Prefazione** – **Così ho incontrato Halo

Lo confesso, con Halo non è stato assolutamente amore a prima vista, anzi. All'”epoca”, più o meno verso marzo 2002, mese d’uscita in Italia della prima Xbox, l’ammiraglia Microsoft mi era alquanto indifferente (o almeno cercavo di illudermi che così fosse). Sì è vero, quando c’era solo PS2 e i nomi di “Xbox” (Project Midway) e “Dolphin” (nome originario di Gamecube, ndr.) erano ancora delle semplici convenzioni astratte, devo ammettere che il mio scetticismo, quando (nelle riviste specializzate) cominciavano a circolare le prime immagini sui titoli di lancio Microsoft, altro non era che mal celata curiosità, desiderio, eccitazione. Insomma, tutte quelle sensazioni che col tempo e con l’età, purtroppo, si affievoliscono ma che, a 12 – 13 anni, capirete bene, vengono/venivano percepite in modo smisurato. E sicuramente i tempi, anche in questo, sono cambiati. Come un “rasoio d’Ockham”, ma in senso negativo, che agisce sull’economia delle sensazioni e delle emozioni. Annichilendole. Ora, superata quella fase di pseudo scetticismo di cui vi parlavo, il desiderio materiale di possedere quella nuova “macchina” edonistica, tanto rozza e pesante quanto affascinante alla mia vista, sfociò il giorno in cui provai per la prima volta. . . “Halo!” direte voi, beh no, sarebbe troppo scontato. E’ stato un corteggiamento lento e controverso, quello tra me ed Halo , frutto di casualità, sfortune/fortune e quant’altro.

Dicevo, poche settimane prima del lancio ufficiale per essere precisi, mi imbattei in uno stand marchiato Xbox, con tutta una serie di totem verdi (verde alieno o verde vomito, a vostra scelta) al suo interno. Dead or Alive 3 , Project Gotham Racing e, molto probabilmente, anche Halo; ma non ne sono così sicuro. Primo atto di sacrilegio non ricordarlo? Le mie reazioni furono: Dead or Alive 3 : “Ah però, che grafica! Che fluidità di gioco! A casa ho comunque Tekken”. PGR , ancora peggio: “Bello sì, sembra anche divertente, ma quanto aliasing! A casa ho GT3 che mi aspetta”. Dai su, a chi non è mai capitato di fare il fanboy? Ma quel giorno, in particolare, indossavo una montatura “forzata” di paraocchi: insomma, il desiderio cominciava ad ardere e non lo volevo ammettere; e pensare che l’appuntamento con Halo era stato brutalmente e maldestramente rimandato, magari avrei persino tentato di eludere le “guardie” per portarmi a casa uno di quei totem; chissà. Ma non andò così. Nel frattempo, però, la pubblicità cominciava ad imperversare nelle nostre TV: “Avevo un ragazzo, poi è arrivato Halo!”.

