A otto anni dall’annuncio e dopo qualche rinvio di troppo, è finalmente giunto sugli scaffali (virtuali e non) uno dei titoli più attesi e, senza timore di smentita, uno dei prodotti più ambiziosi dell’ultimo decennio. Stiamo parlando ovviamente di quel Cyberpunk 2077, che in questo momento si ritrova a essere al centro di un dibattito tutt’altro che lusinghiero: sono note infatti le grandissime problematiche proprie delle versioni PS4 e Xbox One del gioco, tali e in tale quantità da renderlo, se non quasi ingiocabile, davvero poco fruibile. Una situazione gestita davvero male dai ragazzi di CD Projekt Red, e pur rendendoci conto della gravità, al limite della mancanza di rispetto soprattutto nei confronti di chi ha avuto accesso al preordine da tempo, abbiamo dovuto interfacciarci con una versione PC clamorosa, certo non totalmente priva di difetti, ma in grado di farci riflettere sul cosa possa essere davvero la “next-gen”, un termine abusato che ha probabilmente perso di pregnanza, per chi vi scrive, con l’uscita di PS5 e Xbox Series X, console che ad oggi non hanno visto uscite in grado di rappresentare quel salto generazionale promesso dalle rispettive capacità hardware.
Inoltre, il titolo che oggi ci accingiamo a recensire ha dovuto fare i conti anche con le grandi aspettative che, nel corso di questi anni, CD Projekt Red ha creato più o meno volontariamente: tra tutte è ovvio che l’aver sviluppato quella perla di The Witcher 3 abbia favorito la crescita dell’hype intorno a Cyberpunk 2077 e di una certa “ansia da prestazione” nei confronti del capolavoro precedente, ma rassicuriamo tutti sin da subito che a fronte delle dovute differenze legate all’ambientazione, il gioco non ci ha fatto rimpiangere né quantitativamente, né qualitativamente il Velen, neppure per un secondo.
Vediamo insieme come si è comportato durante la nostra prova.
Questa è la storia “mozzafiato” di V
Come al solito non faremo accenno ad alcun tipo di spoiler, ma per comprendere a pieno il titolo è necessario accennare uno degli aspetti più sbalorditivi del gioco: la narrativa. Il contesto, per chi non conoscesse il lore di Cyberpunk 2077, è squisitamente decadente: un futuro distopico dominato dalle corporazioni che, dopo un collasso economico e ben cinque guerre, ristabiliscono un precario equilibrio, tutt’altro che pacifico, basato proprio sulla competizione e la ricerca di tecnologie successive alla singolarità tecnologica. Questo è solo un accenno, ma consigliamo a chiunque abbia tempo e voglia di farlo di approfondire l’argomento poiché solo attraverso la conoscenza dello stesso potrete godere di tutta una serie di rimandi alla storia che il gioco vi metterà di fronte.
A prescindere dal sesso o dal genere del personaggio che si deciderà di caratterizzare attraverso il potente editor a disposizione, vestirete i panni di V, una sorta di ladro intenzionato a diventare qualcuno che conta in quella giungla urbana di Night City. Il prologo del vostro personaggio lo deciderete tra i tre disponibili – un Nomad che abbandona le terre di origine, uno Street Kid che cerca di sopravvivere in città sgomitando, un membro delle Corporazioni che decide di “mettersi in proprio” – ma tutti confluiranno ben presto nel vero nodo della trama: tra i vari furti, V si imbatterà in quello di un biochip sul quale vi è scaricata la memoria di Johnny Silverhand (Keanu Reeves), un rivoluzionario che ha cercato di sovvertire l’ordine delle corporazioni. Ad un certo punto, il nostro alter ego si troverà costretto a innestarselo all’interno del proprio corpo e, proprio da quel momento, inizia la main quest di Cyberpunk 2077. Il piacere di scoprire come va a finire lo lasceremo a voi.
