Hideo Kojima ha di nuovo dato prova di quanto il suo genio fosse in grado trascendere i canoni del media videoludico con l’ultimo titolo prodotto dalla sua Kojima Production, studio divenuto indipendente nel 2015 dopo il burrascoso divorzio con “mamma Konami”. Death Stranding è davvero l’inventore di un genere che appartiene strettamente solo a sé stesso, assolutamente non accostabile ad alcun videogioco uscito fino a ora, ciononostante riesce a risultare già ora una pietra miliare grazie agli indubbi meriti artistici… anche se non per tutti.
Uscito per Playstation 4 lo scorso 8 novembre ecco che arriva anche l’attesissima versione PC, tanto attesa quanto temuta versione che gli appassionati di configurazioni hardware spinte non dovrebbero farsi sfuggire.
Vediamo insieme perché…
Dammi tre parole: sole, cuore e… cronopioggia
Per chi non lo conoscesse ancora (la nostra recensione QUI) e senza dilungarmi troppo, se dovessi scegliere tre aggettivi per riassumere concettualmente un titolo come Death Stranding sarebbero “profondo”, “divisivo” e “spettacolare”.
Profondo perché la storia è altamente simbolica: un mondo che, dopo l’evento noto come Death Stranding, diventa fortemente inospitale e le cui regole fisiche vengono stravolte da elementi come le Creature Arenate (capaci di sfruttare i ponti tra la dimensione terrena e quello che sembrerebbe l’aldilà) e la Cronopioggia (capace di alterare il corso del tempo causando il ringiovanimento o l’invecchiamento precoce delle forme di vita), necessita l’intervento di uomini che, attraverso i loro viaggi, hanno cercato di superare la difficoltà di contatto tra gli uomini. Riconnettere le United Cities of America è un viaggio introspettivo che ci porta a riflettere su quanto possano essere vitali tali riconnessioni per noi stessi, un mondo diviso è un mondo morente e Kojima lo ha declinato magistralmente utilizzando il suo media.
Divisivo perché la peculiarità del gameplay non è stata apprezzata dal palato di tutti i videogiocatori. Se qualche anno fa mi avessero detto che avrei giocato a un titolo in cui avrei dovuto impersonare l’epico viaggio di un fattorino indipendente avrei immaginato qualcosa più simile a una versione fortemente ironica “alla Futurama” che a un titolo drammatico e dalle tinte oscure come Death Stranding. La ripetitività delle riconnessioni è stata tollerata solo dalla metà di videogiocatori che è riuscita ad anteporre il valore artistico dell’intera produzione ai criteri legati strettamente alle meccaniche ludiche, coloro insomma che sono riusciti ad approfondire un prodotto fortemente stratificato e che, per questo motivo, ha richiesto più dedizione per essere apprezzato nella sua complessità.
Spettacolare perché nonostante la povertà di dettagli dell’America tratteggiata nel gioco – molto più simile ai paesaggi freddi islandesi – pochi altri videogiochi hanno offerto scorci così pesantemente e compiutamente malinconici. Inoltre l’impressionante cast della produzione, Norman Reedus e Mads Mikkelsen su tutti, è restituito, nell’aspetto e nelle animazioni, in modo altrettanto spettacolare, riuscendo a enfatizzare una delle narrazioni – lo dico a titolo personale – più intense degli ultimi anni, nonostante la lentezza quasi pachidermica del suo incedere, soprattutto nel segmento iniziale.
Insomma, più che un semplice gioco è un’opera in grado di coinvolgere, emozionare e far riflettere l’utente che, a seconda della propria sensibilità a certe tematiche e ai propri strumenti di lettura poetica, potrà apprezzarne in modo stratificato le sue immense qualità.
Finalmente un buon motivo per comprare un Ultrawide
Dopo aver riassunto brevemente le linee generali di un’opera la cui complessità non è facilmente comprensibile se non attraverso le circa 40 ore richieste dal gioco stesso, andiamo a elencare le novità di questa versione rispetto a quella per console.
Sicuramente è l’aspetto tecnico quello che preoccupava di più i fan PC del titolo del buon Hideo Kojima e, lo diciamo sin da subito, il risultato presenta tante luci quante ombre.
Innanzitutto il titolo è ottimizzato in maniera perfetta, non serve un PC particolarmente spinto per godere di una buona esperienza a patto di scendere a qualche compromesso con la risoluzione. Un i5 di terza generazione o un Ryzen 3 di prima generazione, uniti a almeno 8 GB di RAM e una scheda video equivalente a una GTX 1050 o una Radeon RX 560, riescono a garantire un frame rate stabilmente al di sopra dei 30 FPS a una risoluzione di 720p. Per un più gradevole FullHD e i 60 FPS serviranno un i7 di terza generazione o un Ryzen 5 di seconda generazione e una scheda video di poco più potente, ne basterà una equivalente a una Geforce GTX 1060 o una Radeon RX 590. Va sottolineato però che gli FPS, nella versione PC, sono completamente sbloccati, così come l’accesso a risoluzioni ancora più alte: lo abbiamo provato su un monitor Ultrawide, con rapporto di 21:9, su un PC con Ryzen 7 2700 e Geforce GTX 2070 Super, e ciò ha obbligato un intervento manuale per rimettere a posto la mascella, praticamente caduta a terra. La cinematograficità dell’impianto narrativo e l’opulenza degli scorci ha reso Death Stranding in 21:9 l’esperienza videoludica che più di tutte è stata in grado di giustificare l’acquisto di un monitor del genere… e scusatemi se è poco.
La buona ottimizzazione, gli FPS sbloccati e il supporto a risoluzioni tanto alte quanto sbalorditive devono fare i conti con “l’altro lato della medaglia”, ovvero la mancanza della tanto cara configurazione manuale a cui la comunità di videogiocatori PC è abituata. Le impostazioni sono legate a quattro preset che non è possibile modificare nel dettaglio a parte il livello di ombre, l’attivazione di ambient occlusion, i riflessi, e il filtro dell’antialiasing. I possessori delle ultime schede Nvidia potranno giovare dell’attivazione del DLSS 2.0 che potrà far guadagnar loro una discreta manciata di FPS a parità di dettaglio, mentre i possessori delle schede Radeon potranno abilitare l’upsampling di Fidelity FX.
La versione PC di Death Stranding offre inoltre una piccola serie di missioni aggiuntive che sono state realizzate in collaborazione con i franchise più famosi di Valve. Ad un certo punto si attiveranno missioni in cui sarà necessario trasportare cubi che ricorderanno molto quelli di Portal, le quali sbloccheranno oggetti che rimanderanno in modo diretto al brand di Half Life. Una piccola aggiunta che va segnalata ma che non offre realmente nulla di nuovo all’esperienza che rimane uguale, in tutto e per tutto, alla controparte console.
Concludendo…
Death Stranding per PC è probabilmente la migliore versione del gioco uscita fino a ora. La qualità indiscutibile dell’impianto artistico e narrativo – già saggiata nella sua interezza nella controparte console – si sposa con un aspetto tecnico di prim’ordine fatto da una conversione realizzata con competenza, un supporto a risoluzioni altissime come il 4K e un frame rate finalmente sbloccato.
Purtroppo non a tutti i giocatori su PC, i più esigenti in termini di personalizzazione, basterà scegliere tra una manciata di preset il livello della qualità grafica, ma chi si concentrerà sulla qualità generale dell’opera apprezzerà una delle esperienze più coraggiose e, allo stesso tempo, strane che il panorama videoludico ha da offrire.