Torniamo al principio, ovvero marzo 2002: Xbox esce in Italia e curioso più che mai mi reco al più vicino centro commerciale della città, stavolta deciso a provare “seriamente” la console. Quel giorno mi limitai a pensare: “Solo curiosità, nulla più”. Largo alle tentazioni, sia mai. Eppure, di Halo , a parte due – tre copie sugli scaffali, nemmeno un’immagine statica su schermo. Appuntamento rimandato, ancora una volta. Oltretutto, sconsolato per via del prezzo della console (già fantasticavo su un possibile ritorno a casa con tanto di console, a seguito di una sontuosa opera di convincimento nei confronti di mio padre), più che proibitivo per uno studente delle medie, non ne volli sapere per un po’, preferendo all’Xbox, e quindi ad Halo , la vecchia sfera di cristallo. Passarono i mesi, assieme ai sempre più insistenti spot pubblicitari, fino ad arrivare a quel fatidico mercoledì 4 dicembre 2002: non sono un maniaco delle date, ricordo questa perché ero semplicemente felice ed agitato al tempo stesso. A dire il vero ho avuto qualche dubbio sul giorno della settimana, prontamente fugato grazie allo scontrino che tuttora conservo. Quattro giorni prima del mio compleanno varcavo così la soglia di un negozio specializzato, con affianco mio padre, curioso tanto quanto me di capire perché quella console verde – crociata destava tanto interesse in me. Cos’è che cercavo? Cos’è che volevo? La risposta venne presto svelata: proprio subito dopo l’ingresso, sulla sinistra, da un tavolone adibito per l’occasione e dall’ammiccante retrogusto natalizio, si ergeva “maestoso” un tubo catodico, un catodico speciale. Con una Xbox accanto, quel catodico trasmetteva immagini chiare e forti, a dir poco mistiche. Ebbi un attimo di titubanza, poi “il ragazzo” mi cedette il posto e presi il pad: nonostante molti lo critichino tuttora per via delle dimensioni extra-large, lo reputo comodo tanto quanto quello della 360, salvo in rare circostanze (qualcuno ha citato i picchiaduro?), tra l’altro “ereditate” dalla controparte next-gen. Ma con Halo si sposava alla perfezione, sembrava studiato appositamente per il titolo Bungie. Rimasi basito, non credevo che quella console, così rozza e pesante, potesse nascondere un cuore così sofisticato, così potente e pulsante. Non ci crederete, ma il 4 dicembre del 2002, alle ore 19:43 circa, uscii da quel negozio con in braccio una Xbox nuova fiammante, ma senza “Halo” tra le mani. Sacrilegio? Sì, assolutamente, a pensarci fu più che un sacrilegio.

L’incontro definitivo

Nonostante tutto mi accontentai. Per la terza volta consecutiva, l’appuntamento era stato rimandato, sebbene fossi riuscito, per la prima volta, ad avere un piccolo intenso assaggio di quella creatura. Per la prima volta si era materializzata dinnanzi a me nella forma che più le rende giustizia, quella del videogioco. Tuttavia, quel giorno gli astri non erano dalla mia parte: il 4 dicembre 2002, infatti, si verificava un’eclissi totale di Sole. Dato che, oltretutto, ho ricavato nel mentre di questa prefazione, curiosando in un noto motore di ricerca nel tentativo di scoprire quali eventi straordinari si fossero verificati in quell’occasione. Dicevo? Beh, quella sera, appunto, lasciai l’antro del videogioco senza una copia di Halo tra le mani. Una semplice combinazione di eventi; fossi sopraggiunto qualche istante prima, forse, avrei trovato Master Chief pronto ad accogliermi nel suo mondo. . .non arrivai in tempo. Quelle poche copie che c’erano ad aspettarmi fecero “sold out” in tempi record (Halo aveva già raggiunto qualche milione di copie in tutto il mondo). Ci avevo provato, ma non potevo rimproverarmi nulla, anzi quasi respinsi quella mancanza, come la volpe fa con l’uva. Mi accontentai del bundle “SEGA GT 2002 + Jet Set Radio Future”. Natale: l’occasione giusta per contare i risparmi, in parte frutto di regali; se fino ad allora l’attesa era stata alquanto passiva, il giorno in cui decisi di compiere il passo, poco prima dell’anno nuovo, esplosi in una sfrenata voglia di porre finalmente le mani sul gioco, di “evolvermi”. E Master Chief entrò finalmente in casa mia, io in casa sua. Mi trovavo a Torino, col gelo fuori costantemente minaccioso, ma con indosso l’armatura “Mjorlnir Mark IV” non potevo che sentirmi al sicuro. Di lì a poco avrei preso parte ad una lunga ed affascinante storia, quella che ora vorrei raccontarvi in questo speciale, parlandovi un po’ dell’universo “Halo”, così come l’ho vissuto io, capitolo per capitolo. Questa lunga e tediosa premessa, per me doverosa per rompere il ghiaccio, giunge dunque al suo epilogo. Continuate a seguire queste righe, l’appuntamento è fissato nei prossimi giorni con la prima parte.