Alla luce di quanto di buono fatto con i giochi precedenti, CD Projekt Red anche questa volta ci offre un mondo pulsante, pieno di quest secondarie in grado di rappresentare un ottimo diversivo alla vicenda principale, alcune talmente ben fatte da configurarsi come vere e proprie “trame nella trama”, per certi versi addirittura più intriganti della narrazione che ci porterà all’end game. Dal punto di vista quantitativo, per rendere correttamente l’idea, è necessario che sappiate che per completare il gioco seguendo la sola main quest vi ci vorranno dalle 30 alle 40 ore, ma grazie alle secondarie si arriva facilmente a sforare le 100.
E a far diventare ancora più immersivo il tutto vi sono i personaggi che incontreremo, plasmati in modo tale da diventare elementi fondanti dell’esperienza emotiva del gioco al pari di attori navigati. Alcuni di essi lo faranno addirittura in modo più incisivo del personaggio interpretato da Keanu Reeves, quasi a relegare quest’ultimo tra le trovate narrative più “ordinarie” dell’intera produzione. E scusate se è poco.
Ma che gioco è Cyberpunk 2077?
Cyberpunk 2077 è in tutto e per tutto un gioco di ruolo, in prima persona e dall’impronta action, ma lo è nel senso più puro del termine. Azzardando un po’ vi basti sapere che è abbastanza vicino, per le meccaniche, alle ultime iterazioni della serie The Elder Scrolls, mentre lo stealth e l’albero delle abilità attinge maggiormente da quanto visto nel recente reboot di Deus Ex. Ecco, forse questi due esempi possono dare una buona – ma ancora sbiadita – idea di ciò di cui stiamo parlando.
Purtroppo su questo aspetto se ne sono dette di cotte e di crude, da improbabili e forzatissimi paragoni con i free roaming alla GTA a baggianate vere e proprie come i parallelismi con Destiny e Borderlands alla luce del fatto che “è uno sparatutto con elementi di gioco di ruolo”. No. Niente di tutto questo e, vi prego, se vi aspettate qualcosa di simile questo NON è il gioco che fa per voi e vi invitiamo a lasciar perdere l’acquisto.
Ma quali sono gli elementi che lo differenziano da questi paragoni forzati?
Partiamo dai dialoghi, tra i migliori che ricordi e, tramite alcune scelte che nell’immediato non avranno conseguenze apparenti, saranno anche capaci di intelaiare una rete di rapporti causa\effetto che si disvelerà solo col proseguire della storia, in modi del tutto inaspettati. Trovarsi di fronte un NPC che non vorrà fare affari con noi perché, durante le fasi iniziali del gioco, abbiamo selezionato tra le risposte a nostra disposizione quella meno amichevole è una situazione decisamente stimolante e ci fa sentire tutto il peso delle scelte che vi si presenteranno da quel momento in poi. Una caratteristica che aumenta a dismisura il divertimento anche nelle run successive, e da corollario, la rigiocabilità e la longevità del titolo.
Poi ci stanno le meccaniche vere e proprie, strettamente legate all’ottenimento di punti esperienza e al loro utilizzo al fine di aumentare le capacità del proprio alter ego. Anche il combattimento risponde a precise dinamiche statistiche legate alla caratterizzazione del personaggio. L’approccio lo deciderete voi e sarà bene impariate tanto a gestire le vostre capacità quanto a leggere le possibilità che il contesto vi offre per poter uscire vivi da qualsiasi situazione (quest’ultima una cosa determinante soprattutto a chi decide di puntare nell’affinamento delle abilità informatiche). Se per i combattimenti armati e le fasi stealth e di hackeraggio ci troviamo di fronte a punte di assoluto splendore, forse i combattimenti melee non ci han convinto pienamente, con colpi che non hanno mai restituito una sensazione reale di fisicità come ci saremmo aspettati in una produzione del genere. Inoltre, la natura ruolistica del gioco, è evidente dal fatto che il proprio personaggio va equipaggiato, va gestito il suo inventario e curati gli innesti “cyberware”, ovvero potenziamenti da inserire direttamente nel corpo, in grado di conferire varie migliorie: una maggiore forza, migliore resistenza, salti più performanti…
A rendere le cose ancora più interessanti – e ansiogene – vi è la buona qualità della progressione, che tra l’altro è lasciata completamente nelle mani del giocatore, senza grandi spiegazioni e senza la possibilità di tornare sui propri passi una volta assegnati i punti abilità al passaggio di livello. In realtà un modo per resettare le stats c’è, ma è talmente oneroso da risultare un vero e proprio lusso al quale solo pochi giocatori vorranno accedervi. Purtroppo, e questo è un avvertimento di cui dovreste far tesoro, è anche uno degli aspetti più infami del gioco: non sviluppare un personaggio in linea con la nostra vocazione, o svilupparlo in modo poco corretto, potrebbe causare vera e propria frustrazione visto che è possibile rimanere incagliati durante alcune missioni o durante certe boss fight a causa di punti abilità spesi male. Per farla breve, non è solo inutile ma anche controproducente spendere punti negli impianti che dovrebbero aiutarci a usare meglio le armi pesanti se poi cerchiamo di approcciare alle missioni come dei novelli Lupin cibernetici. Imparare a spendere i punti abilità sarà anche fonte di appagamento.
