Le origini dello sparatutto 3D
Come la storia videoludica ricorda, Wolfenstein 3D (meglio conosciuto come Wolf3D) rappresenta in assoluto il capostipite degli sparatutto in prima persona. Partorito da ID Software nel lontano 1992, il titolo spiccava, non solo per l’azione frenetica e per il fascino delle ambientazioni, ma anche grazie alla componente esoterica e magica.
Il protagonista doveva vedersela con le truppe naziste armate fino ai denti e allo stesso tempo con mostruose aberrazioni, frutto di esperimenti genetici crudeli e riti di magia nera. Il successo esplosivo ottenuto ha fatto si che il brand venisse riproposto più e più volte, basti citare : “Wolfenstein 3D – Mission 2: Return to Danger” e ” Wolfenstein 3D – Mission 3: Ultimate Challenge del 1994.
Nel 1998, sotto etichetta Activision, nasce una nuova riedizione di Wolf3D che racchiude tutte le versioni uscite fino ad allora; dagli originali 6 episodi Shareware, fino agli ultimi due episodi sviluppati per Spear of Destiny. La saga però perde il suo fascino originale e ritorna a reclamare il proprio trono solo nel 2001, attraverso Return to Castle Wolfenstein, titolo abbastanza divertente, ma soffocato dalla troppa concorrenza degli fps su mercato. Dopo otto lunghi anni di silenzio, Raven Software decide di rispolverare Wolfenstein per la terza generazione videoludica. Proprio come vuole la tradizione, il gioco si presenta come uno sparatutto di facile approccio, caratterizzato da un’azione frenetica e scenari ispirati.
Vecchio protagonista non si cambia
Eroe indiscusso di questo nuovo capitolo è B. J. Blazkowicz (noto ai veterani come Blazko ), il celebre soldato protagonista di tutti gli episodi della serie. Ambientata durante la seconda guerra mondiale, la storia si apre nel bel mezzo della guerra contro i nazisti. Il protagonista questa volta deve fermare Hitler, le sue armate, e i suoi desideri di conquista del mondo. A complicare la situazione è la notizia secondo cui il Fuhrer sarebbe alla ricerca di un misterioso e terribile artefatto dotato di poteri devastanti, chiamato Sole Nero. Ma il destino vuole che sia proprio Blazko a mettere le mani per primo sul prodigioso talismano, sprigionando così abilità micidiali e l’accesso al Velo; una porta dimensionale tra il mondo reale e il suo opposto parallelo. La trama segue uno script ben studiato e degno di interesse.
La sceneggiatura è intrigante e invoglia a proseguire fino ai titoli di coda, merito anche dell’ottimo doppiaggio in italiano. Complotti militari e arti oscure si fondono attraverso una storia convincente e piacevole da giocare.
Comparto tecnico
Nonostante la trama e il ritorno di Blazko rappresentino una gradita sorpresa non lo è altrettanto il comparto tecnico, testato in questa nostra recensione in versione Playstation 3. Il motore ID Tech 4, che in Doom 3 regalava scintille, in Wolfenstein rivela le debolezze ereditate dalla sua età e da una scarsa ottimizzazione, mostrando texture non sempre all’altezza e un aspetto a tratti slavato e approssimativo. Da encomiare invece il design dei livelli, molto ispirato. Dalla ferrovia del livello iniziale, si passa ai campi di concentramento, fino ad arrivare a scenari all’aperto e a laboratori segreti, in un susseguirsi di ambientazioni molto evocative. Le palette di colori, passano dal realismo della guerra attraverso colori caldi, al verde acido e al blu elettrico, non appena si entra nella dimensione parallela. Purtroppo la modellazione poligonale offerta dall’engine non riesce a rendere le strutture e gli elementi naturali abbastanza convincenti, così come difetta di realismo nella riproduzione dei personaggi. Il frame rate appare stabile e solido, fatta qualche eccezione durante le esplorazioni del Velo. La gestione della fisica convince a metà: il motore Havok funziona ottimamente su determinati corpi da eliminare o distruggere, mentre su altri, apparentemente interagibili, cessa di collaborare, come se fossero invisibili. Infine, ma non meno importante, è la gestione della luce e degli effetti particellari, caratterizzati da un comparto d’illuminazione piuttosto obsoleto e da effetti speciali tutt’altro che impressionanti.