Capitolo 1 – Il cavaliere senza volto

E pensare che Halo , in origine, era stato pensato dalle menti Bungie come uno sparatutto in terza persona, una sorta di ibrido quantomeno tra shooter e strategico in tempo reale. Viene spontaneo chiedersi: “Come sarebbe stato?”, ma soprattutto, “La saga, assieme a Master Chief, avrebbero acquisito la stessa considerazione di cui godono oggi?”. Fantasticare sulle possibili varianti “parallele” è facile; una su tutte rimbomba con convinzione nella mia testa. La questione è: “Avrebbe avuto senso dar vita ad uno strategico, o sparatutto che dir si voglia, potenzialmente anonimo su PC, oltre che minacciato da una concorrenza già affermata? Di RTS ce ne sono a bizzeffe, ergo, perché non puntare su qualcosa di innovativo, rischioso, ma pur sempre innovativo?” In concomitanza ad un evento altrettanto particolare, ossia l’avvento della prima console Microsoft , l’idea di abbracciare il progetto “console” è risultato vincente. Primo perché, a prescindere, il nome Halo, posto sotto l’ala protettrice di Microsoft , ha beneficiato di un’intensa campagna pubblicitaria; secondo, perché appunto il successo, se derivato da un rischio, è doppiamente indice di innovazione, “rivoluzione”. E se Halo non lo è stato, beh, questo speciale non avrebbe motivo di esistere. Ma come Star Wars per il cinema e “X” per la musica (dove X sta per la/il vostra/o band/artista, possibilmente “Rock/Pop”, preferita/o), Halo è diventato pian piano un fenomeno culturale di massa. Come tutti i fenomeni, ha generato e genera tuttora eccessi ideologici. Non mi sento un fanboy, lo sono stato per molte cose in passato, ma per Halo, viste e considerate le nostre modalità d’incontro, il mio approccio è stato blando, graduale, un crescendo esponenziale di interesse nei confronti della storia e dei suoi personaggi. Oltre ad un pianeta ad anello attorno al quale gravitavano le vicende di Combat Evolved , Halo si è poi evoluto, poco importa se per premeditate intenzioni/convinzioni o meno, in un vero e proprio Universo indipendente. In esso c’è “tutto”. In primis, il tratto psicologico e sociale dell’uomo occidentale. Tratto che trova piena concretizzazione di sé in Lui, Master Chief , cavaliere senza volto. A parte Superman o Thor , quanti eroi dei fumetti esercitano il loro ruolo a volto scoperto? In ogni caso, l'”eroe”, per come lo intendiamo noi occidentali (filo-americani), rappresenta lo stereotipo moderno del superuomo, che proprio in America, guarda caso, aveva preso fortemente piede a partire dalla Seconda Guerra Mondiale . Dovessi accostare Master Chief ad un eroe dei fumetti in particolare, lo farei, come magari anche voi, con Capitan America . Entrambi divenuti nel tempo supersoldati, entrambi catapultati in battaglia per un fine comune, solo che in epoche e contesti diversi. A differenza di Capitan America, però, il destino di Master Chief era già stato tracciato nell’infanzia, quando era umanamente conosciuto come John. La sua fortuna? L’esser rientrato nel progetto “Spartan II”, selezionato alla stessa maniera dei soldati Spartani, strappati alla famiglia per diventare macchine da guerra ed essere considerati “soggetti”. John, soggetto 117 . Un’adolescenza da cavia vivente. La sua crescita etica e morale, in effetti, rientra di diritto nella tipica formazione militare dei marines: in John-117 arde “voracemente” il patriottismo insito nella cultura americana, dedito al sacrificio per la propria gente e all’eterna fedeltà verso i propri compagni (Semper Fidelis). Un concentrato di valori, dal nostro punto di vista “positivi”, che risalgono alle gesta eroiche dei marines datati 1942, Normandia. Uno stralcio di memoria che mi rimanda proprio al capostipite, d’altronde è da lì che ho iniziato a conoscere i “fatti”. Per quanto mi suoni male citarlo come “Combat Evolved”, così come suona male persino a Bungie (scelte commerciali Microsoft, ma tant’è), nel primo Halo ho assistito, pian piano, al progressivo affiorare della filosofia patriottica e dei conseguenti riferimenti storici ai “secondi” eventi bellici del Novecento.

