Poche software house possono vantare la stessa attenzione del mondo videoludico che attira su si sé l’id Software a ogni uscita. Vuoi per la storia del team, e per il peso nell’intera storia dei videogame, vuoi per l’uscita ormai piuttosto lunga tra un progetto e l’altro (considerando come ultimo vero lavoro Doom III, infatti, dobbiamo tornare addirittura nel 2004), i lavori di John Carmack e del suo team sono ancora tra i più attesi. Rage, come da tradizione id Software, ha avuto una gestazione piuttosto lunga e grandi ambizioni. Tra rinnovamento e classicismo, tra free roaming e linearità, dopo quattro anni di attese e rinvii finalmente siamo in grado di analizzare in modo definitivo il progetto.

Tra Mad Max e il West Il nostro mondo è stato devastato da un meteorite, noi siamo tra i pochi superstiti di quell’umanità. Superstiti speciali, con in corpo dei nanotriti in grado di farci recuperare energia vitale in pochi secondi, un defibrillatore che si attiverà automaticamente quando saremo in punto di morte e una tuta che ricorda la nostra provenienza temporale. Addormentati in un lungo sonno criogeno, il brusco risveglio sarà un trama. La terra è cambiata, profondamente cambiata. Desertificazione ovunque, con la società divisa tra predoni e piccole cittadine arroccate in sé stesse, dall’Autorità, misteriosa entità governativa che, per qualche motivo da la caccia a quelli come noi, e infine dalla Resistenza, ultimo baluardo a salvaguardare la libertà. Senza più un nome né un’identità, vagheremo nelle lande della Zona Devastata, scegliendo come impiegare le nostre energie tra molte scelte possibili. Avremo la possibilità di guidare e modificare veicoli, per spostarci liberamente nel mondo circostante, di utilizzarli per concorrere a gare o per fare i corrieri. Deserto, autovetture e piombo, insomma saremo un po’ come Max Rackatansky della trilogia di Mad Max, cui Rage si ispira molto liberamente.

FPS e Arcade Racing mixati in un free roaming Chi ha seguito la gestazione della nuova creature di id Software saprà di sicuro che l’intento degli sviluppatori è, in primis, di offrire un mondo liberamente esplorabile, dove la possibilità di scelta sia piuttosto marcata, dando possibilità in più rispetto a quelle offerte dalla sola storia principale. Avremo praticamente da subito la possibilità di guidare un veicolo, necessario per spostarci da uno spazio all’altro, di conseguenza il modello di guida è il primo aspetto del gameplay con cui dovremo fare i conti. Nonostante lo scetticismo iniziale, il sistema di controllo si comporta molto bene, risultando semplice da gestire e anche sufficientemente profondo. Quando cambieremo veicoli nel corso della storia, troveremo alcune leggere differenze nelle risposte dei comandi, adattati e diversificati in modo riuscito. La gestione delle armi che potremo montare sul veicolo stesso, che spaziano dal mitragliatrici ai lanciarazzi, sono gestite con un sistema di puntamento automatico che evita nell’utente la preoccupazione di gestire un sistema di mira complesso e simultaneamente anche guidare. Alcune gare nei circuiti saranno fondamentali per proseguire nella storia, e non saranno mai troppo complesse, mentre tutte le altre saranno facoltative e ci consentiranno di ottenere buoni per elaborare i nostri mezzi. Passando al lato FPS, Rage resta ancora al classicismo e alla funzionalità. Potremo equipaggiare quattro armi alla volta, le cambieremo con il tasto RB, mentre per impostare le preferenze dovremo accedere, con Back, all’inventario. Ogni arma avrà più tipi di munizioni, diversificate ovviamente per danni e costi. Interessante la gestione degli oggetti veloci, attivabili con tasto LB, che spazieranno dalle granate alle bende (per curarci senza aspettare il recupero automatico della salute) fino alle mine radiocomandate. L’inventario è davvero molto grande, favorendo così lo spirito da “raccattatore di paccottiglia” insito in tutti noi. Gli scenari saranno pieni infatti di oggetti da raccogliere, importanti o meno non fa differenza: venderemo il ciarpame all’emporio, e con quei soldi compreremo ciò che più ci servirà. Tramite gli schemi di progettazione, potremo anche costruire noi oggetti, dalle bende curative a dispositivi per scassinare le serrature. Nel complesso il gameplay, seppur classico, si dimostra di ottimo livello, preciso e generoso in termini di varietà.

