Dopo un’attesa a dir poco estenuante, il catalogo di produzioni esclusive Sony è stato nuovamente ampliato con Ghost of Tsushima, opera prodotta da Sucker Punch e segnante ormai il tramonto dell’epoca Playstation 4. A seguito di una lunga uscita dalla scena videoludica del team di sviluppo, durata sei anni dopo la pubblicazione di Infamous Second Son, il tentativo di tornare in auge con un titolo a suo modo innovativo trova la sua realizzazione in una narrazione simil-cinematogafica delle avventure di Jin Sakai, le cui gesta, avvolte in parte dal mistero, riecheggiano nell’aria dell’isola di Tsushima. Ambientato in un’epoca simile ma non congruente a scenari nipponici appartenenti ad altre produzioni più o meno recenti, come Sekiro: Shadows Die Twice o Nioh, il distacco da queste si evince nel carattere non-videoludico della sceneggiatura, adattando le peculiarità del nostro amato medium alle narrazioni da grande schermo. Esaltando quindi una referenzialità apparente, in particolar modo al periodo tra gli anni ‘50 e ‘80 dell’industria cinematografica nipponica, anche l’introduzione di una modalità dedicata ad Akira Kurosawa lascia intendere la direzione stilistica del titolo.
C’era una volta, nel lontano oriente…
Ambientate a Tsushima, un complesso di isole appartenente all’arcipelago giapponese ma che, nella realtà videoludica, si traduce in un unico ambiente suddiviso in tre macro-regioni, le vicende che coinvolgono Jin Sakai ed i leggendari guerrieri della via del bushido prendono luogo nel 1274, anno nel quale si verificò il primo tentativo mongolo dell’invasione del paese. Guidato da Khotun Khan, cugino di Kublai Khan e nipote dello storico Genghis Khan, l’esercito brutale e spietato dei mongoli approda a Komoda, ove si deterrà il primo di numerosi scontri con l’esiguo esercito di ottanta samurai.
Dalle premesse semplici e lineari, agevolate anche dalla riproduzione di eventi realmente accaduti, ad essere di impatto con questa narrazione è proprio la fedeltà storica del titolo, che viene mantenuta dall’inizio alla fine dell’avventura, seppure le licenze poetiche non siano assenti. Che si tratti della rappresentazione delle atrocità dei barbari invasori o dell’onorevole sentiero del guerriero, i dialoghi tra i personaggi costituiscono una perfetta rappresentazione di quel mondo, personificando magistralmente il concetto di onore basato sulla fedeltà al proprio signore e sull’accettazione della morte, seppure vi si possa (meta-narrativamente parlando) riscontrare una più futura interpretazione del bushido come la costante ricerca dell’autoperfezionamento.
Combat system, tra tradizione e perfezionamento
Pur nonostante la trasposizione della tradizione nipponica risulti essere il punto nodale dell’opera, attorno alla quale si configura la struttura narrativa nella sua interezza, questa ne risulta anche essere un profondo limite di Ghost of Tsushima, le cui conseguenze ricadono interamente sul gameplay. Essendo infatti i samurai equipaggiati con un armamentario semplice ed efficace (specialmente in un periodo dove le armi esplosive non furono contemplate dallo shogun ed erano una prerogativa dell’invasore) il principale interesse del videogiocatore sarà spesso basato sull’uso della Katana e del Tantõ, una lama dalla lunghezza inferiore alla prima ed usata esclusivamente nelle fasi stealth dell’avventura.
Seppure vi sia dunque un limite concettuale che può determinare un approccio negativo alle varie fasi di combattimento, la qualità tecnica del lavoro del team di sviluppo la si intravede nel mescolamento dei vari stili di gioco: lasciando interamente libertà al giocatore sul metodo da utilizzare, la struttura ludica del titolo assume dei profondi richiami ad altre produzioni più o meno recenti. Che sia da Nioh per il cambio di stile in base alla tipologia di nemico che si sta affrontando, o per Assassin’s Creed per l’adattamento di un classico sistema ruolistico ad un’ambientazione open world, l’intercambio tra combattimento classico e stealth sarà spesso piacevole ed accattivante, divenendo però ripetitivo dopo diverse decine di ore di gioco. Infatti, grazie alla costante introduzione di piccole novità al proprio arsenale, sarà sempre possibile utilizzare tecniche diverse, alle quali si somma poi un’ottima progressione ramificata del personaggio, permettendo di creare nuove combo di attacco o di perfezionare quelle esistenti. Che vi si voglia confrontare in uno scontro con tecniche leali o alimentare il terrore che circonda la figura dello Spettro, difficilmente il sistema di gioco risulterà noioso durante il corso dell’avventura principale.
Isola di Tsushima e le sue ambientazioni mozzafiato
Mentre sul fronte ludico le incertezze possono avere un riscontro più o meno soggettivo, anche dovuto dai limiti storici del titolo, difficilmente il comparto estetico di Ghost of Tsushima lascerà spazio ad opinioni negative. A cavallo del nostro fido destriero, unico compagno di viaggio, l’isola di Tsushima darà sempre al giocatore delle ambientazioni paradisiache, dalla qualità eccelsa.
