Cos’è cambiato nell’industria videoludica, da qui a vent’anni fa? Sarebbe forse un po’ troppo pretenzioso provare a spiegarlo in qualche riga, ma non è poi così difficile intuirlo per chi due decadi fa si godeva capolavori come Wolfenstein 3D o Prince of Persia sul proprio computer o la propria console di casa. Le novità non sono mancate, del resto: da impensabili sistemi di gioco che non permettevano nemmeno di salvare la partita, siamo arrivati alla stereoscopia o, per restare nel tema di questa recensione, ai touch screen. Ma esistono certi piccoli capolavori che, per un motivo o per un altro, hanno la fortuna di permanere immutati allo scorrere del tempo. Non tutti, s’intende: soltanto quelli che sono stati capaci di fare la storia. Uno di questi è sicuramente Another World , prima creazione di quello stesso Eric Chahi che qualche mese fa ci ha regalato quella piccola perla di From Dust, e che ancor prima aveva deliziato gli utenti Playstation con Heart of Darkness . Sono passati precisamente due decenni da quando Another World (o Out of This World, come lo chiamano negli USA) è sbarcato sui PC di tanti appassionati, portando con sé infinite innovazioni, e intanto una ri-edizione in alta definizione è stata rilasciata cinque anni fa per Windows. Oggi finalmente, dopo un’attesa durata forse anche troppo, l’indiscusso capolavoro che ha rivoluzionato il genere platform bussa alla porta degli smartphone (ovviamente quelli Apple) e degli iPad. Noi l’abbiamo provato: ecco le nostre impressioni.
Vent’anni e non sentirli
Giocare ad Another World 20th Anniversary Edition oggi richiede un minimo di immedesimazione: non tanto per la grafica, che è stata completamente rivista e arricchita di colori più accesi, fondali meno sgranati e modelli poligonali (rigorosamente 2D) più definiti. Piuttosto, bisogna fare i conti con una longevità complessiva dell’esperienza non proprio esaltante. Originariamente Eric Chahi aveva programmato e concepito il gioco perché venisse completato tutto d’un fiato, senza l’ausilio di alcun checkpoint (o soltanto alcuni, in altre versioni del gioco); viene da sé che arrivare ai titoli di coda poteva rivelarsi un’esperienza particolarmente ardua, la prima volta. Ma per venire incontro alle esigenze dei giocatori più “casual”, BulkyPix ha ben pensato di rivedere da capo l’intero sistema di salvataggio automatico, permettendo, a chi lo desidera, di giocare ad Another World senza troppe frustrazioni. Per soddisfare tutti i palati, però, i responsabili del porting per iOS hanno preferito includere tre diversi livelli di difficoltà: sostanzialmente, il primo è decisamente più facile rispetto al gioco originale, il secondo è fedele alla versione di Chahi, mentre il terzo comprende meno checkpoint e più nemici da abbattere. Qualunque sarà il livello di sfida che sceglierete, però, Another World non potrà portarvi via più di una manciata di ore di gioco: come spiegheremo più avanti, il grosso della difficoltà sta nel completarlo la prima volta; nei successivi playthrough non ci metterete più di venti o quaranta minuti. La grande innovazione di Another World , anche più che in Prince of Persia, fu sicuramente l’alto livello di spettacolarità di tutte le sequenze. Il gioco si apriva (e si apre) con un filmato (che all’epoca era roba fantascientifica) che raccontava come il giovane e aitante scienziato Lester Knight Chaykin, durante un incidente avvenuto nel corso di un esperimento, venisse teletrasportato in un’altra dimensione. Il resto è storia; da quel punto in poi il gioco di Chahi trascinava in un susseguirsi di inseguimenti, sparatorie e fughe a rotta di collo degne di un film d’azione. Per la prima volta, il concept di un gioco non si limitava all’uso dei controllo o delle armi, ma chiedeva al giocatore di adattarsi a ciascuna situazione in modo diverso. E tutto il fascino cinematografico