L’industria videoludica ha ormai abituato l’utenza specializzata – hardcore, casual e conscious gamer – a numerose produzioni basate su creazioni cinematografiche. Seppure queste, a primo impatto, furono ritenute inadeguate al media videoludico, abbiamo visto come da pellicole dedicate al grande pubblico possano essere generate delle esperienze interattive dal grande valore culturale, sia per una serie di messaggi condivisi dal creatore, sia per le grandi emozioni capaci di trasmettere. Di questi esempi, sempre in un contesto commerciale inerente ai videogiochi, vi sono diverse iterazioni: tra tutte spiccano il più recente Marvel’s Spider-Man di Insomniac Games e la celebre saga di Batman (dal meno recente Arkham City al più moderno Arkham Knight), ma ve ne sono alcune non particolari per la componente narrativa del media, quanto, piuttosto, per la propria giocabilità e la capacità di regalare un sano e divertente intrattenimento. Anche qui vi sono tantissimi esempi, ma tra i più recenti – e con un buon supporto post-lancio – vi è World War Z, sparatutto in terza persona sviluppato da Daber Interactive. Nel tentativo di ripercorrere la medesima scia, il 24 aprile 2020 è stato pubblicato – ad opera di IllFonic, team di sviluppo acquisito da Sony Interactive Entertainment – Predator: Hunting Grounds. Il nome, non nuovo nel panorama cinematografico, riprende per l’appunto l’omonima e nota serie di produzioni per i grandi schermi, tuttavia basandosi sul primo dei vari capitoli: Predator, per l’appunto. Pubblicata nel 1987, l’opera narra la storia di uno squadrone militare, composto da sette soldati ed una prigioniera, che nel bel mezzo di una spedizione si ritroverà ad affrontare una creatura dall’origine non umana. Anche visto nel 2020, a ben 33 anni di distanza dal rilascio, il capolavoro tecnologico dell’epoca trasmette tutt’oggi quella grande emozione di terrore e goduria nel vedere “El diablo cazador de hombres”, il demone alieno che riduce gli uomini a trofei con le sue armi evolute. Sempre riferendoci alla controparte non ludica, abbiamo visto come il Predator avesse a propria disposizione un equipaggiamento variegato ed all’avanguardia: dalla visione termica all’uso delle onde sonore, passando anche per armi laser e “boomerang della morte”, lo scontro cinematografico tra Dutch (interpretato dal fantastico Arnold Schwarzenegger) e il Predator era particolarmente incentrato sulla spettacolarità, seppure vi fosse una predominazione giusta da parte di quest’ultimo, tuttavia surclassata dalla necessità del cinema neo-contemporaneo di esaltare a tutti i costi la figura di un eroe metà uomo e metà divino.
Sony Interactive Entertainment sarà riuscita a ricreare il medesimo contesto sci-fi con il suo ultimissimo multiplayer asimmetrico? Scopriamolo insieme…
Interfaccia principale
Predator: Hunting Grounds si presenta con la solita schermata principale poco dettagliata, all’interno della quale abbiamo accesso unicamente a sei sezioni. Ad esclusione del menu opzioni, abbiamo:
- Partita rapida, con la quale si potrà decidere di essere inseriti in una partita in cui il giocatore sceglierà se impersonare il temuto cacciatore alieno, un membro del fireteam, composto esclusivamente da quattro componenti, o fare in modo che sia il gioco stesso a decidere la tua fazione
- Partita privata, nella quale si potrà creare un matchmaking personalizzato, ove sarà selezionabile una delle tre mappe attualmente disponibili in gioco, ossia “boscaglia”, “zona isolata” e “deragliamento”. Il gameplay rimarrà identico alla precedente controparte, con la differenza che potrete divertirvi con i vostri amici.
- Tutorial, ove sarà possibile prendere parte ad una breve guida nella quale vestiremo i panni del Predator, consentendo ad ogni giocatore di interfacciarsi alle fasi iniziali del gameplay affrontando una serie di nemici pilotati da una intelligenza artificiale. D’altronde, il nome fa presagire sin da subito cosa si faccia in questa modalità.
- Personalizzazione. In questa particolare sezione ogni giocatore avrà accesso alla modifica estetica e dell’armamentario della fazione Predator e Fireteam. Ogni gruppo avrà a disposizione sei equipaggiamenti salvabili, i cui slot saranno ottenibili con l’avanzamento di livello. Infatti, al livello 12, sarà possibile ottenere il secondo slot, al livello 22 il terzo e così via. La personalizzazione, seppure non tenti neppure di allontanarsi dai più noti shooter del panorama videoludico, vanta d’altro canto una massiccia mole di contenuti, rendendo sei slot equipaggiamento quasi pochi. Difatti, prendendo l’esempio del Predator, noteremo come questo conti a propria disposizione ben 14 armi, divise in primarie e secondarie, 4 attrezzature (kit medico, esca sonora, trappola per orsi e rivelatore di movimento) e ben 25 vantaggi, i quali vanno a migliorare abilità già presenti nell’arsenale basico del cacciatore, ossia i medesimi della controparte cinematografica. Stessa cosa dicasi per il team avversario, il quale dispone tuttavia di qualche armamentario principale e secondario un po’ più ampio, per compensare uno squilibrio eventualmente ingestibile per i giocatori.
