Ormai i survival horror sono cambiati. La concezione stessa del genere, basata sulla supposta impotenza del giocatore davanti a un avversario misterioso eo brutale, è ormai venuta meno, addirittura nelle saghe che hanno contribuito al successo della formula. Ma tra un Resident Evil sempre più votato all’azione e un Silent Hill che ha smesso di spaventare gradualmente dal secondo capitolo in poi, un ristretto gruppo di sviluppatori indipendenti è riuscito a conservare nelle loro creazioni un po’ sano terrore “vecchia scuola”.
Forti dell’esperienza acquisita con i tre capitoli di Penumbra e la doppia uscita di Amnesia, i ragazzi di Frictional Games abbandonano le atmosfere “lovecraftiane” per attingere a piene mani dalla fantascienza, quella però più profonda ed intimista, capace di spingere alla riflessione chiunque riesca a sospendere l’incredulità durante l’approccio al media.
Signore e signori, ecco a voi SOMA.
“La realtà è quella cosa che, anche se smetti di crederci, non svanisce”
Partiamo subito dicendo che aspettarsi sensazioni di puro terrore da questo titolo sarebbe il più grande errore che si possa fare, e un errore nell’approccio equivale spesso ad una perdita di lucidità nella valutazione qualitativa dell’intera opera. Malgrado il “pedigree” di Frictional, SOMA va infatti visto più come un’avventura dai toni cupi che come un survival horror vero e proprio. Ogni nota, ogni mail e ogni appunto che ritroverete nel corso dell’avventura dovrà essere letto con attenzione, onde evitare di perdere quei particolari e quelle sfumature che fanno grande la trama del titolo. Proprio la trama rappresenta, a parere di chi scrive, uno dei punti più alti che il media videoludico abbia toccato nell’ultimo periodo. Senza cedere alla tentazione di spoilerarne i contenuti, vi diciamo che la storia porta il vostro personaggio a ritrovarsi improvvisamente all’interno della Pathos-II, una stazione sottomarina apparentemente abbandonata. Il compito del giocatore sarà quello di scoprire cosa è successo e cosa fare. Benchè la sensazione d’angoscia che si prova a muovere i propri passi in una stazione a centinaia di metri sotto il livello del mare sia già fortemente disturbante, la presenza di un’intelligenza artificiale che opera nei meandri della stazione ne amplifica l’effetto. Forse, alla lunga, presa dimestichezza con il “nemico” con il quale avremo a che fare, la tensione scemerà lasciando spazio alla storia vera e propria (il passaggio che si avverte però è talmente graduale che l’esperienza non ne viene minimamente intaccata). L’epilogo, degno di capolavori della letteratura fantascientifica, arriva in circa otto ore, forse non tantissime ma ampiamente in linea con produzioni simili.
Sì all’angoscia, no alla paura
SOMA è un “first person survival horror” in cui va evitato il contatto visivo con i nemici, in maniera non molto dissimile a quanto visto in Amnesia, seppur con le dovute differenze. Per quanto riguarda il versante prettamente ludico, il gioco offre meno di quanto avremmo auspicato, specialmente considerando la cura profusa nella stesura del plot narrativo: alcuni enigmi ispirati si alternano ad altri che sembrano poco più che riempitivi; l’intelligenza artificiale dei pochi nemici che ci ritroveremo di fronte è facilmente aggirabile una volta compresi i limitatissimi pattern di movimento; eccessive ci sono sembrate le tutele nei confronti del giocatore, a cui è permesso sbagliare tre volte prima del game over. È proprio la mancanza di sfida che, sebbene non intacchi minimamente la sensazione d’angoscia dell’ambientazione, ridimensiona fortemente il fattore “paura”, di solito scaturito dall’affrontare un nemico degno di tal nome, temibile perché sconosciuto ed imprevedibile. Però, come abbiamo già accennato, SOMA ci ha dato l’impressione che il suo principale scopo sia quello di raccontare una storia e chiunque si voglia avvicinare all’opera deve tenerne assolutamente conto: il videogiocatore che si aspetta nel titolo da giocare dopo aver consumato Alien: Isolation farebbe bene a rassegnarsi.
Tanto splendore ad un piccolo prezzo
Nonostante il budget relativamente contenuto a disposizione degli sviluppatori, l’estetica di SOMA è davvero ragguardevole. La resa delle superfici metalliche del complesso sottomarino e la quantità di dettagli a schermo risultano ancor più impressionanti se si pensa alla leggerezza del motore grafico, fluido anche al massimo del dettaglio su macchine con più di qualche primavera sulle spalle. E a tutto questo va aggiunto l’encomiabile lavoro artistico che i ragazzi di Frictional Games hanno compiuto sulla Pathos-II che, pur senza eccellere per varietà di ambientazioni, svolge più che egregiamente il compito di scenario delle vicende narrate. Un plauso anche al comparto audio curato da Mikko Tarmia, capace di creare musiche ambient ed elettroniche che pochissimo hanno da invidiare a produzioni assai più blasonate.
Concludendo…
È molto importante capire cos’è SOMA prima di iniziare a giocare, poichè da questo dipende l’intera esperienza. Qualitativamente ci troviamo di fronte ad un prodotto eccezionale, una trama degna della migliore letteratura fantascientifica del novecento e un versante tecnico davvero notevole nonostante l’esigua quantità di risorse proprie di una produzione indie. Purtroppo il livello di sfida è eccessivamente basso e il gameplay piuttosto ripetitivo, cose che lo rendono poco appetibile agli occhi dei videogiocatori che cercano un survival horror duro e puro. Ma se si compie uno sforzo nel soprassedere su tali magagne e ci si lasciar trasportare dal solidissimo impianto narrativo, SOMA permetterà all’utente di vivere una delle esperienze più adulte e profonde che l’intera industria ricordi.