e il ritmo serrato di quelle sequenze non sono stati minimamente scalfiti dal tempo: come aveva già dimostrato la versione per Windows di cinque anni fa, il carisma di Another World è qualcosa che trascende lo scorrere del tempo, così come l’avanzare della tecnologia. Non a caso, quello di Chahi è uno dei pochissimi titoli annoverati nel genere dei “Cinematic Platformer”, ovvero platform particolari in cui le abilità del protagonista, del tutto simili a quelle di un essere umano comune, vengono messe alla prova durante situazioni pericolosissime e mozzafiato – uno degli esponenti più chiarificatori e recenti di questo tipo di giochi è costituito da Limbo, il gioco di Playdead. Proprio per questa sua natura, per così dire, “dinamica”, il gameplay di Another World sfugge a definizioni inequivoche o particolarmente esplicative: l’intera avventura è una commistione di situazioni, puzzle, sparatorie, enigmi e momenti in cui è fondamentale reagire tempestivamente a ciò che accade a schermo (e parliamo di qualcosa di molto più raffinato dei Quick Time Event). Ed è un peccato dover ammettere che per scendere più a fondo nella nostra descrizione dovremmo per forza di cose svelare qualcosa della storia – cosa che non faremo. Vi basti sapere, però, che durante le prime partite giocate ad Another World dovrete fare pesante ricorso al trial & error, e cioè tentare e ritentare di risolvere svariate situazioni a scapito dell’incolumità del protagonista: talune volte, morire è praticamente l’unico modo concepito per intuire qual sia la soluzione a un enigma.
Sì, ma su iOS?
Chi invece si chiedeva come i controlli fossero stati implementati sul touch screen dei vari dispositivi Apple, forse sarà contento di sapere che questi sono in larga parte personalizzabili. Nelle opzioni è possibile selezionare i classici controlli contestuali del touch screen (con i quali, ad esempio, occorre trascinare il dito per muovere Lester), oppure preferire un più tradizionale set di frecce direzionali più il tasto adibito alla pistola. Noi abbiamo optato per l’ultimo, specialmente perché abbiamo trovato i controlli touch poco precisi e scomodi: in molte sequenze precisione e velocità sono essenziali per sopravvivere, e talvolta anche un passo di troppo può rivelarsi fatale quando, magari, occorre voltarsi nel bel mezzo di uno scontro a fuoco; inoltre, a seconda di dove si tocchi lo schermo, il pad delle frecce direzionali può essere spostato in cima o in fondo allo schermo, a seconda delle esigenze.
Per il resto, l’opera di Chahi è rimasta la stessa. Un semplice gesto permette istantaneamente di passare dalla pixelosa resa tecnica originale a una più pulita, in alta definizione: purtroppo, abbiamo notato come quest’ultima si riveli inspiegabilmente pesante sui sistemi di seconda generazione, fatto che potrebbe spingere più di un utente a giocare la versione classica del gioco. Altro neo della ri-edizione di BulkyPix è da ricercarsi nella localizzazione italiana, fortunatamente utile solo alla navigazione tra i menù: praticamente, metà dei testi a schermo è in spagnolo.
Commento finale
A distanza di un ventennio, Another World sembra portare con sé la stessa ventata d’aria fresca che ha ispirato poi tutte le grandi produzioni degli anni ’90. Grafica, sonoro e giocabilità si uniscono perfettamente nella terza versione di questo classico del genere platform, e ancora una volta sono capaci di commuovere e stupire non solo i giocatori di vecchia data, ma anche i neofiti che si erano lasciati scappare questo capolavoro. Non c’è davvero alcuna ragione per non acquistarlo – piacerà praticamente a tutti. Nel frattempo, ci auguriamo che la conversione di BulkyPix susciti negli sviluppatori di oggi la stessa nostalgia che animerà nei giocatori di ieri. E forse, con un po’ di fortuna, quello di Chahi non sarà l’unico Another World che avremo visitato.