Con la più recente pubblicazione datata 22 febbraio 2021, la saga di Fallen Legion lascia il posto al nuovo arrivato, Fallen Legion Revenants, che getta le basi del brand verso un soft reboot. La serie di videogiochi action a tinte ruolistiche, prodotta dai team di sviluppo indonesiani “Mintsphere” e “YummyYummyTummy“, trova le sue fondamenta in una tradizione legata allo sviluppo degli RPG di stampo orientale, appunto i JRPG, con uno scorrimento laterale del gameplay ed una serie di elementi che richiamano l’immaginario videoludico della terra del Sol Levante. I dettami delle precedenti iterazioni di Fallen Legion, con il suo ultimo capitolo, subiscono un profondo mutamento, costituendo un punto di svolta apparentemente irreversibile. L’ammodernamento estetico del titolo, in piena contraddizione con i princìpi cardine delle produzioni di stampo orientale, si accompagna ad una generica rivalutazione dell’intero impianto di gioco, sia esso sul fronte ludico ma, soprattutto, in quello narrativo. Nel corso di questa recensione, dunque, cercheremo di analizzare quelle che sono state le nostre avventure all’interno del controverso mondo di Fallen Legion Revenants.
Negli “antri oscuri e desolati” della Terra
In un mondo assoggettato dal caos e dallo scompiglio, una strana sostanza, il miasma, ha rovinato la madre Terra e tutti coloro che la abitano. Uomini, donne, bambini e creature vengono irreversibilmente trasformati in abomini della natura, in creature mostruose che intralciano il cammino di tutti quegli sciagurati che osano attraversare i vari sentieri. In quello stesso universo, ormai allo sbaraglio, un solo posto appare, all’esterno, il paradiso terrestre: Welkin, un castello fluttuante nel quale vige l’anarchia del sovrano Ivor, il guardiano di quella prigione, la cui supremazia si avvale di un ferreo governamento. Tale pretesto narrativo, di per sé poco originale, trova la sua piena realizzazione nei due protagonisti delle peripezie che caratterizzano Fallen Legion Revenants, intenti ad ostacolare il cammino del custode della fortezza. Da una parte abbiamo Rowena, una stregona che, fluttuando sullo sterile campo di battaglia, ricorda come il suo fallimento in questa immanente vita terrena le sia costata la privazione delle emozioni. Ormai incapace di piangere, il suo unico scopo è quello di salvare l’amato figlio prigioniero di Welkin e, per la realizzazione del proprio obiettivo, scenderà in guerra sbaragliando chi ostruisce il proprio cammino. Il secondo dei due protagonisti, Lucien, è invece un uomo meno avvezzo alle questioni di carattere bellico e più razionale. Avente in comune, con Rowena, il desiderio di spodestare Ivor dal proprio dominio, Lucien approfitterà della sua posizione all’interno del castello, ingraziandosi il volere del consiglio per raggiungere il proprio scopo.
Progressione come contrario di tradizione
Se da un lato abbiamo una trama poco originale, ma che potrebbe comunque gettare le basi per una produzione potenzialmente intrigante, dall’altra parte vi è uno dei tanti punti deboli del progetto targato “Mintsphere” e “YummyYummyTummy”, costituito dal filone narrativo. Come abbiamo detto nel preludio di questa recensione, il vero salto in avanti della saga Fallen Legion è istituito dalla sua composizione artistica: che si tratti del comparto legato all’estetica o al racconto di questa, il distacco dal predecessore “Fallen Legion: Rise To Glory” è evidente e, per certi aspetti, notevole. In un mondo statico e poco soggetto a mutamenti come quello dei giochi di ruolo giapponesi, la creazione di un titolo dai finali multipli determina una dichiarazione d’intenti circa il distacco concettuale dai dogmi del mondo del game design orientale. Tuttavia, le semplici intenzioni di sviluppo non sono sufficienti a creare un prodotto che sappia ingraziarsi il volere del pubblico occidentale, quantitativamente più numeroso e meno avvezzo a produzioni di carattere tradizionalistico.
