Ciao, sono Milla Jovovich e questo non è Resident Evil, ma il mio film
Proprio ieri è uscito Resident Evil: Retribution nelle sale italiane, e ancora una volta abbiamo sperato di intravedere qualcosa di diverso, un barlume di ritorno alle origini, un esile filo conduttore con i pilastri più antichi di questa sfortunata serie, ma invece nulla. Di pari passo con la saga videoludica di Capcom, anche Paul W. S. Anderson ha deciso che la strada da seguire è quella rigorosamente action, farcita con armi, truppe d’assalto, esplosioni e combattimenti a go go! Eppure, nell’ormai lontano 2002, il primissimo film dedicato alla serie (almeno fino a Code Veronica) survival horror per antonomasia, aveva incuriosito, raccogliendo molti consensi da parte del pubblico e della critica. Quella di Alice è dopotutto una storia che si colloca in una dimensione parallela a quella di Resident Evil: era un’agente della Umbrella Corporation, la più grande e prolifera multinazionale farmaceutica, che in gran segreto dai media, sperimentava l’utilizzo di armi biologiche a scopo militare per ricavarne profitto. Ma un bel giorno, nel centro di ricerca sotterraneo di Raccoon City, l’Alveare, il sorprendente Virus T, capace di rianimare le cellule morte, ma del tutto instabile, ha contagiato l’intera struttura. Per questo motivo la Regina Rossa, il top dell’intelligenza artificiale, ha fatto una strage, liberando le armi biologiche (dette B.O.W.) e massacrando i civili all’interno dell’Alverare. Alice è quindi costretta a scappare, a collaborare con la squadra di soccorso della Umbrella e affrontare la Regina Rossa; peccato che alla fine, la bella Milla Jovovich viene rapita dai ricercatori, che le iniettano il T-Viurs. Curiosamente, il letale veleno cambia la ragazza, fondendosi con la sua struttura genetica a livello cellulare. Il risultato? Una wonder woman dotata di incredibili capacità fisiche e facoltà mentali praticamente esagerate. A causa di questo generoso dono, gli ultimi tre film usciti non sono stati altro che un palcoscenico dedicato alla bellissima attrice, tra l’altro compagna del regista; niente esplorazioni all’interno di case infestate da non morti, niente enigmi cervellotici da risolvere, nessuno spavento improvviso. Solo una inarrestabile crociata contro la Umbrella, i suoi scagnozzi e le sue B.O.W. , pescate a piene mani dall’immaginario della serie. Retribution non fa purtroppo eccezione, ed è un vero peccato perché all’inizio della visione abbiamo intravisto un assaggio di rivoluzione: un 3D gradevole, un prologo caratterizzato da un montaggio eccezionale e una rivelazione incredibile. Alice che di punto in bianco si ritrova ad essere una casalinga con tanto di marito e figlia al seguito, mentre sul più bello la città viene massacrata dagli zombie, è un’idea che ci ha elettrizzati durante i primi minuti del film. Senza contare qualche salto dalla sedia, grazie a qualche trucchetto classico con le inquadrature, i silenzi forzati e le urla improvvise. Ma è solo un abbaglio: pochi minuti e Retribuition diventa il degno erede dei suoi predecessori. Una lunga, estenuante e pedante carrellata di effetti speciali (realizzati benissimo per carità), combattimenti pompati col bullet time e arti marziali ai limiti della natura umana e oltre (ma Alice non era stata privata dei suoi poteri? Come fa ad eseguire mosse che sfidano le leggi della fisica?). Discreta la varietà degli scenari: la combriccola di turno di Alice si troverà infatti bloccata nell’ennesimo centro Umbrella, caratterizzato da stage utilizzati per la realtà simulata, l’ideale per testare le capacità del T-Virus e delle sue creature. Si passa dalla tipica cittadina tranquilla in stile Colorado, improvvisamente assediata dai non morti, alla gelida Russia pattugliata da un esercito "zombesco" tedesco e da un liker gigante, ad una piovosa Tokio dove scappare sarà necessario per sfuggire ai gigantoni muniti di ascia "ereditati" da Resident Evil 5. La pellicola si salva dunque nella tecnica: effetti speciali al top, anche se visti e stravisti, saggio uso della telecamera, ottima regia, colonna sonora ispirata e mostri bellissimi. Tutto il resto è solo un palcoscenico per la Jovovich e le sue acrobazie, senza contare le sue battutine da dura, che non possono certo mancare, assieme al suo biglietto da visita, "Mi chiamo Alice", che ormai fa il verso all’intera serie. A poco servono i celebri nomi risucchiati a forza dalla serie videoludica, come Ada Wong, Leon S. Kennedy e Berry Burton: i personaggi non hanno carattere, non hanno uno spazio tutto loro, non hanno ragione di esistere, se non quella di stuzzicare l’immaginario dei fan, che riceveranno un’amara delusione. Interessante è invece il ritorno di vecchie conoscenze: Michelle Rodriguez e Colin Salmon (dal primo Resident Evil), Oded Fehr (Apocalypse ed Extinction), ma soprattutto quello di Sienna Guillory, che ricoprirà ancora una volta il ruolo di Jill Valentine, strizzando l’occhio al quinto videogioco. Ma bastano qualche comparsa, una citazione a un determinato capitolo, uno o due mostri celebri per rendere questo film degno del marchio che porta? Assolutamente no! Il finale? Ci riporta all’ennesimo "Continua.." e speriamo vivamente che il prossimo sia davvero l’ultimo capitolo della serie. Speranze per il futuro? Un reboot totale (ormai la moda degli ultimi anni), ma questa volta horror e ispirata al videogioco in maniera massiccia.
Conclusioni
Gettata in un abisso senza possibilità di uscirne fuori, la serie cinematografica di Resident Evil si dimostra ancora una volta uno spettacolo adatto solo agli amanti degli effetti speciali, del 3D ben costruito e dell’azione spettacolare. Soddisfatti saranno di sicuro i fan della bella e brava Milla Jovovich, sempre in forma e perfetta nei panni del suo personaggio (tanto di cappello su questo punto). Per i fan di Resident Evil arriva solo l’ennesimo secchio d’acqua gelata in testa: niente horror, nessun personaggio profondo, nessuna trama intricata. Solo l’ennesimo pretesto per utilizzare il buon nome della serie per sbancare i botteghini nel week end. Come nel videogioco, cosi al cinema, la sorte di Resident Evil rimane la stessa: una serie violentata, snaturata, ormai l’ombra di sé stessa, gettata in pasto alle masse per fare soldi. E questo triste scenario rasenta il limite del comico se pensiamo che entrambe le serie spopolano e fanno i miliardi, alla faccia del survival horror!