Il 2014 non è proprio stato l’anno dei miracoli per Ubisoft. Un “anno horribilis” nel del quale lo sviluppatorepublisher francese ha collezionato una ragguardevole quantità di batoste, tanto da parte della critica, quanto da quella di un pubblico sempre meno incline ad accontentarsi dell’accoppiata cappuccio-lama celata. In quest’oceano di negatività, The Crew si è affacciato sul mercato come titolo spartiacque, bandiera della nuova politica di review di Ubisoft e – almeno sulla carta – di una maggiore attenzione al beta feedback dei giocatori. Come sapete, molto spesso i peggiori disastri si fanno con le migliori intenzioni.

The Crew and The Furious

Partiamo da un concetto tanto semplice quanto scontato: una trama solida non è sicuramente un requisito imprescindibile per un gioco di guida. Forte di questo considerevole vantaggio di genere, The Crew segue le vicende del pilota underground Alex Taylor, un greaser barbuto che, come nella “migliore” tradizione Fast & Furious, si ritrova incastrato in una scomoda collaborazione con le forze dell’ordine statunitensi. Il patto è semplice: Alex deve aiutare l’FBI a smantellare la solita “mafia delle corse” in cambio della libertà e, già che ci siamo, della testa dell’assassino di suo fratello. Inutile dire che sarà un viaggio lungo, fatto di gare clandestine, espedienti narrativi al limite del ridicolo e siparietti imbarazzanti. Ora starete pensando: “avevi detto che la trama non era importante eppure ti stai lamentando da dieci righe…” Avete ragione, passiamo oltre.

I tre dell’Ave Maria

Sulla carta The Crew è il gioco open world dei sogni. Diamine, d’altronde ci viene offerta la possibilità di esplorare l’intera mappa degli Stati Uniti, e partecipare a centinaia di eventi distribuiti su qualcosa come 5000 chilometri quadrati di superficie “gommabile”. Cosa potrebbe andare storto? Un sacco di cose, in effetti. Le prime missioni legate alla trama ci introducono alla logica del gameplay di The Crew: scorazzare in giro, esplorare la mappa, partecipare a una miriade di eventi e potenziare i veicoli con pezzi sempre nuovi. In realtà la parola incisa a fuoco tra righe di questo concept apparentemente brillante è una ed una soltanto: grinding, grinding e ancora grinding. Perché? Perché dietro lo specchietto per allodole della sua monumentale varietà, The Crew cela meccaniche che rendono sostanzialmente superflua l’abilità di guida del giocatore, cosa che, trattandosi di un gioco di guida, non è certamente il massimo. La vera chiave del successo dei piloti di The Crew è infatti nascosta sotto il cofano dei loro veicoli. Ogni evento offre in premio al giocatore pezzi di ricambio di rarità ed efficienza crescenti, che aumentano il livello delle auto e, conseguentemente, le performance in gara. Questo elemento, da solo, non sarebbe un vero difetto, se non fosse per tre, madornali, aggravanti: un sistema di guida pessimo, un’intelligenza artificiale assolutamente incomprensibile e – ho lasciato il meglio per ultimo – meccaniche “shoppone” che rendono il gioco odiosamente pay-to-win. Ma andiamo con ordine. Il modello di guida, dichiaratamente arcade, del titolo offre sensazioni tutt’altro che piacevoli e il comportamento dei veicoli risulta generalmente incoerente con le loro caratteristiche costruttive. La sensazione è che il modello di guida si curi – male – solo del generico tipo di competizione cui un veicolo è destinato, senza dedicare la giusta attenzione alle caratteristiche proprie delle singole vetture. Un’impressione sostenuta dal fatto che, una volta raggiunto il massimo livello di tuning, l’intero parco macchine – piuttosto esteso – del gioco si comporterà come una marmellata indistinta, complice anche una fisica delle collisioni drammaticamente inesatta. Passando al secondo punto, nel corso delle nostra prova abbiamo avuto difficoltà nel capire se l’intelligenza artificiale di The Crew fosse mal progettata o, piuttosto, un incredibile tentativo di trolling da parte degli sviluppatori. I piloti virtuali del gioco, infatti, sembrano modulare le proprie performance a seconda della vostra resa su circuito. Gara perfetta? I superpiloti artificiali rimarranno incollati al vostro paraurti posteriore per tutta la competizione, in attesa di quell’unico errore, magari all’ultima curva, sufficiente per soffiarvi la cima del podio. Giornata storta? Gli avversari non si allontaneranno mai troppo, riducendo la velocità in attesa di un vostro – probabile – recupero, per poi trollarvi ancora in modalità superpilota. Imprecazioni a gogo. Il premio “idiozia artificiale” va però ai normali automobilisti in transito, imperturbabili a ogni vostra azzardata manovra e determinati a non deviare mai dalla traiettoria prestabilita, con le conseguenze disastrose che potete immaginare. E passiamo al piatto forte, la devianza pay-to-win del titolo Ubisoft. Accanto alla normale moneta di gioco, avremo la possibilità di utilizzare i “Crew Credits”, una valuta acquistabile con denaro sonante che permette di accedere più facilmente a vetture “d’elite” e pezzi di ricambio estremamente performanti. Una scorciatoia che, ovviamente, influisce in maniera negativa sul bilanciamento del multiplayer competitivo, visto il già ribadito ruolo secondario dell’abilità di guida dei giocatori. Gli eventi PvP – a prescindere dalla debolezza situazionale del netcode – risultano quindi frustranti, anche perché l’assenza di meccaniche skill based e la fisica approssimativa spingono i giocatori meno “shoppati” – o, più generalmente, di livello inferiore – a una condotta di gara tutt’altro che etica, fatta di sportellate e scorrettezze assortite. Questa profonda dipendenza dalla componentistica veicolare rappresenta, bizzarramente, tanto il punto debole quanto l’elemento più convincente del gameplay di The Crew. Il desiderio di potenziare, personalizzare e sfoggiare i vostri veicoli custom sarà l’elemento trainante della vostra esperienza di gioco, grazie a un massiccio inventario di elementi estetici, unito a una quantità sostanzialmente infinita di pezzi-prestazione. Una “corsa al livello massimo” che, come nella migliore tradizione MMO, finisce per intrappolare il giocatore in una gabbia fatta di confronto misto assuefazione. Ok, mi rendo conto che detta così sembra una tragedia ma, in effetti, il tutto risulta piuttosto divertente.