Svegliatosi bruscamente da una cella d’ibernazione, come un bambino dalla sua culla, lo Spartan-117 inizia così la sua avventura, nel bel mezzo del vuoto cosmico, a bordo di una nave spaziale, la Pillar of Autumn, completamente invasa dai Covenant. E sulle sue spalle da Spartan superstite, sfuggito alla distruzione di Reach, il peso di rappresentare l’ultima ancora di salvezza per l’umanità. 1942-2552. Cambiano i tempi, ma non gli ideali, almeno per un marine. Soprattutto se il suo nome è John , Spartan-117 . Cavaliere senza volto, ma non senz’anima. Parlare di Halo , dunque, significa parlare di Master Chief , perché è lui a guidarci nell’intricato universo narrativo, è lui che viene a stretto contatto con la cultura “Covenant”, consentendoci di studiarla più da vicino. Più che un supersoldato, un supereroe moderno: con indosso la sua armatura son sbarcato per la prima volta su Halo. L’inizio di un’epopea, dopo un viaggio “trans-cosmico” (nel ’42 avremmo parlato in termini “trans-oceanici”) con destinazione “nuova Normandia”. . .

Capitolo 2 – Una razza “extra antropomorfa” ed angeli custodi

Dicevamo? Sì, appunto, “nuova Normandia”. Come l’originale, una roccaforte strategica, una terra di “transizione”. Ma Hal o , per i Covenant, ha rappresentato qualcosa di più, l’anello mancante di un ricercato “slancio” evolutivo, l’ultima spiaggia prima dell’estinzione. Anche la natura umana risponde ad una precisa legge universale; si sa, quando una civiltà raggiunge l’apice, gli equilibri diventano sempre più rarefatti, vacillanti, come la cima di una torre in perenne costruzione; soprattutto quando sono le fondamenta a risentire del peso della “vuota” superficie, e ad un certo punto si è costretti a fermarsi e tornare indietro, è inevitabile. In Halo , avrebbe detto Vico , viviamo un’epoca a metà tra l’ Età della Civiltà e l’ Età della barbarie . La prima contraddistingue principalmente (e inizialmente) lo status universale della razza umana, ancora in piena fase evolutiva e di ricerca scientifica, fatta di scoperte spaziali e innovazioni tecnologiche/militari (vedi progetto “Spartan II”). Almeno fino alle rivolte su Reach e la sua tragica disfatta. I Covenant, al contrario, sembrano partire da subito da una posizione sfavorevole, di disagio, nonostante la netta superiorità tecnologica celi la loro reale condizione. La questione è che Covenant e Umani sono uno la visione speculare dell’altro, sfasata temporalmente ma “particolarmente” simili. Avevo già accennato a questo dualismo nell’introduzione alla recensione di Halo: Reach , ma senza poter scendere in dettagli. Fondamentalisti o integralisti che siano, giusto per usare un’accezione che di questi tempi assume un significato strettamente religioso, i Covenant sono alla ricerca di una Verità, di una “Mecca”; in sostanza, di un’Arma. Al tempo stesso sfuggono da qualcosa, da una piaga intestina che minaccia l’esistenza della razza stessa. Starete pensando ai Flood. In effetti è così, i Flood, ma non solo. Che poi i Covenant altro non sono che un agglomerato gerarchico di specie aliene diverse, governate nientemeno che da una figura di natura religiosa, Il Profeta. Il fatto che uno degli appellativi attribuiti a Master Chie f fosse proprio ” Demone ” (“Il Demone, scappiamo!”, ndr) non è un caso. Il demone, che ostacola la sacra missione dei Covenant. Il tutto gravita comunque attorno ad una sfera pseudo religiosa, quella che vede protagoniste due “fazioni”, venutesi a scontrare per un principio che, in un modo o nell’altro, seppur in tempi diversi e contesti diversi, accomuna entrambe rendendole più vicine di quanto si pensi. Il “movente religioso” ricorre spesso nell’interpretazione storica della civiltà umana e della sua affermazione in quanto tale, magari rispetto ad un’altra civiltà. Lo stesso credo si possa attribuire al percorso evolutivo dei Covenant e al/alla loro desiderio/necessità di spingersi oltre da “quel” punto di vista, compensando il progresso tecnologico. Come per dire: “si evolvono i mezzi, ma non i fini”. Tra Covenant e genere Umano si apre dunque la strada verso una guerra “simbolica”, a tratti stereotipata perché frutto del già decantato patriottismo americano, ma inaspettatamente avvincente e ricca di sfumature. Una guerra che porta a fondere le due “Età” di cui sopra, dando vita ad un’unica epoca: l'”Età degli Eroi”. Sia da una parte che dall’altra.

