Crisi Gpu tra scalper, prede “felici” e resistenza armata… di una risata: il fenomeno della “Laugh Army”
In questi ultimi mesi, vi abbiamo più volte parlato della questione GPU che, nella complessiva ed endemica crisi legata alla produzione dei semiconduttori, ha rivestito e probabilmente ancora riveste uno degli exemplum più efficaci di come l’indugio produttivo di un singolo anello della catena produttiva globale, possa ottenere come effetto un “terremoto” omnicomprensivo e massimamente esteso. E, al contempo, vi parlammo anche di una nostra, personalissima soluzione al problema che, a fronte di alcuni grattacapi tecnici, avrebbe potuto quanto meno calmierare nell’immediato una situazione che, in sostanza, conviene a tutti fuorché all’utenza normale. Ma, al momento, lo status quo delle cose è ancora “quo” concettualmente, ma non lo è tanto concretamente: in sostanza, la situazione è rimasta la stessa ma i prezzi continuano a salire senza soluzione. Un’ascesa che pare interminabile (e che alcuni sostengano, in modo complottistico, che resterà tale anche al rientro della crisi produttiva dei semiconduttori) e che ha, concretamente o sulla carta, diversi effetti “nefasti” di cui, ovviamente, il peggiore è la “razzia” che avviene nelle tasche di quegli sventurati che, in questo lasso di tempo sfortunato, decidono coscientemente di farsi un pc da zero o, al contempo, potenziare la propria macchina ormai avanti con l’età.
Ma, come quasi sempre accade nella nostra società degli iper consumi, dei fondi finanziari “oscuri” e della globalizzazione selvaggia, le crisi sono “reali” solo per gli utenti finali: come vi spiegammo nel precedente articolo, l’esorbitante aumento dei prezzi dell GPU (che, in alcuni casi, hanno lambito o addirittura superato il 300% del prezzo di listino “classico”) non ha di certo danneggiato produttori e rivenditori, che hanno comunque potuto tranquillamente vendere mantenendo sostanzialmente inalterato il guadagno netto, ma solo l’utenza finale che si è trovata suo malgrado a sborsare somme enormemente maggiori rispetto ai prezzi di lancio di prodotti che, ad oggi, sono già “vecchi”. Al contempo, accade altrettanto frequentemente che da crisi di “ampia portata”, si scatenino tante altre “micro-crisi” spesso artificiali e che, comunque, producono lo stesso effetto indesiderato: “colpi d’ascia” sui portafogli dei malcapitati. E, in questo frangente, ad accompagnare la crisi produttiva legata ai nuovi modelli (che, comunque sia, ha ragioni “vere” come vi abbiamo già spiegato) è, quasi in silenzio, esplosa un’altra crisi nascosta: quella delle GPU “usate”.
Ebbene si, signori miei: se le schede video nuove costano tanto e sono introvabili perché i componenti che urgono per produrle sono in scarse quantità (rispetto alla domanda), l’aumento del costo dell’usato è virtualmente “inspiegabile”. Perché quella che viviamo è una crisi produttiva e che quindi, ragionevolmente, non riguarda le scheda già “create”. Schede che, tra le altre cose, sia per quanto concerne Nvidia che AMD, sono tecnologicamente superiori e diverse, in modo tale da renderle “differenti” per prestazioni e funzionalità rispetto alle serie precedenti (anche se, almeno sulla carta, da entrambi i lati della “barricata” si parla sempre più insistentemente di estensione del supporto alle nuove tecnologie come DLSS o FSR anche alle GPU più vetuste, seppur al momento siano solo “chiacchiere”). Quindi, ci può stare che se il nuovo scarseggia, l’usato possa aumentare di valore: ma vedere schede video del 2018 o più vecchie, vendute allo stesso prezzo di quando erano sigillate, è tutta un’altra storia. O, al contempo, assistere a teatrini dell’ignominia, dove schede sigillate “rubacchiate” dai soliti furbetti (gli inarrivabili scalper) agli utenti seriamente interessati, vengano poi venduti a prezzi addirittura superiori rispetto a quelli proposti dai rivenditori ufficiali. E, appunto, in questo senso, prolificano gli scalper: una figura leggendaria, metà iena e metà verme, che in una sorta di volontà d’essere un vero e proprio virus endemico, vive per rendere maggiormente complicata la vita (di già, da questo punto di vista, difficile) di onesti gamer (che, ricordiamo, lavorano sul serio per comprarsi il necessario per “saziare” la propria passione e non sfruttano le “crisi” per guadagnare senza far nulla) che vorrebbero unicamente giocare. Ed ecco che, i mitici bagarini, approfittando di una certa “indolenza” di produttori e rivenditori (tanto, i soldi si fanno comunque e forse anche maggiormente durante una crisi), sguazzano a più non posso tra drop di schede video et similia, utilizzando decine di bot per acquistare automaticamente nuovi prodotti e rivenderli a prezzo maggiorato.
