Sviluppata dagli olandesi di Triumph Studios, la serie di Age of Wonders è riuscita, con ben quattro capitoli all’attivo, a far breccia nei cuori degli appassionati di strategia e delle ambientazioni fantasy grazie alla competenza dei suoi sviluppatori, capaci di confezionare titoli sempre solidi e divertenti. Annunciato qualche tempo fa durante la Paradox Con – fiera dedicata tutta alla presentazione dei prodotti Paradox che, nel frattempo, acquista la casa di sviluppo – questo Age of Wonders: Planetfall segna un punto di rottura decisamente netto con le precedenti iterazioni del brand, soprattutto per quel che concerne l’ambientazione, non più legata a mondi elfici, attacchi draconici e meccaniche di spell-casting, bensì alla fantascienza, quella matura e distopica, concentrata maggiormente sui processi di sfruttamento delle vitali risorse planetarie che antiche civiltà dell’universo mettono a disposizione.
Senza perderci in chiacchiere inutili, già in questa piccola introduzione vogliamo tranquillizzare tanto gli appassionati di lunga data quanto i neofiti che hanno intenzione di approcciarsi al genere per la prima volta: Age of Wonders: Planetfall non sarà perfetto, ma è un prodotto decisamente riuscito, probabilmente in grado non solo di rivaleggiare, ma anche di primeggiare, per qualità realizzativa, nella spettacolare offerta ludica dei distributori di grand-strategy.
Un meltin’pot di grandi classici
Nel marasma di giochi distribuiti dai ragazzi di Paradox (come ben saprete, è famosa per il genere degli strategici più adulto e profondo dell’intera industria: i già citati grand-strategy games) Age of Wonders: Planetfall si distingue per appartenere al consolidato genere degli strategici 4X, rappresentato soprattutto da quel Civilization che da quasi trenta anni continua a fagocitare le ore della vita di noi poveri appassionati. Per intenderci si tratta di giochi nei quali saremo impegnati a esplorare, espanderci, sfruttare le risorse di cui sono composte le caselle della scacchiera di gioco, il tutto facendo in modo di cercare di convivere con – o sterminare – i giocatori avversari.
Ma derubricare l’esperienza di gioco a semplice clone del gioco di Sid Meier sarebbe semplicemente riduttivo, soprattutto visto che non si è ancora parlato dell’alternanza tra la fase economica e quella tattica, un po’ come avveniva nei capitoli della serie parallela “Call to Power”.
Per continuare questo gioco di similitudini, per descrivere la fase tattica vanno scomodati due titoli dai nomi altisonanti e sicuramente conosciuti da chiunque abbia un minimo di esperienza in fatto di PC gaming: innanzitutto la griglia a caselle esagonali e la presenza di plotoni in luogo delle singole unità richiama alla mente la saga di Heroes of Might & Magic; il set fantascientifico e le possibilità offerte dalle tecnologie futuristiche (viene fatto un uso massiccio di armi a distanza come fucili e laser) hanno spinto i ragazzi di Triumph Studios a offrire un sistema di attacco e coperture molto simile a quanto offerto dal relativamente recente reboot operato da Firaxis della serie XCOM.
Da questa commistione sapiente di generi ne esce un gioco divertente e sfaccettato, a tratti capace di una complessità che farà la gioia degli appassionati della strategia ma che al contempo potrebbe scoraggiare i giocatori che cercano esperienze più immediate e facili da gestire.
Le dinamiche ludiche e i generi chiamati in causa per la realizzazione ben si prestano anche a supportare il contesto narrativo in cui si svolgono le vicende fantascientifiche di Age of Wonders: Planetfall poiché al centro del discorso vi è l’accesso a determinati tipi di risorse, soprattutto quelle provenienti da rovine appartenute all’Unione Stellare, un “glorioso impero” ormai caduto da eoni e custode di segreti tecnologici in grado di spostare gli equilibri di una guerra intergalattica fra imperi alieni.
Eviteremo di spoilerare alcunché visto che la vicenda, pur non facendo urlare al miracolo e pur senza regalare colpi di scena di “starcraftiana memoria”, riesce a fare la sua porca figura, trattando argomenti complessi come ad esempio il relativo concetto di giustizia, l’importanza dell’affrancamento dalla schiavitù e il carattere sempre poco stabile degli accordi economici. Comprendere gradualmente come e perché il lascito di questa antica civiltà è legato a doppio filo ai destini degli imperi in gioco è un piacere che vi invitiamo a godere.
Customizzazione che passione
Age of Wonders: Planetfall stupisce anche per la sua longevità, permessa tanto dall’effettiva quantità di ore di gioco per poter portare a termine le campagne narrative e\o la modalità libera, quanto dalla capacità di consentire, attraverso una serie di scelte pre-partita, un approccio alle partite altamente diversificato. La notevole capacità di customizzazione delle caratteristiche della propria fazione e del proprio leader è davvero da considerare un valore aggiunto.
