L’opera postuma di Imageepooch, tra bikini, canzoni e magia
Dura la vita degli sviluppatori. Capita a volte che, dopo aver lavorato per anni in maniera ineccepibile ad una serie di progetti, averne corretto i difetti con l’esperienza, essersi fatti riconoscere dall’utenza con prodotti di indiscusse qualità, ci si debba scontrare con le durissime leggi di mercato, o più generalmente, con l’economia. Quella sì che non perdona, e non ha perdonato neanche il destino della Imageepoch – oggi in bancarotta – che i più attenti di voi sicuramente riconosceranno come la fucina che di recente ha dato vita al più che degno Yoshi’s New Island, gioco di piattaforme uscito nel 2014 in esclusiva per Nintendo 3DS. Nel curriculum dello studio di produzione figurano titoli che sia gli appassionati di tattici a turni, sia gli amanti dei giochi di ruolo giapponesi, dovrebbero aver giocato almeno una volta nella vita. In particolare mi riferisco alla trilogia della serie “Luminous Arc”, di certo non esente da difetti ma che, a suon di musica e magia, è stata capace di inspessire la componente ruolistico-narrativa degli strategici a turni quel tanto che basta da offrire un’esperienza fresca come mai prima di allora. È proprio da questa base di partenza che nasce lo sviluppo di Stella Glow, gioco di ruolo tattico che farà sicuramente discutere tutti coloro che hanno amato alla follia quel capolavoro di equilibrio e profondità che risponde al nome di Fire Emblem –Awakening, ad oggi il punto di riferimento per il genere sulla console portatile di Nintendo.
Il titolo “postumo” di Imageepoch sarà riuscito nell’ardua impresa di scalfirne il primato?
Il buono, il brutto e… l’Alto?
Tralasciando il mio gusto per l’orrido, facilmente intuibile grazie ai titoli che affibbio ai paragrafi, è importante concentrarsi invece sull’orribile nome del protagonista, un tale Alto che, a diciassette anni e privo di qualsivoglia ricordo, viene coinvolto in una storia assai più grande di lui. Per capire meglio ciò che preoccupa il giovane eroe è bene iniziare dal principio. All’inizio dei tempi, un dio fece dono all’umanità intera del potere più grande di tutti: il canto. Grazie ad esso il mondo riuscì a prosperare, ma tale prosperità non fu sufficiente a placare i conflitti generati dall’umana sete di potere. Anzi, con il tempo si inasprirono a tal punto che il suddetto dio decise di punire l’ingratitudine delle sue creature inviando gli “angeli della distruzione” sulla terra, col fine di purificare il creato annientando ogni forma di vita. Iniziò così un durissimo scontro tra forze sovrannaturali e uomini, conclusosi solo grazie al sacrificio dell’eroe Elcrest che, a costo della vita, impietosì la divinità e ne placò gli intenti “apocalittici”. Tuttavia, in seguito al peccato di tracotanza di cui gli uomini si erano macchiati, venne severamente proibito l’uso del canto, il quale col tempo viene progressivamente dimenticato… ma non da tutti. Quest’arte proibita è ancora infatti ricordata da figure leggendarie, le streghe: una di esse è Hilda, l’antagonista dell’intera vicenda, animata da propositi non certo rassicuranti e intenzionata a minacciare l’esistenza con il potere delle sue canzoni. Ed è proprio qui che il nostro Alto entrerà in gioco, per porre fine agli oscuri piani di Hilda scovando altre quattro streghe buone, ognuna delle quali in grado di governare un elemento. Per evitare fastidiosi spoiler non possiamo davvero dirvi altro, ma sappiate che quei (pochi) colpi di scena che segnano lo scorrere dell’avventura si rivelano decisamente intriganti, specialmente quando ad entrare in scena sarà l’oscuro passato di Alto.
La sceneggiatura, soprattutto se paragonata a quella dei giochi di ruolo classici, mostra facilmente il fianco per una semplicità a tratti eccessiva ma, per i canoni di genere, i casi in cui la storia offre reali spunti di interesse, seppur semplici, sono sorprendentemente rari. Certo, non è Fire Emblem – che, come abbiamo già detto, rimane saldamente il “primo della classe” – ma sfidiamo chiunque a trovare un prodotto analogo, in questa generazione di console, la cui narrativa sia paragonabile per qualità a quella di Stella Glow.
Una cosa che riesce nel non facile compito di divertire sono i dialoghi, davvero mai banali, e funzionali nel rendere i toni del racconto freschi e scanzonati. Purtroppo si tratta un fattore che potrà essere apprezzato soltanto da quella fetta di utenza che mastica mediamente bene la lingua inglese – unica lingua sia per il testo a schermo che per il doppiaggio, di ottima qualità – , visto che per ora non sono previste localizzazioni. Un vero peccato.