Tuttavia, come anticipato, in Halo avviene tutto gradatamente e non in modo onnisciente e prestabilito. Ovvero, quando ho messo per la prima volta piede sull’anello planetario, sempre con indosso la famosa armatura di Master Chief , la prima sensazione è stata di stupore e di piccolezza al tempo stesso. L’essere circondato da una distesa naturale immensa, apparentemente sospesa nel vuoto per via della particolare conformazione del pianeta, mi ha inizialmente disorientato. Non potevo minimamente immaginare cos’è che mi aspettava realmente e chi o cosa fossero davvero i Covenant, cosa volessero. E incontrando man mano nuove razze, i dubbi prendevano ulteriormente il sopravvento. Ma a tal proposito è intervenuto appunto Master Chief: ecco perché lo considero il vero mediatore e punto d’incontro fra le due specie. Nonostante ci fosse già una documentazione abbozzata sulla struttura sociale di quella strana razza invasore, è Master Chief che ne delinea effettivamente i tratti peculiari, risultando a tratti una figura narrante dinamica e super partes. Cortana permettendo naturalmente. E il primo Halo l’ho affrontato come un lunghissimo trampolino di lancio, che mi ha proiettato verso uno squarcio virtuale fatto di riferimenti socio-culturali e metafore.

Ecco, Cortana è un’altra di quelle presenze all’interno dell’universo Halo in grado di calamitare l’attenzione del giocatore gradatamente. Nonostante sia una “semplice” IA di bordo, col tempo ho ritrovato in essa l’anima gemella di John-117. Come saprete, le IA realizzate fino a qualche tempo prima erano destinate all’autodistruzione una volta raggiunto un determinato livello di saturazione, o meglio, di eccessiva coscienza cognitiva. Cortana , al contrario, si evolve costantemente quasi fino a raggiungere uno stadio “umano” ideale, mantenendosi costantemente equilibrata. Ideale perché esente da vizi terreni, comunque inconcepibili per un’intelligenza artificiale. Un po’ come il grillo parlante, dispensatore di consigli, di saggezza e pura razionalità. Anch’essa, al suo esordio, si presenta timidamente, ed anche qui la mia prima impressione è stata quella di trovarmi di fronte ad una comunissima figura di contorno e nulla più. Felice di essermi sbagliato. Ma d’altronde, non poteva essere altrimenti, visto e considerato che Cortana è stata, in fin dei conti, la mia compagna di viaggio più fedele. Per John-117 , un angelo custode.

