Dieci anni prima che Fallout diventasse sinonimo di apocalisse nucleare, Wasteland sconvolgeva i PC dei giocatori di tutto il mondo (e qualche anno dopo il mio Commodore 64 n.d.r.). L’anno era il 1988, Akira era appena uscito nelle sale e gli Smashing Pumpkins suonavano nei locali grunge di Chicago. Passeranno altri 15 anni prima che Brian Fargo acquisti da Konami i diritti del gioco, e altri quattro prima che si cominci a parlare di un sequel. Finalmente la rivoluzione crowdfunding e Kickstarter permettono, nel 2012, di trasformare il sogno di tre generazioni di videogiocatori in realtà. Wasteland 2 si farà. Il resto è storia. La campagna Kickstarter di Wasteland 2 si conclude con quasi 3 milioni di dollari raccolti e il gioco sbarca su Steam, dove rimane in accesso anticipato fino allo scorso 19 settembre. Benvenuti nell’apocalisse di Brian Fargo, dunque, nel deserto che abbiamo atteso per 26 anni. Benvenuti in Wasteland 2.
Benvenuti in Arizona
Quindici anni dopo gli eventi del primo Wasteland, ci troviamo nuovamente alla guida di uno sparuto gruppo di Desert Rangers, in un’Arizona post apocalittica. Dopo un periodo di relativa pace e prosperità, il nostro battaglione sarà chiamato a indagare su una misteriosa trasmissione radio che parla di un nuovo profeta, ibridi uomo-macchina e una misteriosa minaccia che rischia di compromettere il futuro dell’umanità intera. Niente male come primo giorno di servizio. A prescindere dalla premessa altisonante, la storia di Wasteland 2 non risulta particolarmente brillante o originale. La missione principale, specialmente nella prima metà del gioco (parliamo di 20-25 ore) suona assolutamente pretestuosa, utile solo per trascinare i Ranger del gruppo da un punto all’altro della mappa. Più avanti le cose migliorano, ma la narrazione, sebbene ben sceneggiata, non riesce mai a sollevarsi dalla banalità. Peccato. Fortunatamente, la qualità generale della scrittura, unita alla profonda caratterizzazione dei png e a un’attenzione maniacale per i dettagli, rendono il mondo di Wasteland 2 incredibilmente vivo e verosimile.
Hardcore fino all’osso
Sotto il profilo gameplay Wasteland 2 rappresenta un scommessa. Il nuovo gioco di inXile ha infatti un’anima “antica”, e incorpora meccaniche old school che limitano molto la fruibilità del titolo, specialmente in un mercato che promuove la semplificazione. Iniziando una nuova partita, al giocatore viene data la facoltà di creare, ex-novo, un gruppo di quattro Rangers, con la possibilità accessoria di selezionare archetipi preconfezionati. Inutile dire che sarà necessario riflettere a fondo sulla composizione del party, in modo da bilanciare i punti di forza di ogni personaggio, con un occhio alla varietà delle singole competenze. Va detto che alcune skill (tipo l’assurda “riparatore di tostapane”) risulteranno, allo stato dei fatti, praticamente inutili. Sarebbe stata auspicabile una modesta riduzione quantitativa delle abilità a disposizione del giocatore, quanto basta per evitare la pazzia. Va comunque detto che la gran parte delle skills non tarderà a mostrare la sua utilità nel suggestivo mondo post apocalittico creato da Fargo. Vista l’eccezionale varietà di possibilità “ruolistiche” offerte al giocatore, disturba un po’ l’estrema limitatezza delle opzioni di personalizzazione estetica dell’editor. A colpo d’occhio, tutti i vostri “toons” saranno piuttosto generici, animati da modelli poligonali decisamente datati. Una volta confezionato il party che meglio si adatta al suo stile, il giocatore viene introdotto nel mondo di Wasteland 2: un’America post apocalittica nella quale il corpo dei Rangers rappresenta l’ultimo baluardo di una civiltà allo sbando. Come reclute dei Rangers, i membri del party saranno inviati in una missione a basso profilo, utile per prendere confidenza con le meccaniche del gioco e il battle system. Fortunatamente i ragazzi di inXile hanno disposto tutta una serie di messaggi tutorial che rendono il gioco, specialmente nelle prime ore, decisamente più accessibile. Il combattimento in Wasteland 2 è fortemente strategico, e necessita di una certa capacità di pianificazione contestuale, unita ad una buona predisposizione alla variante. Una volta cominciato uno scontro, il campo di battaglia verrà coperto da una griglia tattica. Da quel punto in poi ogni mossa (spostamento, attacco, uso di oggetti e abilità, ricarica, ecc.) andrà ad intaccare la riserva di punti azione a disposizione di ogni personaggio, il cui esaurimento comporterà la fine del turno. Eccellente l’implementazione di un sistema di coperture che, unitamente alla “qualità” delle traiettorie (presenza di ostacoli, distanza, tipo di arma), andrà a incidere sulla possibilità che un colpo raggiunga con successo il bersaglio. Il sistema di combattimento, con