Il parassitaggio legalizzato operato da questi figuri, però, non ha freno: oltre a render più difficile acquistare una scheda video nuova (materialmente ed economicamente parlando), essi hanno ben pensato di invadere anche l’ambito delle schede usate. E, la situazione, sta leggermente sfuggendo di mano: ora, vendere una 2080 Super usata e con almeno un paio di anni di utilizzo (fatto come?) e senza alcuna garanzia a 900 euro, è considerato “prezzo di mercato” e normale prassi, tanto che anche gli utenti “normali” e alcuni rivenditori hanno iniziato ad accodarsi a questi non meglio giustificati “rincari”. Infatti, basta dare uno sguardo ai vari marketplace, per scovare decine di annunci (alcuni anche truffaldini e “inesistenti”) dove prodotti usati e senza certezze, né formali né razionali, vengono messi in vendita a prezzi addirittura superiori rispetto agli originali (ma lì, si parlava di prodotti nuovi!). In tutto ciò, gli utenti magari non espertissimi o proprio alle prime armi, cedono subito alla tentazione di avere una scheda video che, dai benchmark, si comporta in modo paragonabile alle GPU di nuova generazione, ma ad un prezzo leggermente inferiore. Sorvolando, quindi, che si tratta di un usato, di una generazione precedente (e che spesso, non ha lo stesso supporto software o accesso alle nuove tecnologie) e venduto ad un prezzo assolutamente anormale. In questo senso, si completa il “ciclo” naturale delle cose: i bagarini (i predatori), assaltano le prede (gli acquirenti incauti) che, anzi, sono ben felici di esser “divorati”. Il tutto, con il benestare “tacito” dei grandi predatori (produttori e rivenditori) che, ad ogni modo, guadagnano lo stesso (d’altronde, i soldi dei bagarini, a cui non frega assolutamente nulla del gaming, valgono quanto quelli degli appassionati). E se i prezzi folli conducono a vendite sempre e comunque, ecco che la follia diviene standard e la crisi si acuisce in senso ascendente.
Ma, in questa equazione “perfetta” (per chi ci guadagna), è spuntata una “incognita” irrisolvibile. Una risposta immunitaria, una sorta di “resistenza armata” ad un virus endemico e incontrollabile. Una voce della “verità”, disorganizzata ma spontanea, che sta prendendo piede e sta svolgendo un ruolo, sulla carta, fondamentale per rendere, quanto meno lato “usato”, la situazione più “normale”. Ebbene, c’è un esercito “invisibile” che è correntemente in azione: è il “Laugh Army”, l’esercito della risata. Un fenomeno sociale di rivalsa e resistenza che, in forme ironiche e anche indirette, sta rendendo un pochino più difficile la vita di parassiti e approfittatori. Di cosa stiamo parlando? Ma di tanti utenti, più o meno esperti di informatica e affini ma sicuramente consci della situazione attuale relativa ai prezzi dell’usato, che con dovizia e rigore “reagiscono” ai post di vendita dei bagarini (veri o presunti) nei vari gruppi social destinati alla compravendita tra privati di pezzi hardware. Questo fenomeno, visibilissimo specialmente su Facebook, funge da vero e proprio antivirus contro “quelli che ci provano” e, in una buona maggioranza dei casi, riesce nell’intento di “ridicolizzare” quei post di vendita “impossibili”, facendo andare in fumo la vendita, tramite uno “spam” incontrollabile di reaction, in questo frangente le risate. Ed ecco che, anche per i meno esperti, se il post di vendita è subissato di risate, ebbene… non è più un post di vendita, ma una barzelletta. Anche divertente, visti i commenti che solitamente corredano il post, tra tentativi di scambio con una “Panda” o proposte di accensione di mutui.
L’azione disorganizzata ma costante del “Laugh Army” è ancora più importante visto che, specialmente sul Marketplace di Facebook, le certezze sono molto poche e gli annunci sono limitati dal chilometraggio geografico (il raggio d’azione del post è di massimo 500km dalla città di partenza), molti fra i “malintenzionati” provano costantemente a riproporre i propri post di vendita nei gruppi “specifici” e mirati ai pezzi hardware per PC, dove è molto più facile vendere sia per ragioni di “interesse concentrato”, sia perché scompaiono i limiti geografici di cui sopra. Ed è lì che la risata diviene “salvifica”. E gli effetti, ormai, sono noti a tutti: sono tanti i neofiti che, in modo particolare, sono consci che la risata è indice di bagarinaggio estremo o di “assurdità”. Un lavoro, quello dei “laugh soldier”, dai risvolti sociali notevoli e che, di base, potrebbe avere un buon impatto lato consumatore sul costo dei prodotti (perché, per chi guadagna, guadagnare “di meno” non è sinonimo di “andare in perdita”), specialmente per quanto concerne l’usato “vero” o quei prodotti sigillati rivenduti dai bagarini (che, comunque, si ostinano a riproporli a prezzi pari al nuovo quasi fossero essi rivenditori autorizzati). E chissà che le risate non arrivino anche ai post di rivenditori o produttori, i quali solitamente finché non sentono che la loro “immagine” è a rischio non si “destano” e ricordano che, sì, gli utenti non sono delle mucche da mungere finché “ce n’è”. Ma, speriamo, sia solo una mera questione di tempo.
Dunque, cosa ci resta da dire: lunga vita all’esercito della risata e che, anzi, invada tutti quei “campi di battaglia” dove i furbetti e i parassiti banchettano indisturbati da decadi. E se sei conscio della condizione impossibile relativa ai prezzi e ti dovesse capitare un post che di questa assurdità ne è effige, l’unica cosa che devi fare è… riderci su(l post)!