Intreccio sì, intreccio no. Se vi aspettate una narrazione articolata e ricca di particolari, potreste restare delusi. In Rage la storia passa in secondo piano, favorendo con decisione le sensazioni e l’esperienza. Da questo punto di vista anche la caratterizzazione quasi assente del personaggio, una sorta di perfetto Link, si rivela una scelta consequenziale e coerente. Il mondo non aspetta lo sviluppo della storia. La dinamicità con cui si verificheranno gli eventi daranno quasi la sensazione di non svilupparsi in un binario fisso, quasi di essere aleatori, quindi casuali. Nessuna cut-scene, escludendo l’intro in CG iniziale. Durante il gioco si avrà quasi l’idea che tutto vada avanti indipendentemente dal nostro contribuito. Sotto questo profilo, il legame spirituale con la trilogia di Miller è abbastanza marcato, in quanto il giocatore potrebbe semplicemente disinteressarsi agli eventi principali e costruirsi una nuova vita, basata sul lavoro di corriere o corridore spericolato. Aldilà della lettura filosofica che si può dare alla struttura di gioco, la realtà è un po’ diversa, e dice chiaramente che Rage è un gioco piuttosto lineare. Si avrà anche quasi l’impressione tutta la storia sia costituita da incarichi secchi, andare in posto, portare quella cosa, tornare indietro e via discorrendo. Le brillanti caratterizzazioni dei personaggi non giocanti, i dettagli dei comportamenti degli abitanti della Zona Devastata e il loro mutamento evolutivo, per quanto interessanti, non sono elementi sufficienti su cui porre una storia che, di fatto, non esiste. Una sorta di collage, un insieme di missioni incastrate tra loro senza un legame apparente. Questo disorienterà il giocatore in cerca di una “missione superiore” da portare a termine, ma al tempo stesso potrà galvanizzare un’altra categoria di giocatori, gli esploratori solitari. In ogni caso è difficile, per non dire pretestuoso, affermare che la mancanza di una storia sia un vero e proprio limite di una produzione. E’ più corretto dire che rappresenta l’espressione di uno stile personale, una visione d’insieme probabilmente passata un po’ fuori moda, ma un difetto è una cosa diversa. La ricerca forzata di una storia, magari inserita di peso e magari altrettanto stereotipata e lineare, come accade nella stragrande maggioranza delle produzioni odierne (e non solo videoludiche), è sicuramente più dannosa e castrante di dare una libertà (vigilata, naturalmente) al giocatore. Seguendo questo principio, non riteniamo corretto reputare un difetto oggettivo la mancanza di una storia che segue i canoni moderni. Sicuramente non incontrerà i gusti di tutti, specialmente del palato medio del giocatore da console, abituati a tutt’altri stili e ritmi di gioco, ma, proprio perchè si tratta di una questione stilistica, non può essere ritenuto un demerito oggettivo.

Lato tecnico e origini artistiche Graficamente Rage fissa probabilmente la vetta più alta mai raggiunta da un qualsiasi titolo multipiattaforma su console. L’imponenza del campo visivo, l’incredibile mole di dettagli all’orizzonte, i volti dettagliatissimi e le animazioni convincenti e naturali di tutti personaggi non giocanti, sono i punti di forza dell’impianto visivo realizzato da id. Talvolta si notano però, alcuni cali qualitativi in alcune oggetti secondari, meno visibili, ed è presente spesso un talvolta fastidioso effetto pop-up che mostra come non tutte le texture vengano caricate simultaneamente. Nonostante possano sembrare difetti evidenti, il tutto è assolutamente relativo. Per prima cosa va notato come l’hardware di PS3 e Xbox 360 siano sulla carta totalmente inospitali per un mondo vasto come quello di Rage. La scarsa RAM a disposizione delle due console, e il clock ormai datato dei processori, sono dei limiti non da poco, e qualche espediente per rendere efficiente il calcolo e la renderizzazione erano obbligatori. Il risultato è veramente esaltante. Una fluidità ancorata sui 60 frame per secondo fissi, anche nelle situazioni più caotiche, FPS così veloci su console sono merce rarissima, cui va aggiunto lo strepitoso livello di qualità medio su schermo. Come se non bastasse, è bene ricordare che il mondo esterno viene caricato tutto in una volta, i (rari) caricamenti, anche se piuttosto lunghi, sono infatti eseguiti solo nell’ingresso delle aeree o al ritorno nella Zona Devastata. Nel complesso le aspettative tecniche sono state pienamente rispettate, portando su console un gioco che, solo un paio d’anni fa, sarebbe stato impossibile veder girare su macchine così datate. Il doppiaggio italiano è stato curato in ogni dettaglio, anche i personaggi dalle poche battute vantano una recitazione sopra la media. Il level design, sempre di alto livello, così come la caratterizzazione dei nemici tutti, dai predoni ai mutanti, passando per i mostruosi boss, creano un mondo personale e univoco. Una personalità, indubbiamente, forgiata anche da influenze esterne. Oltre all’ampiamente citato Mad Max, si notano molto i rimandi anche a altra cultura post-nucleare, si possono riscontrare in certi ambienti aperti vi sono somiglianze con Metro 2033, gli scorci della città morta fanno tornare alla mente la città di Prypiat, e alcune aree, specialmente sotterranee, ricordano molto alcune aree della Zona del film Stalker, di Andrej Tarkovskij.