Capitolo 3 – Orgoglio e Pregiudizio

Eccomi di nuovo qui a parlarvi di Halo : pensavate, forse, che me ne fossi dimenticato, che avessi avuto una carenza di potassio o che fossi fuggito? Assolutamente ragazzi miei, gli impegni universitari rappresentano un macigno anche per noi giocatori professionisti (a volte mi chiedo se serva un brevetto specifico per diventarlo. Forse “professionisti” è un termine presuntuoso, più che altro intendo “appassionati”). Già, proprio così: mi accontento di disquisire sullo stretto necessario, con passione, semplice e pura passione (quando capita ormai, ma sempre con cognizione di causa). Col tempo, inevitabilmente, si affievoliscono quelli che sono gli istinti videoludici, spesse volte per “abitudine”, altre per mancanza di tempo. Qualcuno, comunque, diceva: “in media stat virtus”, e io, pensate un po’, sono per l’equilibrio, accompagnato di tanto in tanto da un pizzico di “sincera indifferenza” (quando indotta ovviamente). Perché vi dico questo? Così, perché mi va. D’altronde sono “confessioni” queste, se vi annoiano o irritano girate pure largo. Tuttavia, credetemi, può capitare che il videogioco, o in questo caso “Halo”, si confonda con la realtà, ne rispecchi qualche sfumatura o, semplicemente, vi dia appunto ispirazione per far parlare di sé (del videogioco, non di voi). Avevo già in mente di incentrare il capitolo ” Halo 2 ” sull’argomento “fanatismo ideologico”, in contrapposizione alle gesta di un personaggio in particolare (ben presto capirete quale). E se avevo già in mente l’argomento, un evento, verificatosi di recente, mi ha fermamente convinto sul tema da trattare. Ho scelto “orgoglio e pregiudizio” come titolo di questa terza parte, proprio perché qualche giorno fa si è tenuto il 235? anniversario dalla nascita di Jane Austen : un nome d’arte universalmente conosciuto, a prescindere se l’abbiate studiato al “liceo” in letteratura Inglese (tsk! Il liceo, pensate un po’!), o solo per sentito dire. Ecco, pensavo fosse doveroso omaggiare una poetessa e scrittrice autentica, onesta, libera e senza “pregiudizi” come la Austin perchè, al tempo stesso, mi ha definitivamente ispirato alla stesura di questo capitolo. Ma oggi, 19 dicembre, è un altro giorno: sono stanco, anzi più che altro assonnato, poiché partecipe di un “evento” che ha interessato proprio il mio sito di videogiochi preferito, Cyberludus; ma non per questo privo di fantasia e voglia di scrivere. Anzi, è proprio nei momenti in cui ti balena per la testa un’idea, ti scatta una scintilla, un flash, che ne devi approfittare, altrimenti rischi di perderla il giorno dopo. Anche se in condizioni psico-fisiche non ottimali.

