forme di vita che si evolvono dopo ogni incontro rivelano un mondo che ha già subito una colonizzazione, ed è sopravvissuto. Il fulcro narrativo ruota attorno a una coscienza planetaria frammentata, una forma di intelligenza collettiva che osserva il giocatore e lo costringe a fare i conti con le sue azioni. Il protagonista non è un eroe, ma una pedina in un gioco millenario tra forme di vita antiche e una galassia che ha dimenticato le proprie colpe. I colpi di scena, distribuiti tra monologhi interiori, scoperte ambientali e sogni indotti, portano la storia a svilupparsi in più livelli, regalando un finale aperto che invita alla rilettura e alla discussione. Un aspetto che, a parere di chi scrive, è capace di esaltare la trama è sicuramente quello legato alla narrazione ambientale: documenti, resti, simboli incisi su pietre viventi raccontano una storia tragica e maestosa, fatta di antichi cicli di colonizzazione, ribellione e rigenerazione.

Il protagonista stesso, inizialmente un esploratore inconsapevole, si ritrova al centro di un conflitto millenario tra specie dimenticate e intelligenze cosmiche. Gli sviluppatori hanno scelto di non fornire tutte le risposte, lasciando al giocatore il compito di ricostruire gli eventi, un approccio che richiama i migliori momenti del lore di Dark Souls o Outer Wilds. Eppure, a differenza di quei titoli, Revenge of Savage Planet inserisce elementi comici e assurdi, come robot che recitano Shakespeare o vermi cosmici innamorati di satelliti artificiali, in un equilibrio stranamente coerente con il tono generale del gioco.

Goditi il viaggio e pensa a esplorare

Il gameplay è dove Revenge of Savage Planet mostra la sua anima più sperimentale. Si parte con un equipaggiamento minimale, giusto qualche scanner e una pistola biologica che spara semi esplosivi, ma con il tempo il giocatore sblocca un arsenale sempre più assurdo e organico: rampini sinaptici, granate fotosensibili, maschere che permettono la visione attraverso i ricordi della fauna locale. Ogni oggetto ha più di un utilizzo e spesso funziona solo in certe condizioni ambientali, costringendo il giocatore ad adattarsi costantemente. Il cuore dell’esperienza resta però l’interazione con il mondo circostante: non si tratta solo di esplorare, ma di instaurare una forma di dialogo tattile con il pianeta. La flora può mutare in base alla frequenza sonora emessa dal giocatore, certi nemici si adattano al tuo stile di combattimento e alcuni territori si modificano se li attraversi in un certo ordine. La verticalità del level design è sfruttata magistralmente, grazie a biomi con gravità alterata, caverne che si chiudono alle tue spalle e canyon viventi che si spostano quando non li guardi.

L’intelligenza artificiale non è sempre perfetta, ma l’elemento imprevedibilità è così integrato nell’ecosistema che ogni sessione risulta diversa dalla precedente. Dal punto di vista tecnico, il viaggio di Revenge of Savage Planet si distingue per una direzione artistica coraggiosa: la resa cromatica, la scelta delle texture e la fluidità dei movimenti danno vita a un mondo che sembra dipinto con acidi e sogni disturbati. Le musiche, composte da Jun Park (già noto per il suo lavoro su Mindscape), spaziano tra ambient e tribal futuristico, con sonorità capaci di accompagnare tanto la contemplazione quanto il panico. Il doppiaggio è eccellente, soprattutto nella versione inglese, con un protagonista tormentato ma ironico che accompagna il giocatore con un tono ora sarcastico, ora amaro.

Stai attento a non inciampare

Nonostante l’ambizione e l’originalità che lo contraddistinguono, Revenge of Savage Planet non è esente da difetti, alcuni dei quali rischiano di compromettere l’esperienza per una parte del pubblico. In primo luogo, l’ottimizzazione tecnica lascia a desiderare su diverse piattaforme: anche su configurazioni di fascia medio-alta si registrano rallentamenti nelle aree più dense, con cali di frame rate improvvisi e sporadici freeze durante il salvataggio automatico. I caricamenti, sebbene non eccessivamente lunghi, spezzano talvolta il ritmo dell’esplorazione, specialmente quando si passa da una regione all’altra del pianeta.

Anche il sistema di crafting e potenziamento, sebbene ricco di possibilità, soffre di un’interfaccia poco intuitiva, con icone criptiche e menu stratificati che non aiutano l’immediatezza. Alcune meccaniche, come l’evoluzione adattiva dei nemici, risultano più frustranti che stimolanti nelle fasi avanzate del gioco, dove la difficoltà si alza bruscamente senza un bilanciamento adeguato. Inoltre, la narrazione ambientale, per quanto affascinante e apprezzata dal sottoscritto, rischia di lasciare molti giocatori disorientati se non si presta grande attenzione ai dettagli sparsi nel mondo, e la mancanza di un vero e proprio diario o sistema di tracciamento narrativo rende difficile seguire certi fili conduttori. Sono imperfezioni che non minano la qualità complessiva dell’opera, ma che avrebbero potuto essere limate con maggiore cura, soprattutto alla luce della profondità che il gioco ambisce a raggiungere. L’interfaccia, però, rimane il punto dolente: troppo caotica nei menù, poco chiara nei momenti più concitati, e con alcune scelte visive che penalizzano l’accessibilità.

Concludendo…

In conclusione, Revenge of Savage Planet non è semplicemente un altro gioco di esplorazione spaziale. È un’esperienza straniante, a volte disorientante, ma fortemente autoriale. Gli sviluppatori di Aurora Nomad hanno messo in piedi un’opera che rifugge le convenzioni, unendo satira, critica sociale, gameplay sperimentale e una narrazione densa di simbolismo. Non è un titolo per tutti: chi cerca un’azione frenetica e diretta potrebbe trovarlo troppo riflessivo, chi invece ama immergersi in mondi complessi e stratificati troverà qui pane per i suoi denti. Il messaggio di fondo è chiaro: non siamo gli esploratori eroici che ci piace credere di essere, ma ospiti in un universo che non ci deve nulla, e che potrebbe benissimo farci pagare il conto. Se avete il coraggio di perdervi — e forse anche di non capire tutto — Revenge of Savage Planet è un viaggio che vale ogni passo.

CI PIACE
  • Mondo vivo e reattivo
  • Stile visivo e sonoro pieno di personalità
  • Narrazione non convenzionale…
NON CI PIACE
  • …per qualcuno potrebbe risultare dispersiva
  • Interfaccia poco intelligibile
  • Tecnicamente altalenante
Conclusioni

Revenge of Savage Planet è un’avventura in prima persona che unisce esplorazione, survival e fantascienza in un mondo alieno vivo e ostile. Il giocatore interpreta Sylas Korr, un esploratore inviato su un pianeta misterioso che sembra reagire attivamente alla sua presenza. Tra biomi surreali, armi organiche e una narrazione frammentata ma profonda, il gioco racconta una storia di colonialismo, memoria e vendetta cosmica, il tutto condito da un tono satirico e visionario. Un’esperienza intensa, originale e non priva di difetti tecnici, ma capace di lasciare il segno.

8.7Cyberludus.com

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Studente di "Archeologia e Culture Antiche" all'università di Salerno, passa il suo tempo interessandosi di tante, troppe cose. Nulla però è in confronto della sua passione per i videogiochi, quasi insana. Predilige il gioco su PC, il retrogaming, gli RPG e gli strategici, ma non disdegna tutto il resto, ad esclusione dei simulatori di guida che evita neanche fossero debiti.

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