Chi troppo vuole, nulla stringe

Dal punto di vista tecnico The Crew è, ahimè, in ritardo di una generazione. I paesaggi proposti dal titolo Ubisoft, seppur forti di una varietà impressionate, appaiono blandi e generici, caratterizzati da una povertà di dettagli veramente avvilente. Tutti gli elementi del mondo di gioco sfoggiano vistose scalettature e uno scarso appeal estetico. Le dimensioni gargantuesche della mappa, da sole, non bastano a giustificare i peccati di un comparto tecnico incapace di aderire agli standard dell’attuale generazione tecnologica. I modelli dei veicoli, d’altro canto, risultano adeguatamente curati e piacevolmente personalizzabili, sebbene il motore di ogni singola auto emetta il verso straziato di un frullatore fuori giri. Va pur detto che la “leggerezza” (eufemismo semisarcastico) del motore di gioco, riduce a zero i problemi legati allo streaming dei contenuti grafici e fa sì che i caricamenti siano praticamente istantanei, anche, e soprattutto, in caso di viaggio rapido. La buona notizia è che The Crew è completamente localizzato in italiano. La cattiva è che il lavoro fatto con il doppiaggio risulta piatto, annoiato e scarsamente convincente. Sul fronte netcode, infine, ci si trova spesso a combattere con sessioni multiplayer di non facile accesso (complici tempistiche tutt’altro che rapide) e una certa, considerevole, quantità di lag che rende ogni sforzo competitivo platealmente futile.

Concludendo…

The Crew è uno di quei titoli che, pur possedendo tutte le carte in regola per diventare “un giocone”, cade vittima di una realizzazione approssimativa e di un sistema di microtransazioni inaccettabile, specialmente al prezzo retail. Il racer Ubisoft fallisce nel bilanciare correttamente le dosi di divertimento e frustrazione, proponendo un’esperienza di gioco che non convince affatto. In una parola: mediocre.

CI PIACE
The Crew offre un mondo vastissimo da esplorare, con centinaia di eventi e migliaia di elementi di personalizzazione per le vetture del ricco parco auto.
NON CI PIACE
Il gioco presenta un comparto tecnico fastidiosamente datato, cui si aggiunge un sistema di guida mal realizzato, un'IA ridicola e la presenza di un sistema di microtransazioni fin troppo invadente.
Conclusioni
The Crew ha tutte le carte in regola per il successo: un mondo gigantesco e aperto, una marea di cose da fare e una componente massiva interessantissima. Peccato che tutto questo potenziale sia stato tradito con una realizzazione mediocre e assolutamente deludente. Al prezzo retail, l'ultimo racing game di Ubisoft è un acquisto che potete tranquillamente evitare.
5.5Cyberludus.com
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