Che vi si trovi in una distesa di crisantemi blu, su una strada ripiena di fiori di ciliegio o in una distesa nevosa, la diversificazione e la fedeltà uditiva degli zoccoli che impattano col terreno, o il rumore del vento contro le fronde degli alberi, fanno da contorno ad uno scenario persuasivo. Ad avvalorare maggiormente tale immersività, uno spoglio HUD privo di una minimappa verrà accompagnato dall’introduzione del soffio di vento, una meccanica finalizzata ad indirizzare il giocatore verso una posizione da lui impostata. Seppure quest’ultima novità possa non essere apprezzata da alcuni giocatori, l’uso dell’apposita funzione verrà seguita dalla presenza a schermo della distanza rimanente da percorrere. Qualora questo non fosse sufficiente, l’uso della mappa di gioco dal menu option permetterà anche a questi giocatori di godere tranquillamente dell’offerta ludica. L’intera percezione visiva contribuirà dunque alla creazione di ambienti irraggiungibili dalla più importante delle opere di Kurosawa, utopistico persino per la più bella Roma felliniana.
Difetti del titolo
Dietro un grande lavoro, come spesso possiamo notare, vi sono inevitabilmente degli aspetti negativi e doverosi di nota, di cui Ghost of Tsushima certamente non è privo. Se, come detto prima, la qualità visiva del titolo sia ineccepibile, ma non per questo irraggiungibile o addirittura superata, sul versante tecnico legato all’intelligenza del computer non vengono raggiunti gli stessi risultati, dimostrando delle volte lo svolgimento di un lavoro tanto discreto quanto insoddisfacente.
Nonostante il livello di sfida sia tangibile, offrendo una punizione al giocatore impulsivo anche con la più semplice delle difficoltà, il vero limite del computer dà il peggio di sé nelle fasi stealth, dove una superiorità tecnica del guerriero Sakai e una deficienza artificiale si fondono e rendono l’esperienza a tratti noiosa, divenendo sempre più pedante con il completamento delle quest principali e dedicandosi al completamento degli obiettivi minori. Come se non bastasse, ad aggiungersi al grande limite dell’opera vi è un design delle missioni ripetitivo, sentendosi anche questa volta a gran voce qualora ci si volesse cimentare con l’ottenimento del platino. Incentrato quasi sempre sull’espugnazione di avamposti mongoli, il level design delle missioni (principalmente quelle secondarie) tenderà a distaccarsi da questa formula ludica.
Ghost of Tsushima e la meta-narrazione
Che l’ultima produzione possa risultare banale non è impossibile. Molti giocatori infatti, sia per un recente innalzamento degli standard con The Last of Us Parte II, sia per la preferenza di meccaniche ludiche innovative ad una narrazione più complessa, tenderanno a considerare Ghost of Tsushima come una produzione banale.
Dalla narrazione lineare e all’apparenza approssimativa, il reale significato dell’opera assume una valenza sul fronte meta-narrativo, dando interessanti spunti di riflessione. Seppure sia assente un sistema ludico incentrato sul Karma, che di fatto risulta alla lunga essere un’altra nota dolente del titolo, la reale conseguenza delle proprie azioni assume spessore con il proseguimento della storia, portando il giocatore ad interrogarsi sul principio di causa-effetto che il bushido ha da sempre avuto con sé. Quanto ha valore l’onore della stirpe guerriera giapponese, dinnanzi ad un avversario i cui limiti sembrano inesistenti? Ha davvero importanza sacrificare vite umane per seguire un codice, nonostante la gente confidi nelle capacità dello Spettro di Tsushima? Tali quesiti troveranno riscontro nella rappresentazione dell’atrocità della guerra e nella follia dell’invasore, insinuatosi nell’isola ed ormai inarrestabile.
Concludendo…
Ghost of Tsushima ha certamente dei difetti, dovuti da probabili tempi stretti e dalla mancanza di un polishing accurato delle meccaniche di gioco. Seppure tali errori possano essere risolti con un aggiornamento, al quale si potrebbe accompagnare anche l’espansione delle main quest, la qualità visiva e narrativa del titolo è elevata, rispecchiando ad occhi chiusi le aspettative di chi conosce la tradizione cinematografica nipponica. Una criticità riscontrata da alcuni giocatori è stata l’assenza di audacia da Sucker Punch, i cui effetti si riversano nell’interezza dell’opera, ed in particolare nell’assenza di forti momenti di pathos. Benché la prima delle due affermazioni sia veritiera e riscontrabile nel completamento del gioco al 100%, l’assenza di “veri momenti passionali” è inesatta, essendo la narrazione più focalizzata sull’esaltazione di ciò che non viene detto allo spettatore, quasi lasciando che sia lui stesso a creare la propria narrazione (ovviamente con i dovuti limiti tecnici). Al di là quindi delle ambientazioni perfette, di un gameplay discreto e di una narrazione soggettivamente molto buona, l’avventura del giovane Jin Sakai è risultata gradevole nel complesso, regalando al giocatore un’esperienza dalla longevità notevole.