Longevità e modalità multigiocatore La campagna durerà in totale una quindicina di ore, escluse ovviamente le moltissime subquest che potremo affrontare in qualsiasi momento. La difficoltà già in Normale risulta piuttosto impegnativa, almeno rispetto alla media dei prodotti odierna. Sono presenti delle modalità multigiocatore sul terzo disco, una basata sulla guida dei veicoli e l’altra su parti esterne della storia giocabile sia online schermo diviso con un altro utente. Delle due la seconda è sicuramente la più interessante, e mette in luce un livello di difficoltà più alto (questa compagna alternativa è affrontabile anche in solitaria, ma la sfida rasenta l’improponibile). Manca, purtroppo, una qualsiasi modalità competitiva classica tra giocatori umani, un vero peccato.

Qualche sciocchezza qua e là Letto così Rage potrebbe sembrare un capolavoro indiscutibile ma, saltuariamente, è possibile imbattersi in alcune strane scelte di game design che rovinano un po’ l’atmosfera. Tra tutte, forse la più macroscopica è l’impossibilità di raccogliere le armi dei nemici uccisi. Il perchè non c’è dato saperlo. Potremo trovarci in situazioni dove avremo munizioni contate e nemici a terra cui potremo solo frugare le tasche (talvolta troveremo anche munizioni, ma generalmente solo qualche dollaro). Altra scelta opinabile è quella della gestione del salvataggio della partita. Potremo salvare in ogni momento, cosa molto comoda, ma nel caso in cui ci dimenticassimo il gioco ci riporterà all’inizio dell’area di gioco, senza tenere traccia di alcun checkpoint durante una missione, indipendentemente dalla lunghezza della stessa. Altra scelta opinabile è data dalla bussola in alto a destra che, tramite un percorso tracciato, ci farà arrivare alla nostra nuova destinazione. Tutto funziona correttamente, sennonchè si tratti di un discorso unilaterale: in altre parole se, a un certo punto del nostro tragitto ci ricordassimo di dover comprare altre munizioni in città, dovremmo tornare indietro “a istinto”, e perdersi nella Zona Devastata, almeno inizialmente, sarà abbastanza semplice. Giusto qualche calo di attenzione sparso, che insieme a altre distrazioni vanno a rovinare un po’ il prodotto finito.

Conclusioni Rage, nonostante l’alto livello di ambizione auto-impostosi sin dalla presentazione, riesce globalmente a centrare il bersaglio. Uno degli FPS più puri degli ultimi anni, un titolo di vecchia scuola, unito all’allargamento delle possibilità offerte canonicamente al giocatore. Tantissime e libere subquest, nonostante la struttura (fortuntamente) lineare del gioco, unite a una longevità d’altri tempi, fanno di Rage un’esperienza da vivere più che una storia da guardare. La narrazione di fatto è assente per tutta la durata del gioco, scandito solo dalle missioni. Un’esperienza innalzata da uno dei comparti tecnici più arditi mai visti su console, probabilmente il più riuscito in assoluto per un titolo multipiattaforma, in grado con pochi compromessi di offrire un prodotto dal colpo d’occhio invidiabile e dalla fluidità inchiodata agli scintillanti e quasi utopici 60 frame per secondo. Qualche piccolo scivolone in termini di game design e la mancanza di una vera modalità multigiocatore cooperativa impediscano a Rage di ottenere un voto più alto, ma di certo non quello di essere consacrato tra i migliori FPS in assoluto disponibili su console.

CI PIACE
Divertente\n
Tecnicamente stupefacente
\n ..è Rage...
NON CI PIACE
Troppo breve
\n Sistema di controllo migliorabile
\n Presente un fastidioso bug
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