Una pesante eredità
Credo di poter affermare, senza paura di smentite, che Far Cry 3 è stato (ed è) uno dei migliori FPS della storia videoludica. Un titolo assolutamente incredibile, eccezionalmente ricco e profondamente appagante. Questa profusione avverbiale per dire cosa? Semplicemente che l’eredità di un gioco del genere è praticamente insostenibile, tanto nel cervello degli sviluppatori, quanto nel cuore dei giocatori. Come avrà fatto quindi Ubisoft a non deludere i fan drogati di hype e, soprattutto, sarà riuscita nell’impresa di sfornare un nuovo capitolo degno di un tal predecessore?
Benvenuto…nel Kyrat!
Il Kyrat di Far Cry 4 è un paese allo sbando, stretto nel pugno di ferro dell’autoprocamato re Pagan Min e teatro di una guerra fratricida tra le armate reali e la resistenza del Sentiero d’oro. In questo crogiolo di caos e miseria, ecco spuntar fuori Ajay Ghal, figlio del fondatore del Sentiero d’Oro Mohan Ghale ed esitante protagonista delle nostre avventure nel “fiorente” stato Himalayano. Ajay, ex teppistello cresciuto ad hamburger e rapine, si trova nel Kyrat per ottemperare alle ultime volontà della madre Ishwari che, in punto di morte, gli chiede di portare le sue ceneri “a Lakshmana” (il perché delle virgolette lo scoprirete giocando). Se possibile il giovane Ghale è un personaggio ancor meno interessante e amabile del Jason Brody di Far Cry 3 (il che la dice lunga). Per tutto il gioco faremo fatica a capire le sue motivazioni, né comprenderemo a pieno la sua trasformazione repentina da malcapitato turista, ad arma finale della ribellione. Se non altro in Far Cry 3 la trasformazione di Brody aveva un senso (alla Taxi Driver, diciamo) e una cadenza accettabile. Qui, invece, passiamo da zero a Rambo nel giro di 30-40 frames. Del tipo: “Stamane faccio colazione col siero del supersoldato e per stanotte ho sbaragliato l’ISIS”.Fantastico. Nel corso dello sviluppo, Ubisoft aveva messo le mani avanti, giustificando questa “piattezza” del protagonista in un ottica di maggiore immedesimazione. Genere “tela bianca” sulla quale dipingere le nostre avventure. A me sembra un argomento pretestuoso, ma bisogna dire che funziona. Pochi passi nel Kyrat e ci scorderemo di Ajay Ghale, messianico pony express di ceneri di madri morte, e cominceremo a vivere il gioco come una storia personale. A tal proposito, va detto che le nostre scelte, come “arma segreta” del Sentiero d’Oro, influenzeranno lo svolgersi trama, e in special modo le sue battute conclusive. Potremo scegliere chi sostenere come leader del gruppo “terrorista”, appoggiando le strategie del conservatore Sabal o quelle dell’innovatrice Amina. Inutile dire che, in pieno stile Far Cry, lo spettro cromatico della moralità dei personaggi e delle azioni a schermo risulta sempre di difficile definizione. Perfino Pagan Min, il metrosessuale antagonista della storia, si scoprirà nascondere una certa – e piacevolmente conturbante- dualità. Peccato che il buon leader maximo del Kyrat sia incredibilmente sottosfruttato a livello narrativo, tanto che sentiremo spesso la mancanza del folle Vaas, uno dei cattivi meglio realizzati di sempre. Tutti i personaggi risultano, comunque, credibili e piacevolmente caratterizzati, anche quelli più scanzonati e marginali (come la coppia di adorabili fattoni Yogi e Reggie). In generale, la trama di questo Far Cry 4 si attesta su buoni livelli, sebbene inferiori al “viaggio nei meandri della follia” del predecessore. L’impianto narrativo include qualche “twist” ben collocato, e la – seppur ridotta- libertà di scelta concessa al giocatore rende il tutto più interessante, aprendo la strada a una certa rigiocabilità.