L’audio è nella media, sia per gli effetti sonori, che per la musica di sottofondo che riesce ad immergere il giocatore nel pieno dell’azione attraverso ritmi serrati e allo stesso tempo inquietanti e sinistri, in special modo durante le fasi di esplorazione.
Armi e potere
Il gameplay del titolo Raven Softwere si basa essenzialmente sull’esplorazione, sul completamento delle relative missioni e sulle sparatorie contro schiere di soldati e boss di fine livello. A regalare un tocco di originalità alla classica formula degli Fps è l’impiego del Sole Nero, prodigioso artefatto, indispensabile non solo come arma in battaglia ma anche e soprattutto per proseguire lungo i livelli di gioco. Durante le missioni il protagonista finirà più volte in vicoli ciechi o in stanze apparentemente senza via d’uscita. Proprio in questi momenti il medaglione rivelerà l’accesso al Velo, una dimensione parallela a quella reale, dentro la quale si possono trovare vie d’accesso altrimenti invisibili e inaccessibili. In questa dimensione saranno visibili i punti deboli dei nemici(compresi quelli dei temibili boss); in tal modo abbattere un soldato un po’ troppo ostico non sarà un problema. Un altro potere della magia del Sole Nero è il classico Bullet Time, che consente di rallentare il tempo, permettendo di muoversi con facilità durante le fasi più concitate e sfruttando la possibilità di schivare le pallottole. La versatilità del medaglione non si ferma qui; è possibile ad esempio creare uno scudo protettivo contro i nemici e risolvere qualche puzzle durante l’esplorazione dei livelli. L’utilizzo del talismano e dei quattro poteri disponibili, è legato ad una fonte limitata di energia esplicitata da una barra presente sullo stesso, che potrà essere ricaricata in punti specifici dei livelli. Un’altra particolarità di Wolfenstein è rappresentata dal fatto che il protagonista durante le missioni dovrà spostarsi lungo varie località. Nel corso dell’avventura capiterà spesso di recarsi nella città di Eisenstadt; la cittadella funge da quartier generale, attraverso il quale Blazko potrà recuperare nuove armi armi, acquistarne i potenziamenti attraverso il mercato nero, e soprattutto, procurarsi di volta in volta una nuova missione da portare a termine. Per ciò che riguarda i nemici da abbattere è doveroso sottolineare che l’Intelligenza Artificiale non è all’altezza degli standard odierni: i soldati sfruttano poco il lavoro di squadra e il loro movimento sul campo risulta il più delle volte impacciato e poco cosciente.
Nel complesso la campagna in singolo ha una durata di circa 6/8 ore. La componente multiplayer propone il solito Team Deathmatch e una modalità ad obbiettivi dove una squadra cerca di ostacolare l’altra nel completamento di una semplice missione. Infine, la modalità Stopwatch, dove i team si danno il turno cercando di portare a termine il medesimo obbiettivo nel minor tempo possibile, conclude l’elenco non proprio generoso delle modalità multigiocatore.
Conclusioni
Wolfenstein è stato un titolo molto atteso dai veterani della saga che aspettavano un ritorno in grande stile di Blazko e delle sue avventure. Se il carisma del protagonista e la trama non deludono, le pecche del motore grafico e la monotonia del gameplay rovinano in parte un gioco che possiede (o meglio potrebbe possedere) ancora tanto potenziale, ma che nella sua prima incarnazione per l’attuale generazione videoludica è stato sfruttato in maniera troppo approssimativa. Nonostante questo, Wolfenstein riesce a tenersi a galla nel mare magnum di Fps odierni, e risulta un acquisto consigliato per coloro che sono alla ricerca di uno sparatutto all’insegna della storia e del soprannaturale, ma senza troppe pretese.
Marco “Seth” Delle Fave