La prima scelta che saremo chiamati a effettuare è quella della razza. Ognuna di esse ha il proprio background che porterà il giocatore a osservare da un punto di vista del tutto peculiare le dinamiche ludiche ed economiche che andrà ad affrontare. Per fare qualche esempio la società di sole donne delle Amazzoni è permessa da una conoscenza in campo biotecnologico eccezionale che riduce il tempo necessario a ricercare tecnologie di quell’ambito, ma permette anche un rapporto con la natura privilegiato e l’uso di dinosauri clonati come cavalcature; la fazione dei Kir’Ko, alieni insettoidi una volta soggiogati e ridotti in schiavitù dagli umani, ora sono liberi e cercano vendetta proprio nei confronti dei loro vecchi aguzzini, la loro forza risiede nelle grandi capacità psioniche e dagli attacchi melee; infine, una menzione merita la The Assembly, un gruppo di cyborg incapaci di comprendere il concetto di autodeterminazione e che tenta di stabilire un ordine perfetto dopo la completa distruzione delle forme “imperfette” di vita organica della galassia.
La seconda scelta è legata alla tecnologia segreta che la vostra fazione custodirà, anch’essa in grado di concedere peculiari punti di forza che rimarranno immutati per tutta la durata della partita. È sicuramente meno incidente della razza, ma comunque giocare con la possibilità di costruire facilmente armi di distruzione di massa regala una consapevolezza sicuramente differente rispetto alla possibilità di utilizzare e plasmare le leggi fisiche in modo da utilizzare tecnologie come il teletrasporto di risorse e unità.
La terza scelta è multipla e consente di spendere un monte punti per aggiungere dei perks agli attributi sopraelencati, connotando anche il resto della caratterizzazione del proprio leader e riguardano il suo “background personale”, il “colony supplement”, il “command loadout” e un punto debole chiamato “vice” (=vizio) che invece di consumare i punti di cui sopra ce ne regala altri. Starà a noi decidere se limitarci a pochi modificatori positivi o scegliere di averne di più a patto di accettare qualche debolezza in grado di equilibrarne il peso.
Va inoltre menzionato il supporto nativo del motore di gioco a mod che, siamo sicuri, non tarderanno ad arrivare in gran quantità.
Maledettissimo aliasing
Tutto quanto descritto fino adesso è da considerare un pieno successo per un gioco che ha davvero puntato tutto sulla profondità della struttura ludica. Ma un tale giudizio entusiastico sulle meccaniche di gioco è supportato tecnologicamente da un impianto tecnico capace di renderlo anche accattivante dal punto di vista sensoriale? La nostra riposta oscilla tra il sì, secco e perentorio, e un incerto ni.
L’opulenza dei lussureggianti pianeti alieni che andremo a esplorare è resa tecnicamente molto bene da una grafica (fin troppo) dettagliata, ma al contempo leggera, in particolare i caricamenti hanno sorpreso per la loro velocità anche su dischi non allo stato solido e i rallentamenti sono praticamente assenti su macchine non proprio recentissime.
Purtroppo, l’eccessiva quantità di dettagli già accennata e un aliasing piuttosto marcato hanno reso un po’ confuso il colpo d’occhio della fase strategica, soprattutto durante le fasi più avanzate di gioco, quando il vostro impero sarà cresciuto e così quello dei vostri “vicini” più scomodi.Anche l’interfaccia, dal punto di vista della leggibilità, è da considerarsi quantomeno perfettibile anche se basta farci l’abitudine per ovviare.
Sotto il profilo artistico invece Age of Wonders: Planetfall vince e convince, sia per la caratterizzazione del suo universo, quanto per il commento sonoro, a tratti capace di raggiungere vette di epicità sicuramente non trascurabili.
Concludendo…
Nonostante si discosti dal genere più consono a “mamma Paradox”, l’acquisto dei Triumph Studios e del progetto di Age of Wonders: Planetfall si è rivelato una scelta vincente sotto tutti i punti di vista. Il gioco presenta una struttura tradizionalmente legata agli esempi di capolavori del passato (da Heroes of Might & Magic a XCOM, passando per Civilization Call to Power), ma rielaborata in modo da restituire una sensazione di freschezza non indifferente pur senza lesinare in quanto a complessità e profondità di gioco. Molto si è fatto per quanto riguarda la caratterizzazione delle fazioni in gioco, sia dal punto di vista artistico quanto da quello puramente meccanico, e, pur senza strafare, il tutto è stato calato in un contesto narrativo fantascientifico di ottima fattura. Alcuni difetti, come quello della poca leggibilità a schermo causata da un’interfaccia non chiarissima e una grafica non proprio allo stato dell’arte per quanto concerne aliasing e pulizia a schermo, rendono Age of Wonders: Planetfall un gioco straordinario ma fermo a pochi passi dall’eccellenza… e non stiamo parlando di metri, ma realmente di centimetri.