A distanza di due anni torna la saga Operation Flashpoint , passata dalle mani di Bohemia Interactive Studio a quelle più esperte di Codemasters nel 2009, col lancio di Dragon Rising .
L’approdo su multipiattaforma del FPS simulativo aveva portato con sé tante critiche per la troppa semplificazione del gameplay, andando a snaturare, come spesso accade, un titolo che fino a quel momento stava facendo la gioia dei possessori PC .
E adesso rieccoci nuovamente a parlare del brand attraverso Operation Flashpoint: Red River, che fa tesoro degli errori commessi due anni fa e prova a fare il salto di qualità nel tentativo di tornare quel prodotto eccellente di un tempo.
Lo scenario di guerra proposto in Operation Flashpoint: Red River è lo stato asiatico del Tagikistan e i problemi da affrontare ci permetteranno di godere di un tour fatto dei più classici stereotipi degli eserciti orientali, andando spesso a beccare l’attualità dell’ Afghanistan e Paesi limitrofi.
Protagonista dell’avventura è un soldato semplice che deve portare a casa la pelle: peccato non poter dare altre informazioni aggiuntive sull’eroe di turno, poiché Codemasters , come spesso accade negli sparatutto, ha intrapreso la via della censura del protagonista, che non dirà mai una parola né lascerà trapelare una qualsivoglia emozione, pur rimanendo comunque molto lontano dagli storici “muti” della cultura dei videogame.
A regalare un po’ di vita al tutto ci penseranno i soliti compagni di squadra oltre che i vari comprimari e antagonisti della trama, anche se sostanzialmente assisteremo ad una sequela di cliché tipica del genere.
Insomma, la volontà di Codemasters di regalare un prodotto maturo ed in simbiosi perfetta col gameplay va a perdersi dopo la prima oretta di gioco: è palese infatti che se gli argomenti trattati siano perfettamente d’attualità e, dunque, molto credibili, vi è un certo livellamento caratteriale dei personaggi che non riescono a spiccare più di tanto nonostante la buona volontà di conferire loro del carisma in più attraverso delle buone cinematics.
Gli errori dietro la semplificazione
La struttura di gameplay di Red River è stata rivista per rimediare agli errori commessi col precedente Dragon Rising .
Diciamo fin da subito che la difficoltà del gioco è stata settata verso il basso, permettendo di allargare il bacino di utenza e coinvolgere così anche i neofiti del genere o più semplicemente coloro i quali non sono avvezzi ai “simulatori” estremi.
A far da padrone al gameplay sarà il rapporto tra il protagonista ed i compagni della squadra Bravo: ovviamente il nostro muto eroe avrà il pieno comando sui propri compagni.
Il videogiocatore potrà chiedere ai commilitoni di farsi seguire, andare a coprire una precisa zona o altro, il tutto gestibile attraverso un menu circolare diviso in più sezioni e richiamabile in tempo reale.
Nonostante i comandi impartibili siano decisamente tanti, non vi sarà alcuna difficoltà a padroneggiare il sistema, che dopo poco tempo sarà pienamente acquisito mentalmente dal videogiocatore, a fronte di un’ottima, intuitiva nonché pulita interfaccia grafica.
Il gioco è stato studiato per offrire due modalità: la prima è la consueta Campagna, che terrà impegnato il videogiocatore per poco meno di 10 ore a difficoltà massima, mentre la seconda è un insieme di Missioni Extra che andranno ad arricchire l’offerta di gameplay anche per via della possibilità di cooperare con utenti online ed amici (fino a 4 in contemporanea).
Le circa 10 ore di campagna principale vedono il giocatore impegnato in diverse aree di gioco molto vaste tra le più classiche dei paesaggi orientali, e scorreranno via senza particolari fasi di noia o ripetitività per via dei vari obiettivi da portare a compimento, tutti molto impegnativi e diversi tra loro.
Tra le novità piacevoli che Red River propone, ritroviamo la “crescita del personaggio”, legata in questo caso al suo equipaggiamento. Il personaggio crescerà di esperienza anche online, in maniera simile ad altre produzioni.
Nella semplificazione generale, però, ecco arrivare una di quelle novità indesiderate che non ci si sarebbe mai aspettati da un FPS tattico, ovvero i medikit infiniti: seppur sia vero che la mancata introduzione della rigenerazione della salute sia un bene e che curarsi sarà praticamente obbligatorio, è altrettanto palese che portare con sé un medikit che non si esaurisce mai permetterà ai videogiocatori meno attenti di “non rispettare” il concept stesso del gameplay, gettandosi anzi nella mischia senza tanti problemi esistenziali, piuttosto che attendere il momento giusto per uscire allo scoperto.
Vi sono inoltre diverse mancanze di ottimizzazione del gameplay rispetto agli standard attuali, come l’impossibilità di sporgersi dalle coperture e fare fuoco, costringendoci quindi ad antichi rimedi, come restare fermi dietro un elemento dello scenario muovendoci in modo piuttosto goffo pur di riuscire a colpire il nemico aldilà di un riparo.
In un FPS come Red River , di cui abbiamo già sottolineato l’importanza della cooperazione, va precisato che l’intelligenza artificiale non svolge in maniera precisa i propri compiti.
Spesso e volentieri i compagni di squadra rimarranno impacciati tra gli elementi dello scenario, mentre altre volte faticheranno a ricevere l’input dei comandi impartiti tramite l’HUD di cui abbiamo già parlato.
Dal punto di vista visivo, Red River fa qualche passo in avanti rispetto al precedente titolo Codemasters, ma va solamente ad aumentare i dettagli delle varie location.
Come già anticipato, ci troveremo a sparare in luoghi molto vasti, di cui si potrà godere di un raffinato orizzonte e diversi elementi a schermo tutti molto caratterizzati.
Regalano un certo realismo anche i vari edifici, tutti abbastanza trascurati o deteriorati, proprio come ci si aspetterebbe da un Paese che vive nella guerra e nel terrore da diversi anni.
Ben caratterizzati anche i modelli poligonali, ma realizzati con una certa superficialità gli effetti particellari.
Conclude l’analisi tecnica il comparto audio: poche tracce sonore, tutte molto simili, e un doppiaggio che, anche per colpa del plot, non genera alcun “pathos”. A minare l’immersione col titolo vi è anche la mancanza della localizzazione, che porta più volte ad annoiarsi durante i lunghi dialoghi all’interno delle sequenze che precedono o seguono uno scontro a fuoco di “particolare importanza”.
Come detto, la longevità per la campagna in singolo giocatore porterà via al massimo una decina di ore, a cui ne vanno sommate circa altre 5 per le missioni extra, a patto che il giocatore sia intenzionato a completarle tutte, non essendo comunque legate da alcun filo narrativo.
Convincente ma non troppo
Operation Flashpoint: Red River *procede per la strada della semplificazione e si adatta ancor di più al mercato multipiattaforma.
A tal proposito, facendo tesoro degli errori commessi in passato, il team di sviluppo Codemasters migliora determinati aspetti del gameplay ma finisce col peggiorarne altri.
Buona la scelta di offrire due modalità complete al giocatore, di cui una in co-op.
Il comparto tecnico svolge egregiamente il suo lavoro, ma andava perfezionata ancor di più l’IA dei compagni.
Un passo in avanti rispetto a Dragon Rising c’è stato, ma non aspettatevi un capolavoro.*