Stella Glow: una “passeggiata” lunga un sogno…
Dal punto di vista prettamente ludico ci troviamo di fronte ad un gioco piuttosto classico. Durante gli scontri ogni eroe avrà a disposizione un raggio d’azione calcolato in base alle sue capacità di movimento, e ogni casella presente sulla mappa avrà dei modificatori che limiteranno o aumenteranno i valori di attacco o di difesa. Non sarà possibile scegliere la classe di un personaggio – come nella migliore tradizione ruolistica giapponese – ma ogni eroe godrà di una caratterizzazione peculiare e immodificabile: impugnerà un solo tipo di arma e avrà a disposizione un limitato numero di abilità. Saper sfruttare le complementarità dei diversi personaggi diventa quindi un talento fondamentale, e di conseguenza una scelta attenta del party è alla base della riuscita di ogni missione. Stella Glow, inoltre, sembra superare la fisiologica corsa al grinding tipica delle declinazioni giapponesi del genere tattico a turni, ma nonostante ciò continua a permanere un difetto che, a parere di chi scrive, appare tutt’altro che trascurabile: i punti esperienza sono ancora assegnati in base alle azioni eseguite, cosa che rende la progressione dei personaggi di supporto, come i guaritori o gli eroi che attaccano dalla distanza, fastidiosamente difficile (ma in questo neanche il mai troppo osannato Fire Emblem è riuscito ad aggirare il problema).
Ognuno dei dieci capitoli in cui è suddivisa l’avventura è diviso a sua volta in due fasi ben distinte. In una di esse ci occuperemo delle missioni vere e proprie, alcune delle quali saranno opzionali e garantiranno l’accesso a bonus in grado di facilitarci la vita negli gli scontri successivi. Ad esempio, sarà possibile affrontare, in una sorta di dimensione metafisica, i mostri e le paure che vivono nella testa delle streghe “buone”, al fine di sbloccare i loro poteri e garantire a noi l’accesso a tutta una serie di nuovi incantesimi di potenza crescente. Nell’altra fase invece saremo impegnati a scegliere come impiegare il “tempo libero” dei personaggi, con un buon numero di attività opzionali. Ognuna di esse potrà aumentare l’affinità tra due personaggi del vostro team, e offrire al giocatore la possibilità di collezionare materiali rari e accessori unici, in grado di modificare le statistiche degli eroi. Attenzione però, perché le azioni per turno sono limitate e potenziare un personaggio potrebbe precludere il potenziamento di un altro.
Di conseguenza sarà necessaria, anche in questo caso, un’oculata gestione delle scelte da compiere.
Se alla luce di quanto detto fino ad ora il bilancio del gioco risulta essere decisamente positivo nella sua canonicità, c’è un aspetto sul quale i ragazzi di Imageepoch hanno davvero toppato. Il livello di sfida di Stella Glow è infatti davvero molto, troppo basso, e con questa valutazione non mi riferisco solo alla media degli strategici-tattici a turni. La disparità delle forze in campo (quasi sempre in favore del giocatore), poi, non è assolutamente mitigata da un’intelligenza artificiale che, il più delle volte, appare prevedibile e incapace di “pensare” soluzioni alternative in grado di metterci in seria difficoltà, annullando praticamente il senso di sfida. Queste circostanze rendono Stella Glow un titolo molto accessibile per chi muove i primi passi in un genere di gioco solitamente spietato, ma i veterani ne stiano alla larga, perché facilmente lo troveranno noioso e manieristico.
Veterano avvisato…
Alla riscossa dello stile giapponese!
Esteticamente Stella Glow ci offre un lavoro altalenante, tra picchi di assoluta qualità e abissi di indiscutibile pochezza. Dal punto di vista artistico, sia per quanto riguarda gli elementi 2D (artwork, fondali, sprite di personaggi durante i dialoghi), sia per quanto riguarda lo stile chibi delle scene in-game, ci troviamo di fronte ad un lavoro magistrale, che conquisterà chiunque riesca a recepire correttamente gli eccessi di una cultura che elabora il fantasy in una maniera semplicemente diversa dalla nostra. Lo si fa con i chocobo di Final Fantasy, perché non dovreste farlo con i minuscoli bikini che le protagoniste di Stella Glow vi sbatteranno in faccia? Di contro, dal punto di vista puramente tecnico, ci troviamo di fronte ad un lavoro curato a metà, con elementi 3D poco più che accettabili quando statici, orribili invece quando li si osserva in movimento. Forse su questo punto ha influito fortemente la precaria situazione economica degli sviluppatori ma, sebbene si tratti di un aspetto – tutto sommato – marginale del gioco, va comunque riportato. Ho trovato invece strepitosa la colonna sonora, tanto che mi sono ritrovato spesso a canticchiarne i motivetti anche a console spenta. E non poteva essere altrimenti, visto che il compositore è un certo Yasunori Mitsuda, ovvero lo stesso geniaccio che ha lavorato anche alla serie di Luminous Arc, Xenosaga e Chrono Cross… puo’ bastare?
Concludendo…
Ho avuto seri problemi ad assegnare un voto a questo Stella Glow. Delle circa quaranta ore necessarie per il completamento dell’avventura, meno della metà mi hanno offerto un reale intrattenimento, ma sono ancora meno le ore in cui posso dire di essermi divertito. Il problema centrale rimane l’inconsistenza del livello di sfida, che alla lunga deprime ogni slancio ludico necessario per arrivare fino in fondo alla storia. Per fortuna ci pensano le scene di intermezzo e i dialoghi a rendere piacevole la vicenda di Alto, a patto però di conoscere bene l’Inglese. Per il resto, anche se il lato tecnico non al passo con i tempi può essere mitigato da una notevole freschezza artistica, l’offerta ci è parsa al di sotto delle aspettative, forse troppo alte. Nel caso siate alla ricerca di un titolo fortemente canonico per quanto riguarda la struttura, ma al contempo più accessibile della media, potete aggiungere anche cinque punti al voto finale.