Dualismo narrativo
L’intero corso dell’avventura vedrà uno sviluppo dicotomico, che consentirà al videogiocatore di vivere la stessa esperienza su due punti di vista differenti e combacianti tra loro. Ciò nonostante, l’intrigante sistema narrativo trova una pessima realizzazione in un mondo di gioco che, apparentemente, sembra prendere il proprio avvio ancor prima delle stesse vicende. Sin dalle primissime battute, infatti, i personaggi vengono direttamente coinvolti in quelle battaglie ed intrighi di corte che costelleranno l’intero corso del gameplay, accompagnandoci solo in apparenza verso Welkin ed il suo circondario, apparentemente irraggiungibili. Si richiede, dunque, che dalla parte del giocatore vi sia una comprensione autonoma dell’intero contesto nel quale è immerso ma, sfortunatamente, le conseguenze di questa peculiarità non sono positive. L’incentivo di rigiocare Fallen Legion Revenants, incoraggiato dalla presenza di bivi narrativi, appare dunque artificioso e conduce macchinosamente l’utente nell’universo in questione. Nonostante possa apparire tutto negativo in maniera unilaterale, all’interno di Fallen Legion Revenants vi sono disseminati una serie di dialoghi che chiarificano l’intero quadro politico e sociale. Tuttavia, anche qui vi è un profondo limite del prodotto, principalmente legato all’assenza di una traduzione italiana. La presenza di una lingua inglese non troppo complicata da comprendere (parametro che ricade nella soggettività dell’utente) rende ugualmente mediata, intesa come non immediata, la comprensione delle circostanze che coinvolgono i personaggi principali dell’avventura ma, soprattutto, il giocatore.
Non sempre il cambiamento è sinonimo di successo
Pur essendo stato oggetto, a più riprese, della nostra discussione, abbiamo precedentemente ribadito come l’innovazione di Fallen Legion, con quest’ultimo capitolo, sia avvenuta primariamente sul fronte narrativo. Tuttavia, a discapito di quanto detto precedentemente, il vero fiore all’occhiello dell’intera produzione (ma in generale della saga) rimane il comparto ludico. Quest’ultimo, nel corso delle diverse ore di gioco, sarà l’elemento che costituirà la maggior parte dell’avventura, dimostrando come l’innovazione narrativa sia unicamente ascrivibile ad un “vizio di forma”, seppure la sua validità non sia del tutto inesistente. Costituito da un classico sistema di combattimento bidimensionale a scorrimento laterale, la composizione del gameplay si basa su una generica fase di preparazione del nostro piccolo battaglione, a cui seguiranno gli scontri effettivi sul campo. Composto da quattro membri manovrati dal giocatore, i componenti del nostro team saranno gli Exemplars, antiche armi millenarie dalle fattezze antropomorfe. Assegnatogli una relativa abilità (il che apre le porte ad una personalizzazione estremamente limitata e raffazzonata) e l’opportuno tasto del controller, le azioni effettuabili con le proprie armi viventi sono estremamente limitate. Dettati dalla natura del prodotto a scorrimento su una griglia 4×1, gli script eseguibili si legano alla ramificazione di un basilare sistema dicotomico attacco-difesa, che premia il giocatore caparbio e capace di effettuare delle parate con opportune tempistiche. Questo inficia sulla qualità del gameplay, con una durata degli scontri estenuante. L’impressione generale che si ha è quella di un sistema di gioco impegnativo, ma in cui la padronanza di questo risulta essere un elemento secondario del prodotto, che viene aggravato da alcune fasi di combattimento confusionarie, poco appaganti ed al limite della pressione continua di tasti senza alcuna logica.
Concludendo…
È difficile poter giudicare positivamente questo prodotto, poco appagante e tendente alla frustrazione in alcune sezioni di gioco. L’idea di Fallen Legion Relevants è quella di un prodotto che tenta, in tutti i modi, di distaccarsi dal folclore delle produzioni ruolistiche orientali. Tuttavia, il risultato ottenuto è un titolo che, piuttosto che fare del proprio fiore all’occhiello un cavallo di battaglia, lo rende a tratti un elemento secondario ed effimero. In altre parole, l’ultima produzione targata “Mintsphere” e “YummyYummyTummy” determina un passo indietro rispetto alle precedenti iterazioni del brand videoludico. Ad aggravare la situazione, l’assenza di una traduzione italiana inficia negativamente sull’unica versione esistente sul mercato, quella inglese, caratterizzata da un doppiaggio mediocre. A tutti i non addetti ai JRPG a scorrimento laterale, dunque, si consiglia con estrema riserva (se non addirittura si sconsiglia) l’acquisto del prodotto in questione, venduto ad un costo ingente di 49,99 euro