tutte le sue variabili, risulta incredibilmente profondo e appagante, ammesso che si abbia la pazienza di analizzarne a fondo le diverse sfaccettature. L’esito di ciascun incontro non sarà mai scontato e perfino il più piccolo, insignificante errore potrebbe determinare la sconfitta del gruppo. La profonda caratterizzazione dei personaggi, sempre più definita col passare dei livelli, spinge il giocatore a ideare strategie ad-hoc basate su tutta una serie di variabili dinamiche che includono: l’approccio generale al combattimento di ogni ranger, l’arma utilizzata (tra le numerose categorie disponibili), le singole specialità, la struttura del campo di battaglia, le caratteristiche degli avversari e chi più ne ha, più ne metta. In generale il sistema di combattimento di Wasteland 2 è, nel contesto di genere, poco meno che perfetto. Un’altra concessione al “fanatismo old school” è la totale assenza di un indicatore missione, del genere “segui la freccia e trovi il tizio da uccidere-scovare-saccheggiare”. In Wasteland 2 bisogna leggere, e tanto. Tutte le indicazioni per raggiungere un determinato obiettivo saranno raccolte nelle centinaia di righe di testo a schermo, tratte da qualche documento trovato per caso, da un dialogo in corso o dalla viva vox del narratore, una presenza costante che accompagnerà il giocatore nel corso di tutta l’avventura. Fortunatamente il gioco ci viene incontro mettendo in evidenza i concetti di primaria importanza nelle finestre di dialogo, facilitando il lavoro ai lettori più pigri. Come da tradizione di genere, nel corso della storia, il giocatore potrà operare tutta una serie di scelte (spesso moralmente ambigue) che determineranno il futuro svolgersi degli eventi. Durante le conversazioni, sarà possibile fare uso di specifiche abilità dialogiche (con il classico dualismo fascino-coercizione) e scegliere un corso d’azione piuttosto che un altro. Va detto, però, che la correlazione azione-reazione risulta talvolta non chiara, eventualità che limita molto la libertà percepita. Nel corso dei suoi pellegrinaggi nell’America post nucleare, il giocatore avrà la possibilità di immergersi in varie sottotrame, seguendo filoni narrativi secondari e portando a termine una vagonata di subquests. Qui, piuttosto che nella trama principale, ritroviamo il genio narrativo di Brian Fargo, in grado di proporci un mondo vivo e credibile (sebbene di dimensioni contenute), con decine di località secondarie e personaggi unici, il tutto condito da un citazionismo piacevolissimo.
Non si vive di sola grafica
E’ impossibile esprimere un giudizio tecnico sul gioco aderendo alla media del mercato attuale, semplicemente perché le caratteristiche di ogni opera videoludica vanno sempre valutate tenendo conto della specifica nicchia di appartenenza. Detto questo, il motore Unity offre alle ambientazioni di Wasteland 2 una certa gradevolezza e varietà, sebbene l’estetica del titolo sia più vicina ai primi due Fallout (1997-1998) che al recente Divinity: Original Sin. Una povertà poligonale che risulta particolarmente evidente nei modelli dei personaggi, decisamente scarni. Anche la mappa e l’interfaccia giocatore, sebbene funzionali, risultano estremamente “vintage” ma, come da premessa, la piacevolezza visiva non è mai stata una delle priorità di Fargo e compagnia. Tanto meno, dopo 26 anni di attesa, i fans di Wasteland si lasceranno scoraggiare da un comparto grafico datato, potendo finalmente mettere le mani sul seguito di un cult assoluto. Passando al versante audio, la colonna sonora (che spazia dal county-folk all’electro-industrial) è eccellente, e sottolinea alla perfezione ogni momento del gioco. Buono anche il doppiaggio e gli effetti, in linea con gli standard qualitativi di questo genere di produzioni. Un (grosso) appunto va fatto invece alla localizzazione italiana, ancora decisamente approssimativa e, a tratti, di difficile interpretazione. La quantità di bug riscontrati nella versione beta è stata considerevolmente ridotta nella versione di release, anche se capita ancora di imbattersi in textures mancanti, oggetti che spariscono improvvisamente e missioni impossibili da portare a termine.
Concludendo…
Wasteland 2 è un prodotto difficile, incredibilmente hardcore, con meccaniche parzialmente anacronistiche e, in generale, di difficile accesso. Malgrado la premessa, il titolo è l’erede perfetto del suo eccezionale predecessore, con cui condivide molti innegabili pregi. Un acquisto assolutamente obbligato per gli amanti dei giochi di ruolo “dei tempi che furono”, e per chiunque voglia assaggiare qualcosa di diverso dal solito “fast food gaming”. Sono serviti ben 26 anni per arrivare a questo seguito, un viaggio lungo e difficile, al termine del quale, però, ci ritroviamo con un sorriso stampato sul volto.