Pubblicata ad alcuni giorni di distanza dalla stesura di questo editoriale (quattro per l’esattezza), la demo giocabile del nuovo capito dell’IP storica di Capcom, Monster Hunter, ha già raggiunto gli scaffali digitali dei possessori di Nintendo Switch, catapultando i tanti utenti curiosi in un breve ma intenso accenno del mondo di gioco di uno degli rpg a tinte action più rilevanti del panorama videoludico. Dopo il fallimento, unicamente nella terra del sol levante, del reboot della saga sulla ormai old gen, il team di sviluppo del suddetto capitolo (capeggiato da Yasunori Ichinose) si è rilanciato sulla progettazione di un capitolo che sapesse, sin dal suo concept teorico, offrire un’esperienza ibrida (non a caso ha raggiunto la libreria dei titoli di Nintendo Switch) tra la più recente offerta di Monster Hunter World: Iceborne e una più classica di Monster Hunter Generations Ultimate. Prendendo da entrambe le esperienze l’engine di gioco, le movenze delle armi, dei personaggi e altre caratteristiche peculiari, l’offerta a disposizione dell’utenza è, in pura chiave concettuale, la migliore che i fan della saga potessero richiedere. Nel corso delle trenta missioni che Capcom ha messo a disposizione di ogni singolo consumatore per questa beta, bypassabili tramite la cancellazione dei dati di gioco, abbiamo deciso di analizzare gli aspetti positivi e quelli negativi degli ultimi due capitoli della saga, per vedere come e se (ovviamente in questo primissimo accenno delle avventure che ci accompagneranno nel mondo di Kamura) l’ultima esperienza, a tratti negativa, abbia portato a dei cambiamenti nella prossima iterazione videoludica. Nonostante sia in parte stato ribadito, ci teniamo a sottolineare come il seguito dell’articolo sia unicamente frutto di congetture e supposizioni nate dall’esperienza utente di cui tutti noi abbiamo preso parte nel corso degli ultimi giorni. Chiaramente non si tratta in alcun modo di idee definitive o radicali, ma sulla base delle cacce alle quali abbiamo potuto partecipare con questa beta (anche degli altri mostri presenti in missione, non limitandoci dunque al completamento dell’obiettivo e dedicandoci anche all’esplorazione della mappa).

Vecchio non significa banale

Sfatiamo subito un mito che affligge da diverso la IP di Monster Hunter e che, tra critica specializzata ed il mal contento dell’utenza, imperversa senza sosta: vecchio non significa, pressoché in nessuna iterazione della saga, uguaglianza, o peggio banalità. Il ritorno di alcuni mostri, sia esso vistoso o esiguo, viene sempre accompagnato da una rivisitazione totale di questi. Queste modifiche possono infatti riguardare l’IA (il cui cambiamento appare lampante in alcuni casi in Monster Hunter Rise), i propri pattern (escludendo dunque il capitolo World e la sua deficienza artificiale), l’interazione con il mondo di gioco e, come se non bastasse, la rivisitazione totale del gameplay delle armi e del giocatore. Chiaramente è ancora troppo presto per poter definire con certezza se questo aspetto prenda unicamente i lati positivi o negativi delle precedenti produzioni targate Capcom, ma indubbiamente le cacce in Monster Hunter Rise sembrano subire il fascino di una ibridazione WorldGenerations Ultimate. Il gameplay, infatti, appare tanto frenetico quanto determinato da una logica caratterizzante i capitoli pre-World, caratterizzando sulla carta un potenziale successo per il prodotto in dirittura d’arrivo. Il fascino del RE Engine colpisce al cuore dei più nostalgici della saga, che però si sconteranno con un’altra dura realtà.