- Armadietti da campo. Seguendo la scia dei competitor dell’ambito sparatutto e, soprattutto, battle royale, anche Predator: Hunting Grounds presenta una componente di loot box, il quale tuttavia è ottenibile con la valuta in-game (veritiano) non acquistabile, ma reperibile unicamente con il completamento di partite multigiocatore. Il contenuto, inoltre, non offre nessun vantaggio su altri giocatori, se non quello di essere il cacciatore o membro del Fireteam più bello di tutti. Insomma, possiamo dire che la componente loot-game non manchi anche in questo gioco, ma la possibilità di non poter comprare la valuta di gioco incentiva i giocatori, appunto, a giocare. Tale aspetto non è da sottovalutare, specialmente in questo periodo storico estremamente caratterizzato dal “videogioco prodotto”.
- Extra, sezione nella quale viene dettagliatamente spiegata la componente di design del gameplay, fornendo un retroscena contestuale all’ambiente di gioco, spiegando al giocatore come tutto quello nel quale compie la sua missione derivi da un ex progetto governativo indipendente, denominato “Stargazer”
Avvio delle prime fasi di gioco
Dopo aver concluso i necessari preparativi per l’avvio di una partita, il momento del vero è proprio avvio di gioco è giunto alle porte. Selezionato la fazione che al momento desideriamo, un lungo ed estenuante matchmaking (specialmente per il Predator) attenderà il giocatore impaziente di provare il nuovo videogioco. Qui vi è estremamente doverosa una critica, essendo questo un problema molto grave per un team non di certo indipendente, coadiuvato dalla presenza di Sony Interactive Entertainment nella pubblicazione del gioco.
Esiste un problema di creazione delle “lobby”; il termine è volutamente messo tra virgolette perché, di fatto, non sono veri e propri server, essendo inesistente la possibilità di rigiocare con player incontrati precedentemente. Tale situazione si viene a verificare quasi sempre, tanto da obbligare gli sviluppatori a porre una scritta evidenziata nel menu di gioco:
“I giocatori stanno riportando lunghi tempi di attesa nella coda per il matchmaking. Stiamo investigando in merito al problema. Vi ringraziamo per la vostra pazienza. Per gli ultimi aggiornamenti, visitate il sito ufficiale predator.illfonic.com”.
Seppure si apprezzi il tentativo di evidenziare e risolvere il problema, due sono le problematiche che maggiormente fanno preoccupare per la longevità del capitolo. In primis – premettendo che la mancanza di lobby sia di per sé un problema – non è accettabile che il titolo abbia tali problemi di affluenza mal gestita sin dal day one del gioco
La problematica del matchmaking pressocché infinito risale sin dalla beta del titolo, il che lascia intendere che gli sviluppatori non abbiano adeguatamente lavorato all’aspetto basico, se non principale, dell’opera. L’unico modo per accedere ad una partita in tempi relativamente celeri è quello di fare in modo che la scelta della fazione spetti al gioco, il quale però vi collocherà il 90% delle volte (se non il 100%) come membro del Fireteam. Una volta completata questa fase, quasi definibile come un ostacolo, sarà il momento di personificare uno dei due personaggi disponibili.
Gameplay: stessa ambientazione, meccaniche differenti
Il preludio a questa sezione, inerente alla meccanica di gioco dell’opera, lascia intendere come la differenza di giocabilità tra Predator e Fireteam sia abissale: quest’ultima, in linea con lo spirito narrativo della pellicola dell’87, rispecchia in pieno l’obiettivo cardine del gruppo militare, il quale si troverà ad affrontare sia l’avversario reale sia una serie di NPC, guidati conseguentemente da una intelligenza artificiale.
Quest’ultimi saranno dei guerriglieri, dai quali dovremo recuperare una serie di documenti o, qualora il Predator dovesse essere abbattuto, fare in modo che questi non distruggano il corpo, difendendo l’esanime cacciatore nell’attesa che l’elicottero di supporto raggiunga i militari. In merito all’ostilità nemica, una breve introduzione audio e visiva correrà in nostro soccorso nella fase pre-partita, spiegando come questi nemici non siano altro che ex membri di un progetto della CIA, ovvero “Stargazer” (precedentemente nominato nella sezione extra). Questo gruppo sta cercando di collegare delle basi locali alla loro rete globale, ed il nostro compito sarà quello di disattivare quest’ultima attraverso il caricamento di un malware. Armati di un’arma principale, un coltello ed un equipaggiamento secondario, l’obiettivo del Fireteam sarà quello di eseguire il compito diretto dall’alto, destreggiandosi all’interno di una fitta vegetazione, con la quale avremo una buona interazione ambientale: infatti, grazie all’ausilio del coltello, sarà possibile distruggerne una parte, ricreando così parzialmente l’identica scena che vide, nel lontano ’87, Dutch come protagonista.