Se il mondo di gioco è, in termini di estensione superficiale, più piccolo di quello a cui ci ha abituati il team polacco con la terza iterazione della saga di The Witcher, è pur vero che Night City si estende soprattutto verticalmente, e proprio in questa terza dimensione che il set di gioco dà il meglio di sé: i sette quartieri della “città che non dorme mai” sono davvero pieni di vita, pullulanti di personaggi che la abitano in modo coerente e assolutamente credibile. Le dimensioni contenute sono una scelta, a parer mio, più che intelligente, soprattutto perché non richiedono necessariamente un mezzo per poter compiere traversate chilometriche da un punto A a un punto B della mappa. Sì, perché proprio per la sua vocazione lontana dal GTA al quale è stato subito avvicinato dai più buontemponi, in Cyberpunk 2077 non sarà possibile rubare qualsiasi auto sin da subito, sarà necessario infatti sbloccare determinate abilità per poter accedere allo “scassinamento veicoli”, e maggiore sarà la qualità dell’autovettura, più specialistiche saranno le abilità richieste. Inoltre, qualsiasi operazione che vi inimicherà le forze di polizia, anche se liberamente permessa, sarà caldamente sconsigliata, soprattutto a causa delle pesanti ricadute sul gameplay scatenate da una condotta eccessivamente negativa. La guida dei veicoli si configura come l’aspetto che ci ha convinti di meno: sicuramente privo di qualsiasi velleità simulativa, guidare per Night City restituisce una sensazione di eccessiva leggerezza, anche su suoli che avrebbero dovuto creare una resistenza decisamente maggiore.
Chiude l’offerta un’intelligenza artificiale funzionale all’apparato ludico ma non eccezionale. Le reazioni dei nemici sono sempre abbastanza credibili, pur sempre privi di colpi di genio, ma quel che fa storcere il naso sono soprattutto gli alleati, ogni tanto addirittura incapaci di badare a sé stessi. È possibile che le prossime patch, già annunciate, vadano a migliorare proprio le routine di comportamento dei personaggi, aumentandone l’efficienza, ma per adesso è una nota stonata che crea comunque una dissonanza in una sinfonia magistralmente eseguita come questa.
CD Projekt Red ci trasporta nella vera next-gen
Probabilmente, insieme solo a Microsoft Flight Simulator, Cyberpunk 2077 è il rappresentante di ciò che avevamo tutti in testa per esprimere il concetto di quel salto generazionale conosciuto come “next-gen”. Graficamente ci troviamo di fronte a uno dei titoli, se non addirittura al titolo, più opulento della storia, con una quantità tale di dettagli a schermo da rendere difficile rendere l’idea a parole. E benché l’attivazione del Ray Tracing sia un vezzo per i pochi possessori di schede Nvidia RTX (in questo momento non è disponibile per le GPU AMD), diviene un vero e proprio orgasmo oculare, cambiando addirittura la percezione di un mondo perfettamente godibile anche senza.