Lettura e riposizionamento

Chiunque abbia giocato per molto tempo i capitoli della saga brandizzata Capcom, ad eccezione di World e la relativa espansione (seppure con quest’ultima ci sia stato un tentativo di ritorno alle origini con una minima rivisitazione dell’IA), avrà sicuramente notato alla centesima caccia di un determinato mostro come questo apparisse sempre più leggibile nei suoi movimenti. Sia esso causato dall’esperienza del videogiocatore, dagli infiniti tentativi e da altri fattori determinanti, la vera ragione di questo era l’intelligenza artificiale dei mostri che, basandosi su un pattern e da un moveset dal quale estrapolare una concatenazione di mosse, rendeva il gameplay sì variegato, ma soprattutto ostico per tutti gli inesperti del mondo di gioco. In altre parole, ad essere premiato per l’investimento del proprio tempo in un videogioco non era mai il cacciatore inesperto che non prestava attenzione alla preparazione dell’equipaggiamento nel villaggio, ma colui che dedicava il proprio tempo nell’analisi dell’ambiente di gioco e del mostro.

Nonostante questa fase antecedente alla missione sia definitivamente venuta meno con l’inserimento di una interazione con l’accampamento quantitativamente incrementata (si giudichi soggettivamente se questa introduzione sia positiva o negativa), Monster Hunter Rise rappresenta un ottimo ritorno – parziale – alle origini, con una IA dei mostri più comprensibile per i cacciatori esperti. Tuttavia, l’occidentalizzazione della saga ha comportato una serie di conseguenze apparentemente irreversibili. I frutti dell’esperienza World, evidente anche a causa della gestione di Ichinose del progetto “Rise”, appaiono più acerbi che mai, con una serie di riposizionamenti dei mostri ingestibili per il giocatore e, soprattutto, frustranti. Non poche volte, infatti, capiterà di affrontare un Mizutsune in preda al bisogno di riposizionarsi, sia nella sua fase di attacco o nella percorrenza di metà area di gioco a seguito di un colpo critico che lo ha mandato in stordimento. Le cacce, specialmente per i cacciatori intenti nell’ardua impresa delle speedrun, si trasformeranno dunque non poche volte in una lotteria, in cui la ruota della fortuna determina un esito positivo sulla base di una intelligenza artificiale sì potenzialmente buona, ma che sembra ancora mostrare i frutti di un duro lavoro non portato a termine. Si spera che questo, almeno in parte, venga rivisitato nella fase antecedente alla pubblicazione del titolo.

Gameplay

Il primo concept fondamentale di ibridazione WorldGenerations Ultimate si vede nella rivisitazione di tutte le quattordici armi che costituiscono l’arsenale a disposizione del cacciatore. La ripresa dello stile di gameplay del titolo sulle console di casa Sony e Microsoft, al quale si aggiungono le movenze dell’iterazione esclusiva per Switch e la nuova introduzione dell’insettofilo, mostra una potenzialità sulla carta ineccepibile, che al di là delle imperfezioni della beta mostrano il duro lavoro del team di sviluppo. Tralasciando il riscontro di errori nella pressione di più input in contemporanea, infatti, le armi che più soffrivano del nuovo concept di World sembrano davvero mostrare la dichiarazione di intenti della casa nipponica produttrice, che sembra essere interessata ad offrire un’esperienza che sappia realmente far breccia nei cuori di un’utenza occidentale e che, inoltre, non sappia scontentare nemmeno i fan più hardcore del brand.

Spadascia, lancia, lancia-fucile, falcione insetto e lama caricata sfruttano sin da subito le potenzialità del nuovo insettofilo, andando a bilanciare una serie di mancanze che affliggevano il loro gameplay nell’ultimo capitolo. Nonostante le introduzioni siano numerose e meritevoli di ulteriori approfondimenti, ad essere realmente rilevante è la gestione di tutti gli elementi che sì costituiscono l’intera esperienza di gioco, ma che appaiono come secondari se paragonati alla caccia dei mostri.