Io odio la natura e lei odia me
Sul fronte gameplay questo quarto capitolo ricalca, sostanzialmente, l’eccellente formula del terzo. Per “ricalca” intendo che, fondamentalmente, nulla è cambiato se non la cornice ambientale. Cavolo, perfino l’hud e le finestre di vendita sono rimaste praticamente immutate. Non che questo sia un male in senso stretto, badate, ma l’intera esperienza è caratterizzata da un senso di déjà vu costante.
È evidente come Ubisoft, memore del pantagruelico successo del terzo capitolo (probabilmente uno dei migliori FPS di sempre), abbia voluto giocare sul sicuro, alterando poco o niente le straordinarie meccaniche di Far Cry 3. Forse avrei apprezzato un maggiore – o almeno un percepibile – “stacco” rispetto al predecessore, ma questo è, di base, una lamentela assolutamente marginale, perché Far Cry 4 rimane comunque un prodotto eccezionale. La quantità di cose da fare tra le montagne del Kyrat è veramente incredibile. Missioni, sottomissioni, sotto-sotto missioni, sfide, battute di caccia, il tutto accompagnato da ore e ore di randomico peregrinare per le lande splendidamente realizzate di una terra in tumulto. Il nostro viaggio nel Kyrat sarà scandito, di incarico in incarico, dal sabotaggio delle solite torri radio (per svelare nuovi dettagli della mappa) e dalla cattura di avamposti nemici (da trasformare in basi operative e punti di spostamento rapido).
Da notare la presenza delle Fortezze, avamposti strategici particolarmente ostici da assediare che richiedono un approccio strategico più calcolato del solito “sparo-faccio esplodere-accoltello tutto quello che si muove finché non sono rimasto l’unico a respirare”. Va detto che il gioco offre grandi soddisfazioni sia che si opti per tatticismi stealth in punta di freccia, o per assalti frontali in punta di lanciafiamme. Anche perché questa volta potremo contare sull’aiuto di un compagno per affrontare tutti gli incarichi non legati alla trama principale, in una modalità cooperativa facilmente accessibile e perfettamente integrata nel gameplay della campagna. Se proprio non ci va di condividere le nostre avventure con altri esseri umani, Far Cry 4 ci permette di chiamare in aiuto (previo pagamento di un “gettone mercenario”) alcuni soldati del Sentiero d’Oro, animati da un’intelligenza artificiale non particolarmente brillante ma, fortunatamente, neanche ostacolante.
I nemici, d’altro canto, risultano particolarmente aggressivi, discretamente abili e sorprendentemente motivati, tanto da rappresentare spesso (specialmente nelle fasi iniziali) una minaccia da non sottovalutare. Man mano che uccideremo realisti e completeremo missioniattività, accumuleremo punti esperienza che ci permetteranno di salire di livello e guadagnare punti abilità da usare per potenziare le capacità battagliere del nostro Ajay. Anche su questo fronte, la formula già vista in Far Cry 3 risulta sostanzialmente inalterata. Così come inalterata appare la gestione e il potenziamento dell’inventario del protagonista, sempre stracolmo di ninnoli inutili, erbe da trasformare in boost temporanei e pelli di animali. Non solo la caccia è, di nuovo, un elemento fondamentale del gameplay (necessario per il potenziamento dell’inventario), ma ci conduce anche ad uno dei nodi fondamentali della struttura del gioco.
In Far Cry 4 la natura è un’ostile e determinata bastarda, ben disposta a scatenare intere orde ferine contro il giocatore, contro gli NPC e -spesso e volentieri- contro sé stessa. Il Kyrat è pieno di bestie feroci, pronte ad azzannare, artigliare, ghermire e “iddiosolosacosa”. Il tutto gestito da un’intelligenza artificiale tanto convincente e quanto letale. Ecco, magari anche troppo letale, perché non credo esista un posto al mondo dove le aquile assaltano, su base regolare, convogli armati, o i rinoceronti caricano “a freddo” i veicoli in transito.