Quindi. . .dov’eravamo rimasti con Master Chief e le sue incantevoli avventure? Direi che il mio “primo” stucchevole impatto col gioco è stato ampiamente espresso. Vorrei parlarvi un po’ del “secondo” impatto, quello in cui “Orgoglio” da una parte e “Pregiudizio” dall’altra trovano un po’ di “spazio” tra i portentosi pixel di Halo 2. Curioso come, se mi fossi cimentato prima, il titolo sarebbe potuto essere di tutt’altro genere e significato, a sua volta influenzato da tutt’altri fattori. Ma ora, in questo momento, trovo azzeccato questo, affine ad eventi e situazioni verosimili. Non so perché, ma la scena dell’Elite (presunto “ribelle”) che viene portato in catene di fronte a sua maestà Il Profeta, pronto ad assistere alla sentenza dei “vertici”, poiché accusato di tradimento al “concilio”, menzogne, e tentato complotto, mi fa riflettere e dire: “Cavolo, allora capita anche nei videogiochi!”. E se Master Chief ci aveva fatto conoscere solo l’aspetto superficiale dei Covenant, in Halo 2 andiamo proprio a scorgerne l’essenza, quella più recondita, oscura, dedita al “fanatismo” estremo. Quella, insomma, in grado di plagiare più razze, in primis Grunt e Brute, e riunirli sotto la medesima effige, o meglio, la medesima “ala protettrice” (scusate se ogni tanto ripeto qualche “luogo comune”). Ma infatti, un capitolo fa, entrando nel dettaglio, non ho forse detto che Covenant e Umani, in fin dei conti, sono la stessa cosa? Con entrambe le razze aventi in comune vizi e virtù, moventi, fini e doppi fini? Dal punto di vista dell’Elite “ribelle”, in un certo senso, si potrebbe parlare, come lo definisco io, di pregiudizio stereotipato. Mi spiego: in Halo vi è un duplice evolversi delle vicende, fattore messo in evidenza proprio in Halo 2 , quando l’Elite “ribelle” mi ha fatto notare come, e in maniera piuttosto lampante, i Covenant altro non fossero che un “miscuglio”, un insieme generico di razze sottomesse al Profeta, o presunto tale. Allontanarsi dal sistema, al solo scopo di smascherarne un velato desiderio di potere, è quanto di buono un Elite potesse fare in quella specifica circostanza. Master Chief deve molto al suo compagno “alieno”. E sfuggire al Profeta (e relativa combriccola) per dar man forte alla causa, ma non prima di aver sventato il fine “ultimo” del falso e diffamante processo, sintetizza appieno il vero “orgoglio” Elite, quello noncurante dei “falsi” pregiudizi, degli inganni, e coerente con il principio di “sacrificio e liberazione”.

In Halo 2 , converrete, Spartan ed Elite viaggiano, inconsapevolmente, di pari passo. Sulla stessa frequenza d’onda. Tant’è che Bungie , per rendere chiara l’idea, ci ha permesso, grazie ad Halo 2 , di vestire i panni dell’Elite ribelle. Ecco, allora, che l’essenza Covenant di cui sopra assume pieno significato: d’altronde, mai nome fu così azzeccato quanto quello del nostro Elite, meglio noto come “Arbiter”. “Arbitro” delle sue azioni e, potremmo dire, vero “Giudice” dei Covenant. Nonostante presentino una loro precisa personalità, ben predisposta agli inganni, i Covenant, soprattutto per questo motivo, si dimostrano “deboli” in partenza. Lo dissi qualche paragrafo fa: è una razza che, nonostante l’eredità tecnologica a disposizione, parte in una posizione di svantaggio, sia morale che ideologico (o fisiologico?). Una guerra dentro una guerra, una lotta intestina che colpisce solitamente chi è in cerca di una precisa identità. Ecco perché, giocando Halo 2 , di tanto in tanto cambia l'”armatura” ma non il punto di vista. Che siamo Arbiter o Master Chief , in entrambi i casi lottiamo contro un’entità comune. Coadiuvati persino da un velato sesto senso, qui sottoforma di una creatura “sottomarina” mistica e misteriosa, un “grillo parlante” in formato gigante, una reincarnazione della nostra coscienza.

Gli “indotti pregiudizi” dei Grunt o dei Brute, soggiogati dalle false promesse del Profeta , nei confronti dell’Arbiter, indicano, appunto, questo desiderio logorante di “potere”, di ascesi, di conoscenza, di morboso attaccamento alle proprie convinzioni pseudo religiose. “Condanniamo l’Arbiter, perché non ha adempito al suo ruolo” (ergo, “Condanniamo l’Arbiter, perché ha deciso di non diventare un burattino”). In Halo 2 , sostanzialmente, emerge il vero volto dei Covenant, al tempo stesso carnefici (subdoli) e fuggitivi. Anche per questo motivo ho sempre visto i Flood come la “materializzazione” batterica dei vizi Covenant, una semplice estensione del loro malessere, insieme “causa e conseguenza”. Qui entra in gioco un altro tipo di “orgoglio”, quello “negativo”, “violento”, diffamatore. . .ma, in fin dei conti, autolesionista.

In fin dei conti, però, e non me ne voglia Master Chief, il vero artefice spirituale della “svolta” è Lui, l’Arbiter.

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