Mappa, esplorazione, fauna endemica

Il vero fiore ad occhiello di Monster Hunter Rise è costituito dall’ambientazione di gioco. Nonostante i primi accenni di verticalità si siano visti già con le meno recenti iterazioni del brand, come i gradini nella mappa, anche la verticalità in Monster Hunter subisce l’influenza del reboot di PS4 ed Xbox One. Grazie alla più recente implementazione del clutch claw, infatti, World ed Iceborne seppero ridefinire un concetto di verticalità divenuto necessario, per andare a rinnovare una formula di gameplay in parte datata (ma non per questa poco valida). Queste introduzioni, tuttavia, peccavano di due gravi errori concettuali, che hanno anche definito la morte prematura del titolo: l’assenza di una maggiore verticalità nell’esplorazione della mappa (esistente, ma ancorata al passato) e, soprattutto, di un bilanciamento in battaglia. Tutti i cacciatori del nuovo mondo ricorderanno perfettamente l’esperienza frustrante di un Monster Hunter poco soddisfacente sul fronte della difficoltà, soppressa con l’introduzione di un rampino artiglio spammabile e che bloccava costantemente il mostro a terra. Tutto questo viene meno con Rise, offrendo all’utente un senso di immersività che ridefinisce i paradigmi dell’esperienza ruolistica a tinte action del brand.

Inizia ad assumere un reale valore l’esplorazione di punti secondari della mappa, offrendo al cacciatore una serie di punti di raccolta (siano essi minerali o altro) altrimenti irraggiungibili. Inoltre, a premiare l’esplorazione vi è un incentivo da non sottovalutare: la fauna endemica. Inizialmente relegata ad un blando arricchimento del mondo di gioco, in Monster Hunter Rise la loro esistenza è stata sfruttata –in modo geniale- dagli sviluppatori, fornendo una serie di potenziamenti per le statistiche del giocatore in salute, resistenza, attacco, difesa e affinità. Appare evidente, dunque, come la formula del game design di Capcom abbia subito un’evoluzione, ridando una validità alle aree secondarie precedentemente perdutasi. Tuttavia, gli interrogativi su questa feature rimangono senza alcuna risposta, portando a domandarci quanto la fauna endemica sarà influente sul gameplay generale, se sarà secondaria o meta per lo svolgimento ottimale delle proprie cacce.

Concludendo…

In conclusione, di carne a fuoco con questa beta ne è stata messa tanta. Nonostante le soluzioni agli interrogativi, come il bilanciamento della cavalcata dei mostri e altri aspetti legati al bilanciamento di armi e mosse con il nuovo insettofilo, siano da rimandare al prossimo 26 marzo. Dalla primissima interazione con Monster Hunter Rise si intravede il potenziale di un ottimo capitolo, al di là delle imperfezioni tecniche che contraddistinguono il titolo, anche a causa dell’hardware sul quale il prodotto gira. Sul fronte del frame rate, infatti, si registrano dei cali non indifferenti nelle fasi concitate di gameplay in multigiocatore, che con l’implementazione di effetti particellari e la presenza di quattro giocatori più un compagno felyne/canyne per cacciatore rendono a tratti impossibile comprendere quello che accade sullo schermo. Questi problemi si presentano con meno influenza nell’esperienza single player, ma è ancora impossibile fornire un giudizio a tal proposito dopo la prova di una breve beta. Nell’attesa che Monster Hunter Rise raggiunga gli scaffali di tutti i giocatori nel mese di marzo, e nell’attesa di un miglioramento di alcuni errori di hit box e possibili bilanciamenti delle nuove implementazioni, vi invitiamo a provare la beta di questo nuovo titolo, disponibile nel Nintendo E-Shop fino all’inizio di febbraio. Nonostante la breve esperienza provata non raggiunga i pieni voti (ammesso che abbia alcuna valenza fornirne uno in questa fase di gioco), consigliamo l’acquisto di quello che appare come un potenziale prodotto spacca-mascella della line up Nintendo per i primissimi mesi dell’anno corrente.

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