L’interazione con l’ambiente che circonda il giocatore non termina certamente qui: l’unità di assalto potrà inoltre sfruttare la meccanica della mimetizzazione, tramite l’ausilio di appropriate pozzanghere di fango (anche qui facendo riferimento ad una delle innumerevoli scene iconiche del film) o macchiandosi col sangue delle creature endemiche esistenti. Nell’intermezzo tra le fasi di raggiungimento degli accampamenti ed uccisione dei nemici, nel quale sarà a discrezione del Predator decidere se tentare di uccidervi o meno, per i giocatori umani sarà possibile anche ottenere altri frammenti di Veritiano, i quali saranno disposti su piccoli cumoli e disseminati in varie parti delle zone dei presidi. Distaccandosi totalmente da questa tipologia di gameplay, invece, il compito del Predator sarà solamente quello di fare in modo che nessuno possa uscire vivo dal proprio territorio di caccia. Il suo urlo e la sua ferocia saranno il terrore degli umani a lui inferiori, per i quali sarà meglio fare attenzione agli alberi che sovrastano le loro teste.
Non si sa mai se vi possa essere il “demone che riduce gli uomini a trofei”. Con il suo arsenale (precedentemente analizzato) a disposizione, il predatore potrà scegliere un approccio Stealth o dinamico, che sia a terra o che sfrutti l’ambiente circostante. Una volta atterrato il proprio nemico, la creatura potrà decidere se interagire con questo, rapidamente o con un’animazione più lenta, strappando dalle viscere del povero malcapitato la colonna vertebrale ed il suo teschio, trasformandolo in un trofeo e rispecchiando in pieno il mito che aleggia sulla sua figura. Qualora dovesse fallire la propria missione, sopraggiungibile qualora la troppa forza non fosse coadiuvata da un’adeguata intelligenza, ogni cacciatore avrà a propria disposizione la possibilità di autodistruzione ad ampio raggio, la quale porterà alla vittoria di lui qualora il Fireteam non dovesse essere abbastanza veloce da uscire dal raggio di azione (il quale sarà prontamente evidenziato nella minimappa di gioco).
Pregi e difetti del titolo
Seppure questo gioco abbia dietro un team di sviluppo abbastanza conosciuto nel mercato videoludico, con dietro uno dei publisher più importanti tra i colossi dell’industria, questo presenta una serie di difetti (così come altrettanti pregi) che necessitano di essere elencati ed analizzati. Non tenendo in considerazione il già citato problema di creazione di una partita, il gameplay presenta uno squilibrio non indifferente tendente verso il Predator, il quale tuttavia viene compensato da un grave errore di marketing: per incentivare gli utenti ad acquistare il titolo sin dal preordine, gli sviluppatori hanno ben deciso di fornire un accesso anticipato (e di parecchio oserei aggiungere) alla “Ole painless”, mini-gun impugnata nell’iconica scena del sergente Mac Eliot, il quale imbraccia la suddetta arma ed inizia a sparare alla cieca, in preda al panico in seguito all’avvistamento del Predator.
I difetti tutta via non terminano qua, divenendo costanti ed incessanti qualora si prestasse attenzione al design del titolo stesso: animazioni e texture sono prive di una cura dettagliata, andando a rovinare quella che può essere definita come “espressione autoriale” in riferimento al codice di programmazione del gioco. I pregi, come detto prima, non sono tuttavia assenti e, nell’esperienza estremamente generale, vanno a colmare tali lacune. Il medium infatti, al di là delle sue imperfezioni estetiche e dei sui bilanciamenti non molto efficienti (seppure, ribadendolo nuovamente, la forza sola non basti a far vincere il Predator), è ben gestito nel processo di loot box e, inoltre, permette di giocare con membri aventi piattaforme tra loro differenti, utilizzando la meccanica del cross-platform sempre più presente in varie opere. La mappa di gioco, seppure non rientri nella categoria degli open world, risulta essere molto ampia e, tramite l’ausilio delle diverse meccaniche stealth presenti (si fa riferimento principalmente alla mimetizzazione), anche la mansione più noiosa appare al contempo divertente e piacevole.
Concludendo…
Nella fase di struttura di questa recensione, specialmente nella sezione inerente a pregi e difetti, ho volutamente deciso di non trattare l’aspetto più importante (e soprattutto positivo) del gioco: Predator: Hunting Grounds è estremamente divertente. Questo non riguarda però la personificazione di un membro del Fireteam che, seppure sia interessante da giocare, complessivamente non raggiunge lo stesso grado di spettacolarità del cacciatore. Muoversi tra gli alberi, utilizzare l’arma laser e massacrare i propri nemici rappresenta in pieno l’adrenalina che scorreva nel corpo di coloro i quali videro la già citata produzione dell’87, divenendo estremamente referenziale nei confronti di una delle pellicole che ha contribuito, più o meno direttamente, alla grande epoca d’oro dell’industria cinematografica. Il sogno di divenire un predatore è finalmente divenuto realtà, e qualora foste incuriositi si incentiva caldamente l’acquisto. I vari errori sono tranquillamente risolvibili con una serie di aggiornamenti appositi, ma non vi è alcun bug che possa rovinare la vostra esperienza da cacciatore.