Tutto questo ha un prezzo, non eccessivo ma sicuramente alto, in termini di risorse hardware: i requisiti indicati da CD Projekt Red sono abbastanza affidabili, e per godersi il gioco a una risoluzione non eccessiva, con i dettagli medio-alti, vi basterà non scendere al di sotto di un i5 di quarta generazione o un Ryzen equivalente, 16 GB di Ram e una GTX 1060 o una Radeon RX 570. Sarebbe un delitto dover scendere ulteriormente e giocare con i dettagli al minimo poiché crediamo che gli scorci, mai come questa volta, siano parte integrante dell’intera esperienza.
Purtroppo permane qualche piccolo difetto di programmazione che non permette al gioco di assurgere alla perfezione: anche se durante la nostra prova è avvenuto un solo crash che ci ha portati inspiegabilmente ad avere di fronte il desktop di Windows, i bug ci sono sembrati troppi, così come troppi sono stati i glitch grafici ai quali abbiamo assistito, pur senza mai configurarsi come degli ostacoli al proseguimento del gioco. Quelli da noi riscontrati hanno lo stesso peso di una Rutilia incastrata sui tetti durante le prime sessioni a The Witcher 3, per il quale è bastata qualche patch per trasformare il gioco in un campione di stabilità. Speriamo vivamente che anche Cyberpunk 2077 riesca a ottenere lo stesso risultato nel più breve tempo possibile, ma è innegabile l’insoddisfazione di questa situazione all’uscita, soprattutto dopo i numerosi ritardi del gioco, sia un elemento da tenere in considerazione ed è bene che l’acquirente sappia a cosa va incontro sborsando i suoi soldi.
Artisticamente è un gioiellino. La caratterizzazione del mondo di gioco, forte di un lore già ben rodato nel corso del tempo, è praticamente perfetta. Il decadimento cementizio urbano, il metallo degli impianti cyberware, gli ologrammi pubblicitari e le fredde luci dei neon sono stati dosati in modo tale da rendere perfettamente le atmosfere che il gioco di ruolo (Cyberpunk 2020) e i libri hanno creato nel corso degli ultimi trenta anni. Anche i brani musicali, che spaziano in generi diversi come la synthwave e il rock alternativo, toccando anche il jazz e la lounge, rievocano perfettamente proprio l’immaginario più genuinamente distopico dell’ambientazione. E se il comparto audio si assesta su livelli decisamente buoni, su livelli ancora più alti va ricercata la qualità del doppiaggio – interamente in italiano – del gioco: Luca Ward, doppiatore italiano di Keanu Reeves, come voce di Johnny Silverhand è davvero un valore aggiunto di una produzione che non ha assolutamente eguali.
Concludendo…
L’ultima fatica del team polacco prende un genere come il gioco di ruolo in prima persona, lo rivolta come un calzino, lo riempie di balocchi e cotillon, e ve lo restituisce settando automaticamente i vostri nuovi standard. L’ambientazione, strutturata da anni di giochi di ruolo cartacei e libri, dona alla produzione quel quid in più capace di fare la differenza con competitors che da oggi dovranno rimboccarsi ancor meglio le maniche per poter almeno tentare di dire la propria. Purtroppo c’è l’innegabile sensazione di un’opera che aveva bisogno ancora di tempo per qualche limatura tecnica, esigenza resa manifesta da una quantità di bug non impossibile da gestire ma comunque importante, una macchia che è stata di certo generata dalla fretta di uscire a causa di esigenze commerciali e non dall’incapacità di un team che non ha davvero bisogno di dimostrare le sue acclarate qualità.
Il voto in calce vuole essere una sorta di punto medio tra ciò che avrebbe potuto essere (9.6) – magari senza il fardello della complicata versione console che volutamente non abbiamo voluto considerare nella nostra disamina – e ciò che è stato al day one (8.8), poiché siamo sicuri che le prossime patch restituiranno proprio il prodotto che il team polacco aveva in mente per la sua fanbase.
Quello che abbiamo detto in sede di recensione è abbastanza chiaro: Cyberpunk 2077 per PC è un titolo capace di farci ripensare al significato più profondo di next-gen, che volete di più? La polimastia di Mary di Atto di Forza?