Il buon numero di mezzi utilizzabili, tra cui l’inedito girocottero (la caricatura monoposto di un elicottero), facilitano l’esplorazione delle valli kyratiane, malgrado un modello di guida saltuariamente ingestibile, specialmente con lo schema di controlli single-stick di default (fortunatamente modificabile). Come ulteriore supporto alla deambulazione acrobatica, il buon Ajay ha a sua disposizione un versatile rampino, ottimo per arrampicarsi lungo le pareti montuose himalayane, e una tuta alare con annesso paracadute, un gadget decisamente utile, una volta padroneggiate le meccaniche di controllo.
Passando al fronte gunplay vero e proprio, la grande varietà, qualitativa e quantitativa, dell’arsenale a disposizione del giocatore, permette di sbizzarrirsi in exploit degni del miglior Michael Bay. Ogni arma, più o meno personalizzabile a seconda del tipo, offre un “feel” unico e distinguibile, decisamente credibile e soddisfacente.
Peccato che una gestione imprecisa delle hitbox e delle collisioni, renda l’azione a tratti frustrante, specialmente al massimo livello di difficoltà. Come nota di coda, va detto che il comparto competitivo (diviso in modalità piuttosto canoniche) non risulta particolarmente rifinito e divertente, specialmente sulle lunghe distanze. Le dimensioni spesso eccessive delle mappe e il sostanziale sbilanciamento tra l’efficienza assassina delle due fazioni giocabili (i Rakshasa di Min sono decisamente OP), fanno sì che il multiplayer competitivo venga presto a noia, e abbandonato una volta sbloccati gli annessi trofeiobiettivi.
Due passi a Shangri-La
Superate le prime ore di gioco, e l’inevitabile scoglio comparativo con Far Cry 3, cominceremo a goderci appieno ogni magnifico scorcio offerto da questa nuova ambientazione himalayana. Il Kyrat di Far Cry 4 mostra tonalità cromatiche decisamente meno accese delle Rook Islands di Far Cry 3 e una struttura più compartimentata che – seppur in linea con l’ambientazione montagnosa – riduce un po’ la libertà percepita. Elementi che, però, non influiscono affatto sulla magnificenza dei paesaggi, sempre ricchissimi di particolari, sapientemente dipinti dalla mano di una direzione artistica ispiratissima.
La triplicità stilistica dell’ambientazione, tra Kyrat, Shangri-La e Himalaya, offre una varietà che riduce al minimo la sensazione di ridondanza estetica e spinge il giocatore ad esplorare ogni anfratto del mondo di gioco. Diversamente da altri, recenti, prodotti Ubisoft, la realizzazione tecnica di questo Far Cry 4 risulta sostanzialmente impeccabile, malgrado qualche piccolo problema di clipping e un framerate (specialmente su PS4) non sempre stabilissimo. Ottimo il doppiaggio italiano, molto meno la localizzazione dei copioni, tanto che più di una volta mi sono trovato a grattarmi la barba pensando: “ma che hanno detto?”.
Concludendo…
Far Cry 4 è – senza girarci troppo intorno – un gioco grandioso. Uno shooter profondo e curato, che offre al giocatore una sorprendente libertà d’azione, in una cornice che è una vera gioia per gli occhi. Avrei gradito un maggior coraggio da parte dello sviluppatore nello svincolarsi dal percorso tracciato dal precedente capitolo, una mancanza che, seppur lungi dal rovinare l’esperienza di gioco, gli impedisce di raggiungere l’eccellenza assoluta. Il comparto competitivo, seppur vestigiale in una produzione del genere, avrebbe potuto essere trattato con maggior cura ma, di nuovo, non affligge troppo la formula di quello che è, sostanzialmente, un FPS da giocare in singolo, o al massimo in compagnia di un amico.