Isotopia è una parola che suona maledettamente bene ed è anche bella da usare. Per coloro che non si vogliono prendere la briga di andare a cercare su un dizionario online (siete sempre più pigri, neanche un clic del mouse volete sprecare) e non hanno idea di quello di cui stiamo parlando, forniamo una spiegazione. Il concetto di isotopia può essere definito come un insieme di figure e significati ridondanti che rendono più completa e uniforme la lettura e la comprensione di una storia. Nacque nei testi scritti, sia in prosa che in poesia, per essere poi trasportato negli ambiti più disparati per i suoi effetti. Il nostro cervello lavora moltissimo per associazioni, e quando queste sono facilitate da elementi che tornano all’interno di un messaggio siamo facilitati nell’apprendimento di quest’ultimo – non è un caso che la pubblicità ne sia stracolma. Ci siamo resi conto che questo effetto è evidenziabile anche nelle nostre amate serie.
Una storia che ci presenta un tempo lineare ha effetto. Tutti stracontenti quando una storia ha un inizio e una fine ben definita, non è vero? Ebbene, non è proprio così. Si potrebbe argomentare che le serie più belle sono quelle che vorremmo non finissero mai? ma il mondo non va così. Almeno per ora (?). Basta fare un giro su un qualsiasi social network per accorgersi che le immagini ironiche come questa sono frequentissime:
E ci siamo passati un po’ tutti. È proprio quel meccanismo che scatta quando si finisce una storia e si vorrebbe che continuasse? e ci siamo accorti che questo piccolo trauma viene lievemente attenuato in certi casi.
Le serie, quelle fatte veramente bene, presentano queste famose isotopie. Stiamo parlando di quei rimandi e parallelismi che si instaurano tra il primo e l’ultimo episodio (o anche in corso d’opera), che ci danno quella sensazione di tempo circolare. Una storia piena e completa che si riavvolge su sé stessa, dai confini un po’ sfocati e dall’inizio e dalla fine evanescenti. Un qualcosa che stuzzica l’immaginazione dello spettatore e lo invita a fargli proferire le famose parole “doveva finire proprio così: né prima, né dopo“. Concretamente intendiamo qualsiasi elemento ridondante come discorsi dei personaggi, tipi di inquadrature, oggetti e simboli.
Lasciamo parlare le immagini:
“Lost” è l’esempio da enciclopedia per queste stuzzicanti cosucce. Invitiamo i navigati (sì, lo facciamo apposta) conoscitori della serie a notare anche come la prima scena sia immersa nell’oscurità, mentre la seconda sia chiara e illuminata.
100 di questi giorni, signor White.
Senso di completezza per i più fissati e un po’ di nostalgia per coloro che non avevano avuto modo di appassionarsi più di tanto, scientificamente provato. Non si richiedono brevetti per riconoscere un buon pilota?
(Jack ci perdonerà il gioco di parole)
?Vogliamo solo vederlo nel momento dell’atterraggio.